4 Gennaio 2015 in Giulio Cesare

Fedele trasposizione cinematografica del Giulio Cesare di Shakespeare, che sembra in realtà più una versione teatrale filmata, con scelta stilistica encomiabile di Mankiewicz.
Della tragedia del Bardo la pellicola prende pregi (la magniloquenza retorica) e difetti (alcune imprecisioni e inverosimiglianze storiche).
Per la versione italiana si è usata una delle traduzioni più forbite, il che rende il film ampolloso e anche leggermente complicato da seguire, ma che contribuisce alla grandezza dello stesso.
Tra gli attori, quasi tutti affermati interpreti dell’epoca, spicca James Mason nel ruolo di Bruto, anche se la pellicola resterà nella storia per la grandiosa interpretazione di Marco Antonio da parte di un giovane Marlon Brando, in uno dei suoi primi ruoli cinematografici.
Brando, al suo quarto ruolo ad Hollywood (dopo una breve carriera a Broadway), oltre ad avere il physique du role per calarsi nella parte del bell’Antonio, regalò una recitazione davvero convincente, che culmina nella memorabile scena del discorso alla folla dopo l’assassinio di Cesare, una arringa che oscura, non solo narrativamente, il precedente, pur bellissimo, discorso di Bruto / Mason.
L’attore di Omaha è davvero un asso pigliatutto, tanto da convincere Mankiewicz a lasciare ad egli l’ultima battuta nell’elogio della salma di Bruto, invertendo l’ordine originario shakespeariano delle battute di Antonio e Ottaviano (quest’ultimo, come nella tragedia, una mera comparsa).
Un Brando che confermerà le sue incredibili doti ricevendo la terza nomination all’oscar su soli quattro film interpretati.

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