Recensione su Johnny Mnemonic

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15 Ottobre 2013

Gli anni ’90 sono stati fertili per il lato cibernetico della fantascienza cinematografica e così anche Robert Longo ha colto l’occasione per portare sullo schermo l’ennesimo racconto del genere, scritto da William Gibson e ambientato nel 2021.

Un 2021 piuttosto improbabile se immaginato a otto anni di distanza. Ma si sa, a quei tempi pensavano che ci saremmo evoluti chissà quanto (vedi 2001: Odissea nello spazio o Blade Runner (ambientato nel 2019) e invece… eccoci qui, più retrogradi che mai. Saremmo almeno a vent’anni di tecnologie indietro rispetto a ciò che si aspettavano loro, amabili ottimisti letterati!

Ma torniamo a noi.
Johnny Mnemonic, per quanto mi riguarda, è un film che si sperde all’interno del suo genere, vasto e articolato, nel senso che è un prodotto tranquillamente evitabile. O sostituibile con altri simili, nettamente migliori, che ne rispecchiano le stesse caratteristiche. Società ipertecnologiche ma puntualmente degradate (dove è sempre inspiegabilmente buio…), personaggi strambi a non finire, pieni di innesti, abbigliamento e trucco abbastanza improbabili.

Anche gli effetti speciali sono trascurabili. Antiquati (eh bè) e poco interessanti, ma piuttosto affini alla pochezza del contesto generale.

Johnny Mnemonic non annoia, ma non dà niente. Intrattiene nella sua semplicità e scontatezza senza sbavature, senza appassionare troppo. Anche perché il finale e più prevedibile che mai.

Di veramente figo c’è solo l’antagonista principale, un Takeshi Kitano in piena forma.

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