Recensione su J. Edgar

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17 Dicembre 2012

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

L’ultimo film di Eastwood, che si va a vedere perché sì. E perché lui può.
Abbiamo la biografia filmata di questo Hoover che fondò praticamente l’FBI, cazzuta e cattiva come oggi la conosciamo, rivoluzionando i metodi di indagine ecc. La stessa di cui adesso appare quel buffissimo pannello pieno di stemmi e aquile quando si prova ad aprire un link di megavideo. Hoover fu a capo dell’FBI per otto presidenti americani di fila, finendo per essere giocoforza un pezzo di storia d’America. Ce lo si presenta solitario e ossessionato, dai comunisti bolscevichi sovvertitori e bombaroli e dal lavoro (Amica P, che è di Rifondazione, accanto a me al cinema che diceva “minchia ma eravamo fortissimi!”). Dopo i comunisti inizia la guerra ai gangster, e poi quella alle Pantere Nere, e prima il rapimento del figlio dell’esploratore Lindbergh, che aveva tenuto col fiato sospeso la nazione per l’importanza simbolica del personaggio. Hoover è un Leonardo DiCaprio quasi inumano, che da vecchio ripercorre a flashback l’intera sua carriera (sì però basta con questi flashback), come conobbe la sua fidata segretaria (che alla sua morte fece sparire tutti i dossier compromettenti che lui teneva per usarli alla bisogna contro i suoi avversari), il suo secondo, con cui ebbe per tutta la vita un soffocato ed inespresso rapporto di amore omosessuale, il rapporto con la madre, autoritaria e cagacazzi. Poi ci credo che esce un figlio così. Ne esce un film che non mi è parso un capolavoro, né aiuta a fare luce su questo o quel passaggio storico dei tanti che vengono rievocati, ma ritrae nel solo suo protagonista – tutti gli altri restano piuttosto monodimensionali e schiacciati al confronto – mille facce contrastanti della stessa America. Potente ed ossessiva, terrorizzata alla ricerca di nemici interni ed esterni, pronta a qualsiasi cosa per difendere i suoi ideali, anche a fottersene dei suddetti. DiCaprio invecchia male, e scimmiotta la parlata buffa e terribile di Hoover, per cui magari lo presero in giro per tutta la vita, e quando parla lui non si capisce nulla (e meno male c’erano i sottotitoli). É difficile provare empatia con un personaggio del genere, nessuno vorrebbe essere così, a non avere una vita propria, dedicando tutto se stesso ad un ideale cieco che finisce per fagocitare tutto il resto dell’esistenza. Purtroppo per lui, “la gente non è il lavoro che fa” (cit. da I Cani).

2 commenti

  1. mithen86 / 27 Luglio 2013

    La citazione da “i cani” pollice in su!
    Ps. dal vivo sono scandalosi però…

  2. tragicomix / 28 Luglio 2013

    @mithen86 a me erano piaciuti, ma forse ero e sono di bocca buona. Più di questo film, sicuramente 😀 e poi voglio un album nuovo >.<

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