Kill Me Please

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Kill Me Please

Il Dottor Kruger è un pioniere a suo modo, è il capo di una clinica semisegreta un po' particolare, sperduta in mezzo alle montagne, odiata dai cittadini del vicino paese. La sua clinica riceve una sovvenzione del governo per aiutare i suoi pazienti a farla finita una volta per tutte con questo mondo. Il suo sogno è quello di trovare un setting terapeutico all'interno del quale la medicina sia in grado di dominare l'impulso suicida.

Titolo Originale: Kill Me Please
Attori principali: Aurélien Recoing, Virgile Bramly, Daniel Cohen, Virginie Efira, Bouli Lanners, Benoît Poelvoorde, Saul Rubinek, Zazie de Paris, Muriel Bersy, Nicolas Buysse, Ingrid Heiderscheidt, Jérôme Colin, Ewin Ryckaert, Stéphane Malandrin, Gérard Rambert, Stéphanie Crayencour, Vincent Tavier, Clara Cleymans, Olga Grumberg, Bruce Ellison, Philippe Grand'Henry, Mostra tutti

Regia: Olias Barco
Sceneggiatura/Autore: Virgile Bramly, Stéphane Malandrin, Olias Barco
Fotografia: Frédéric Noirhomme
Costumi: Elise Ancion
Produttore: Vincent Tavier, Didier Brunner, Guillaume Malandrin, Stéphane Malandrin, Olias Barco, Philippe Kauffmann
Produzione: Francia, Belgio
Genere: Commedia
Durata: 95 minuti

Dove vedere in streaming Kill Me Please

21 Dicembre 2012 in Kill Me Please

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Per capire la cifra stilistica della recente cinematografia belga (cosa che sono certo anche voi come me ritenete indispensabile, non c’è bisogno che concordiate U_U) i film di riferimento sono Il cameraman e l’assassino (C’est arrivé près de chez vous) e vi direi anche il più recente Vampires.
C’è una sorta di venatura di umorismo grottesco e sanguinolento e nero che è specificamente belga, e avendoci vissuto ho deciso che sono certo derivi dal loro piatto paese piovoso, ce l’hanno nel DNA ecco. Quel che sto cercando di dire è che, mumble, non puoi fare un film così altrove, ecco. In Italia un film così è fuori dall’immaginazione.
In un rigoroso bianco e nero, il dottor Kruger gestisce una clinica sovvenzionata dallo stato dove si da assistenza e qualche goccia di veleno alle persone che vogliono morire. La clinica è al riparo da sguardi indiscreti nel pieno della campagna belga (e vi assicuro che è temibile anche quella, provate a guardare Calvaire O_O io son terrorizzato dalla campagna belga, o non c’è niente o infiniti alberi diritti e alti, senza il sottobosco) e accoglie i più disparati clienti. C’è il regista famoso depresso, la cantante lirica che più non può cantare, la star americana ecc. Disparati ed eccentrici, perché ovviamente sono uno più schizzato dell’altro, a partire dall’attore belga di riferimento di questi anni, che è Bouli Lanners (quello di Louise Michel, per intendersi, che quando ero a Liegi era venuto a fare un seminario con la mia classe), maniaco nell’aggiustarsi il ciuffo. La clinica aiuta anche ad esaudire l’ultimo desiderio dei wannabe morti, la scena del tizio a cui vien portata la prostituta per morire scopando è da yum e anche un po’ sbav U_U
Il problema è che la gente dei dintorni non è tanto contenta, e passa in breve alle maniere forti, assaltando la clinica a colpi di fucile. Tipo quando i villici attaccano il castello del Conte Dracula, uguale. Insomma, battaglia finale a eliminazione, moriranno quasi tutti (il che non è un enorme problema perché tanto per quello si era lì).
In questo genere di film c’è sempre la tendenza a vedere chissà quale sotterranea critica sociale ecc. In realtà opino che siano molte di più le interpretazioni che ne vengono date a posteriori di quelle che vengono immesse volontariamente nel film (esattamente come negli altri citati prima). La società è violenta e reprime questa violenza con modalità che la portano inevitabilmente verso qualche sorta di sfogo esplosivo e irreversibile, che esso sia la decisione dei pazienti di farla finita oppure l’intolleranza dei paesani verso il pur simpatico e deontologicamente in sella dottor Kruger.
Questa è pura belgicità ^^

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Quando la critica fallisce / 4 Marzo 2012 in Kill Me Please

Non capita mai che non riesca a finire di vedere un film, ma questo è uno di quei casi. Film inconsistente, in un bianco e nero fastidiosamente inutile. Non capisco perché sia stato tanto osannato dalla critica. E pensare che dovrebbe essere una commedia nera…

Chi ha paura di morire… / 30 Dicembre 2011 in Kill Me Please

La morte è la protagonista indiscussa in questo film. Una clinica per suicidi di vario genere è il luoho perfetto.
Grottesco e fuori dalle righe, non posso certo dire che è brutto. Ti lascia un amaro in bocca e non riesci neanche a capire bene il perché di tutto ciò.
Lo consiglierei.

25 Aprile 2011 in Kill Me Please

Gli ho dato il 6 politico perchè mi ha lasciata perplessa. Non so dire se mi sia piaciuto o meno. E’ decisamente grottesco e fuori dalle righe, non riesco a capire se è una boiata colossale o una sottile critica al suicidio come soluzione ai problemi della vita.

9 Marzo 2011 in Kill Me Please

Il bianco e nero è una scelta stilistica dettata dal sangue, e dai poschi soldi, un massacro ematico che si stilizza solo in questa maniera. Una residenza nel nulla (simile a quella di hereafter) ospita una clinica della dolce morte in cui un medico cerca di razionalizzare le pulsioni suicide e di ricondurle a civismo. Ma…lui già tiene una quadro di napoleone alle sue spalle e sono tutti pazzi coloro che lo cercano. O meglio sono egocentrici, pieni di sè, figure sbiadite di bimbi non cresciuti che non sfuggono una malattia (a parte qualcuno), ma cercano vendetta, un desiderio, il bisogno di essere ascoltati, ma da tutti e di realizzare ogni sogno. Perchè la clinica, stranamente, esaudisce un ultimo desiderio, tipo il modo migliore di morire secondo il proprio egotistico profilo: farsi una studentessa, mettere in scena una strage, cantare e con tanto di platea etc.
Quando la morte compare non più asettica, razionale, decisa a tavolino, ma improvvisa ecco che non vuole più morire nessuno. E’ divertente, sadico e divertente.
Come tutti i film sulla morte parlano tanto della vita (la morte è non vita, non è), qui i temi si infittiscono, perchè i paesani sono la massa ostile ad ogni forma di suicidio assistito, la clinica accetta donazioni ! e si becca i controlli pubblici, anche se lo stato l’ha pure finanziata, la possibilità di morire non è determinata da rigide regole, ma si allarga ad ogni folle che pensa di non aver più voglia di vivere, punto. Per cui la sceneggiatura entra in contraddizione, se il prologo discrimina fra suicidio e dolce morte, tanto che il medico rifiuta il depresso che mente sulla sua malattia, lo sviluppo non lo fa.
Ovviamente solo chi soffre veramente apprezza davvero la sua vita.
E’ caustico e divertente, forse un po’ confuso, con qualche intoppo qui e lì, decisamente fuori dalle righe

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