6 Recensioni su

Jersey Boys

/ 20146.770 voti

Mah…. 4 / 26 Febbraio 2015 in Jersey Boys

Clint Eastwood si cimenta nella regia di questo musical, raccontando la storia di Frankie Valli e dalla nascita dei Four Season, negli anni ’60. Musiche impeccabili per carità, bella fotografia, ma è un film che racconta in modo piatto e basta. Niente emozioni, lento, a tratti davvero noioso… Mi dispiace, ma non è il genere di Clint: torna ai film seri! 4.

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Sherry, Sherry baby… / 31 Dicembre 2014 in Jersey Boys

CHE SPETTACOLO!!!
La storia del quartetto THE FOUR SEASON che ebbe un incredibile successo negli anni ’60.
Veramente un bel film con della musica che non ti permette di stare fermo.
La sigla finale poi è una sfida a non farti venir voglia di ballare…
Io ho perso… 🙂
Belle canzoni, bei personaggi, bel montaggio…
Appena finito subito vado a vedere i filmati originali del quartetto e devo però notare che i balletti sono coreografia solo nel film e non nella realtà ma comunque trascinano e coinvolgono di più. Perdonato il regista…
“Il matrimonio? Il matrimonio non è amore… Il matrimonio sei tu mentre ti radi e tua moglie siede sul cesso e… si taglia le unghie dei piedi…” AHAHAHAHAH!!!!!
VEDETELO!!!!!
I LOVE YOU BABY!!!
Ad maiora!!!

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16 Settembre 2014 in Jersey Boys

Il film è delizioso e la colonna sonora fantastica.
Due chicche….ovviamente c’è la musica di Dirty Dancing e in una tv si vede un film con Clint Eastwood 🙂
7 e mezzo

Walk like a Clint Eastwood / 22 Giugno 2014 in Jersey Boys

“I love music. I love doing films that are about musicians or singers.”.
E’ risaputo: un film di Eastwood non è tale se non c’è della buona musica. Un po’ come vedere un film di Tarantino senza un goccio di sangue versato. Inaudito.
Era speaker radiofonico in Brivido nella notte (Play misty for me) e sbandato autore di country music in Honkytonk man, ha diretto un tributo alla jazz music di Charlie Parker in Bird, ha collaborato con Scorsese nella realizzazione del documentario The Blues suonando con Ray Charles. Insomma, dopo il country, il jazz, il blues e il pop, non poteva dimenticarsi del rock ‘n roll degli anni Sessanta e Settanta.
Così, tra il 2012 e il 2013, con la collaborazione di Frankie Valli e Bob Gaudio, Eastwood inizia le riprese dell’adattamento cinematografico del musical Jersey boys, raccontando la nascita e l’ascesa del gruppo rock e pop The Four Seasons, il cui sound aveva pervaso le radio di ogni angolo d’America, e non solo.

Forse poco avvincente in un primo momento, il film riesce a incrementare la dose di entusiasmo diventando sempre più trascinante e coinvolgente non solo per merito delle travolgenti e sempre fresche canzoni che hanno costellato la carriera del gruppo musicale (riadattate e cantate dalla superba voce di John Lloyd Young, interprete di Frankie Valli), ma soprattutto grazie ad una modalità di narrazione con cui Eastwood si misura per la prima volta, e aggiungerei, con grande successo: Jersey boys potrebbe essere diviso in quattro momenti, ciascuno dedicato ai quattro componenti dei The Four Seasons, nei quali i vari membri ci espongono le proprie emozioni guardando direttamente in camera.
L’idea di partenza che prevedeva la formazione di un gruppo rock era stata concepita da Tommy DeVito, per questo motivo la parola è affidata alla sua voce nella prima parte della pellicola; Bob Gaudio, il cantautore, si presenta nella fase più importante del gruppo, nel momento della genesi dei The Four Seasons, affermando: “Ne avevo sentite di tutte ma mai una voce come quella di Frankie Valli. Voglio assolutamente scrivere per questa voce.”. L’introversa personalità di Nick Massi si trasforma e si concede a noi nel momento più critico affrontato dal gruppo, che sancisce la sua rottura; ma l’ultima e determinante parola è lasciata al leader dei The Four Seasons, Frankie Valli, che a oggi si volta e osserva quella scala che ha voracemente e appassionatamente scalato, riflettendo sulla vera ragione del successo: “Ti chiedono ‘Qual è stata la svolta ?’ La Hall of Fame, vendendo tutti quei dischi, tirando fuori dal nulla Sherry ? Era tutto grandioso. Ma la prima volta che noi quattro creammo quel sound, il nostro sound…quando tutto il resto svaniva e quello che rimaneva non era altro che la musica..ecco la vera svolta.”.

Jersey boys è un mélange des genres: biografico, senza dubbio, conserva una particolare vena drammatica resa dai tipici toni bassi e seppiosi , che potremmo tranquillamente definire “eastwoodiani”. Ma un ingrediente inaspettato è sicuramente la poderosa componente gangsteristica, riassunta dalla figura di Gyp DeCarlo, il boss mafioso interpretato da un adeguato (ma non troppo) Christopher Walken; incredibili l’inserimento di un giovanissimo Joe Pesci (con gli occhi un po’ troppo chiari), l’ambientazione di una scena in un minuscolo sgabuzzino riempito di alcolici, pellicce e stecche di Malboro rubate e l’accento siciliano del doppiaggio, che chiaramente sostituisce la cadenza italoamericana adottata dai protagonisti: piccolo tributo allo Scorsese di Quei bravi ragazzi e Casinò ? Io ci vorrei credere.
Ancora più incredibile è l’autocitazione di Eastwood, che lui stesso definisce un “cameo hitchcockiano”: una novità assoluta per il regista, che siamo abituati a vedere, in tutti i film da lui diretti, o in ruoli portanti oppure assente, lasciando completamente spazio ai suoi personaggi. In Jersey boys lo intravediamo in una televisione, interpretando Rowdy Yates in una puntata della serie televisiva Rawhide che negli anni Sessanta, proprio mentre i The Four Seasons stavano scalando le classifiche mondiali con il primo singolo “Sherry”, lo aveva lanciato alla brillante carriera attoriale.

Insomma, anche se avrei preferito vedere un Paul Sorvino al posto di Christopher Walken, e sebbene Eastwood non si rivolga ai migliori truccatori specializzati in invecchiamento dei volti già dai tempi di J. Edgar, sono più che convinta che questo film si possa considerare una delle colonne portanti della filmografia del regista. Uno spettacolo per gli occhi e per le orecchie.

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Realismo e sentimentalismo / 21 Giugno 2014 in Jersey Boys

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Parliamo di un film a metà tra la media ed il discreto.
Partendo dalla nascita complicata in un ambiente complicato, una band di quattro giovani otterrà il successo per poi crollare di botto dopo aver raggiunto l’apice. I rapporti che si instaurano tra i vari personaggi sono ben gestiti e portati avanti con maestria da Clint Eastwood, il tutto poi si ritroverà anni dopo, quando saranno inseriti nella hall of fame e, ritrovandosi, si perderanno i vecchi rancori, però si porteranno sempre dietro il ricordo della loro difficile gioventù. C’e un narratore che ogni tanto rompe l’illusione scenica per parlare con lo spettatore e raccontare la storia con discorsi ben studiati.
Sicuramente, palesi difetti ne ha, per quanto riguarda l’inquadramento delle vicende. Detto questo, però, valutando il film nella sua sostanzialità, non possiamo asserire che si tratti di un lavoro mediocre, raffazzonato, commerciale, banale, di scarsa qualità e chi più ne ha più ne metta…insomma, per quanto mi riguarda, l’ho trovato un ottimo biopic sulla storia di questa band. La qualità del film è, a mio parere, positiva, con un ottima fotografia ed un ottimo trucco che danno forse un tocco di irrealismo alla storia, rendendola, però, al contempo più piacevole e facilitandone la fruibilità della narrazione. Una sceneggiatura a cui manca qualcosa e che presenta dei buchi, questo sì, però è constatabile una buona caratterizzazione dei personaggi e, per quanto mi riguarda, sono tutti ben approfonditi ed analizzati anche in relazione al loro contesto. Nonostante il ritmo del film sia lento, la storia sin dall’inizio si rivela appassionante e ciò grazie all’originalità strutturale del metodo di narrazione delle vicende, seppure il plot narrativo, in sè, fondamentalmente, non sia dei più originali…plot standard, e per i biopic e per i musical !
Oltre a voler analizzare, a mio parere in modo non del tutto eccezionale, come sfondare nel mondo della musica, questo film, per quanto cerchi sempre di essere biografico e, dunque, realistico, non si limita a ciò, piuttosto diventa anche più legato al sentimento con la morte della figlia del protagonista: il tutto sempre in relazione alla musica, la figlia aveva un talento naturale per il canto e, di fatto, tramite le varie sequenze e i dialoghi, capiamo come si cerchi sempre di enfatizzare anche l’aspetto sentimentale e romantico della musica. Perché, se fosse solo legato al business ed al sistema, sicuramente non si limiterebbe alla musica, piuttosto analizzerebbe il sistema del mondo dello spettacolo nel la sua generalità…ed anche in questo lungometraggio non mancano citazioni a film, al cinema e, quindi, ad Hollywood. Si può, indubbiamente, discutere sul come sia stato fatto e non è dei migliori, però allo stesso tempo riesce a colpire ed in parte ad emozionare, essendo un’opera comunque ricca di significato…mantiene per tutta la durata un alone di sentimento, mischiato al realismo, mai troppo estremo.
Abbellito da una soundtrack molto buona, questo film risulta, alla fin fine, superiore alla sufficienza.

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18 Giugno 2014 in Jersey Boys

Jersey Boys è una pellicola meccanica e ferragliosa, imbevuta di cliché e stereotipi sull’italianità (e non solo) e ricca di episodi e personaggi abbozzati ed inconcludenti.

La dubbiosa scelta di cominciare “in medias res”, con un Frankie Valli già sedicenne, non aiuta a delinearne la caratterizzazione: da subito non ci sentiamo legati alla sua figura, al suo passato e alle sue motivazioni. Come nasce la passione per il canto? Qual è il rapporto con la mafia?
I personaggi sono traboccanti, non trovano spazio nella narrazione e si pestano i piedi l’uno con l’altro restando prigionieri delle ambientazioni e delle smaccate scenografie. Purtroppo, come già successo in J.Edgar, anche il pesante e smisurato trucco non aiuta, rendendo le battute finali grottesche e artefatte.

Un lavoro, decisamente confuso e cacofonico, che cerca disperatamente la sua strada tra la commedia e il musical, tra il dramma e il gangster movie, senza riuscire però ad imboccare la traversa giusta.

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