8 Marzo 2011 in Kirikù e la strega Karabà

Quando ho visto questa animazione sono rimasta molto sorpresa perchè era di gran lunga diversa da tante altre: sagome in movimento in mezzo a colori e ambienti da sogno; la stessa narrazione lontana dai canoni più tradizionali mi sembrava che mettesse in scena un racconto atemporale e quasi metafisico…solo più tardi ho scoperto che il regista Michel Ocelot aveva tratto il film da una leggenda africana, con diversi rimandi alla sua cultura e al suo folclore, con un notevole lavoro sulle voci, sui suoni e sulle musiche, per proiettare lo spettatore davvero in una Africa che non era ancora stata ritratta in quel modo; io stessa avevo partecipato a un incontro con amici che erano stati in Mali tra la popolazione dei Dogon e avevo visto come le donne del villaggio si alzassero molto presto per pestare il miglio…come anche i medici occidentali si rivolgessero allo sciamano per accogliere la sua sapienza e rapportarsi a loro meglio nella cura…tutto questo e altro ancora l’ho sentito e visto in Kiriku; anche il finale della liberazione della strega dalla spina che le arrecava dolore e cattiveria: e quindi di come l’innocenza e la curiosità di un bambino che vuole sempre sapere il perchè di tutto, e vuole conoscere la verità più reale e concreta del mondo, ci insegna a non accontentarci delle apparenze di un significato più complesso, da conquistare con più forza e determinazione.

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