20 Recensioni su

Inside Out

/ 20157.8885 voti

Pixar, grande cinema / 13 Aprile 2020 in Inside Out

a volte vedendo un lungometraggio animato si pensa subito ai bambini. La bravura della Pixar è stata quella di proporre cartoni con tematiche sempre più adulte, e questo Inside Out ne è la prova Anzi a tratti sembra difficile da mandare giù per un bambino.

Capolavoro d’animazione / 13 Ottobre 2018 in Inside Out

Grande sorpresa! E’ il miglior film d’animazione Pixar degli ultimi anni. Ricco di contenuti e di scene esilaranti. Non è molto adatto a bambini troppo piccoli: in alcuni tratti, è un po’ difficile da capire.

Un viaggio attraverso le proprie emozioni. / 4 Aprile 2018 in Inside Out

Bellissimo film che tratta in modo piacevole, divertente e commovente la complessa tematica relativa alla mente umana e alla sua capacità di provare e saper controllare le proprie emozioni.
Non ci si annoia mai, il film scorre via veloce e riesce nell’intento di appassionare e allo stesso tempo far riflettere i propri spettatori.
Dal punto di vista tecnico è perfetto.

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. / 17 Dicembre 2017 in Inside Out

Semplicemente geniale!

Sensazionale. / 7 Marzo 2016 in Inside Out

Uno dei migliori film disney/pixar degli ultimi anni, paraleli scientici/psicologici perfetti, esplicati con una semplicità comune e logica a grandi e piccini, paralleli e metafore emozionanti, Ne sono rimasta piacevolmente sorpresa non credevo che un film animato sarebbe ancora riuscito a trascinarmi così profondamente. Non posso che dare 9 !

Genio e regolatezza / 29 Febbraio 2016 in Inside Out

Nulla da eccepire sullo storyboard, semplicemente geniale, che arriva dritto dove deve arrivare; il gradimento del pubblico adulto. Ottime intuizioni sparse come l’importanza complementare della tristezza, un tenero quasi anacronistico elogio della famiglia, una inusuale scena di pianto da imbarazzo con scorrimento di lacrime. Eppure in tutta questa accurata regolatezza formale c’è un velo d’ombra, come un tradimento alla gioiosità del genere che tiene a distanza il pubblico dei piccoli (o li accontenta parzialmente, con gli inevitabili slapstick).

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. / 12 Gennaio 2016 in Inside Out

Bello bello bello. I soliti geniacci della Pixar riescono per l’ennesima volta a farcela, prendendo un’idea di per se già riuscita e originale -le emozioni dentro la testa di una bambina e le loro peripezie- e azzeccando alla grande tutto il resto: sviluppo, morale, tecnica. L’apprezzabilissima story-line, puro canovaccio Pixar-style, diventa straordinaria quando si perde in tutta una miriade di dettagli realistici e accurati, grazie anche alla consulenza di colui che ne sa di emozioni, quell’Ekman che sui miei libri di psicologia non è mai mancato e che probabilmente ha permesso che questo lungometraggio mi colpisse al cuore e alla testa, per quanto emozionante e psicologicamente brillante è. Inside Out è una dissertazione sul lato emotivo del nostro funzionamento psichico, è interpretazione fantasiosa ma acuta di tante dinamiche vere e fondamentali dell’essere umano ed è denso di significativi momenti di sano divertimento e riflessive lacrime, come puntualmente succede con le produzioni Pixar. Tra le tantissime scene sinceramente divertenti e quelle più serie, di grande profondità, all’apice della grandiosità mi sento di collocare Bing Bong, personaggio delizioso, protagonista dei passaggi più commoventi del film insieme alla tenerissima Sadness. Tecnicamente sempre eccellente, ha un finale che ti riempe dentro, onesto, bello e soddisfacente, denso ancora di emozioni, ora complesse e mature, sempre in cambiamento e in azione.

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Emozionante :) / 22 Dicembre 2015 in Inside Out

Un film carinissimo dove le emozioni belle e brutte la fanno da protagonisti.
E’ proprio vero che le emozioni non possono svignarsela e quando la Tristezza, la Rabbia, la Paura e il Disgusto prendono il sopravvento la vita non è più felice.
Per fortuna c’è la Gioia….basta ascoltarla.

“Non è un fagottino di gioia?”
“I Ricordi Base (come l’Isola della Famiglia la più importante) sono c’ho che rendono Riley, Riley.”

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Emozioni… / 14 Dicembre 2015 in Inside Out

Gioia, Paura, Rabbia, Disgusto e Tristezza.
Queste 5 caratterizzano il nostro carattere. Dosate in modo diverso ci rendono unici.
E la Disney ha realizzato un vero capolavoro: l’intreccio, la crescita, i ricordi… Tutto animato e incredibilmente trascinante. Ognuno di noi vedendolo non può far altro che immedesimarsi nella piccola Riley e nei suoi ricordi.
Impossibile non farlo anche noi che vediamo il film.
Un film da vedere assolutamente e farlo vedere ai più piccoli: avranno una reazione incredibilmente favolosa e… EMOZIONANTE!!!
DA NON PERDERE!!!!
Ad maiora!

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Emozionante nel vero senso del termine… / 7 Dicembre 2015 in Inside Out

Credo che “emozionante” sia l’esatto aggettivo di questa ennesima pellicola Pixar, dove appunto le emozioni sono gli artisti per eccellenza.
Ricordi ed emozioni, che giocano su e giù per la vita di questa tenera Riley, combattuta e sofferente in un nuovo habitat, dove nella sua mente i veri protagonisti cercano di fare il loro meglio per rimettere le cose a posto.
Non c’é che dire, mi ha toccato davvero molto da risvegliarmi il cuore, laddove solo “Up” vi era riuscito…
Per piccoli e (soprattutto) per grandi. 8+

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So mental / 25 Ottobre 2015 in Inside Out

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Cinque emozioni sbarluccicose dentro la testa di Riley-ragazzina-hockey-famigliahappy, che da un navicellareospazialesco (!) quartier generale ne gestiscono la vita emozionale. Gioia, che se la thugga da capa della cumpa, e Tristezza si perdono nei meandri della mente, e devono ritornare alla base; dove nel frattempo gli altri tre fanno dei gran quarantotto (sempre un bel modo di dire). Questo perché la trama è, nomen filmen, intrecciata sul rapporto interno/esterno, ma anch’esso molteplice, c’è il fuori la testa di Riley: –> la ragazzina si sta trasferendo con i genitori in una nuova realtà con tutti i problemi connessannessi (in francese tenants et aboutissants); il dentro → le cinque emozioni cercano di lavorare in squadra per proteggerla; e dentro al dentro ancora la separazione tra fuori (conscio, subconscio, isole della personalità, LT memory ecc) e il dentro del quartier generale, dove le emozioni hanno sempre vissuto, consegue che tutto quel che c’è fuori l’hanno letto solo sui manuali. Cioè l’ha letto Tristezza, che ovviamente è blu perché ogni personaggio è fatto a immagine di se stesso, e la nerd del gruppo. Parte il viaggio esplorativo con incontri di adiuvanti e ostacoli, tra tutti Bing Bong, amico rosa e immaginario d’infanzia di Riley, praticamente uno hobo della mente che piange caramelle e verrà dimenticato ma alla grande.
Al di là dell’animazione del solito livello piuttosto alto e piuttosto Pixar, la storia è originale e scorrevole, nonostante affronti e riesca a ridurre a biblioteca colorata e scivolo avventuroso concetti e temi psicologici complessi e di ardua divulgazione; per cui è una storia difficile sia da pensare che da mettere in opera. Trovata (in)felice e risolutiva è, dai lo sanno tutti, il ruolo di Tristezza, che gli stessi tutti allontanano ma in realtà serve, anzi no, è essenziale, anzi no, è vitale!, anzi damn, DAMMI DELLA TRISTEZZA per comporre la personalità e superare i momenti difficili e bla, e non voglio assolutamente sapere cosa ha detto Gramellini in proposito, mi rifiuto.
Secondo me Bing Bong si fa dei gran cannoni.

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Il primo pensiero / 5 Ottobre 2015 in Inside Out

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Non è una recensione ma ciò che mi rimarrà sempre impresso dal film..

il primo pensiero che mi torna alla mente quando ripenso a questo film è indubbiamente il fascino nascosto ma straripante di “tristezza” e ovviamente non parlo in senso estetico.

Durante tutta la prima parte del film “tristezza” viene ignorata, evitata, allontanata da tutti ma non c’è stato mai in un solo momento della sua presenza nel film nel quale lei non abbia dimostrato enorme intelligenza, nei modi sempre educati e gentili con i quali accettava la sua posizione e le opinioni degli altri… veniva maltrattata e rispondeva cortesemente, le venivano attribuiti compiti a pretesto per allontanarla e lei li svolgeva.. non si opponeva, non si lamentava… nella sua tristezza cercava sempre di capire… di capire i perchè… cercava sempre di basare le sue riflessioni non solo su se stessa ma sul suo impatto con gli altri e con il mondo, cosa che tutti gli altri personaggi non facevano, ognuno di loro era preso dal suo mondo e dalla relazione di se stesso con il mondo derivato dal suo riflesso, tristezza invece no, lei osservava, cercava le ragioni, la sua visione è sempre stata del suo mondo ma anche di quello degli altri.
Quando osservava riusciva ad escludersi dal punto di osservazione ed interiorizzare quello che fosse il mondo senza di lei, riuscendo quindi a capire ciò che con i soli propri occhi, con la sola propria visione non si riesce a fare…

Nella seconda parte invece secondo me si percepisce come tristezza e gioia siano infondo una cosa sola, o in ogni caso qualcosa che se separata sarà sempre incompleta… gioia ha bisogno di tristezza e tristezza ha bisogno di gioia…

gioia e tristezza son sorelle, son figlie della stessa madre, la vita…

aver paura di cercare le ragioni della tristezza significa aver paura di vivere, trovare le ragioni di tristezza significa trovare il modo di gioire per essere vivi…

questa la mia visione, ho votato gioia, ma amo e ho bisogno di tristezza per vivere!!!

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Inside Out, quando l’alchimia prevale sul senso di “nuovo” / 26 Settembre 2015 in Inside Out

Descrivere l’aura di bellezza che emana questo Inside Out è una di quelle imprese che, definire “ardue”, è insufficiente. E’ innegabile che il film non balzi all’occhio certamente per novità. Tirando le somme, questo nuovo lavoro dello studio Pixar è l’ennesima storia che punta a mostrare tematiche ormai quasi abusate come la crescita, il cambiamento e la ricerca di sé stessi attraverso la persecuzione di valori sostanzialmente assoluti (dalla famiglia all’ amicizia, passando per l’amore e via dicendo).
E nemmeno l’idea di base, quella che vede il nostro cervello lavorare come un’enorme azienda organizzata, supportata da numerosi operai, supervisori e macchine di sorta. I primi richiami che mi vengono alla mente, banalmente, sono gli episodi di “Esplorando il Corpo Umano”, ma una trovata simile era stata spesso adottata in passato anche da Matt Groening per i suoi Simpson (tralasciando gli episodi in cui Homer “dialoga” letteralmente con il suo cervello, mi viene in mente uno sketch in cui la testa del popolare capofamiglia dei Simpson era composto alla stregua di un vero e proprio consiglio d’amministrazione, con tanto di tavolo enorme e dirigenti in giacca e cravatta). Di aspetto sicuramente analogo ma con intenzioni totalmente diverse, Inside Out mi ha ricordato un po’ anche la parte conclusiva del film “Tutto quello che avreste voluto sapere sul sesso” di Woody Allen.
Ma se non sta nell’originalità, viene lecito chiedersi dove risiede tutta questa bellezza di Inside Out. La soluzione è semplice: sta nella sua forte e solida alchimia. E’ un film che spiega una tappa importante della vita attraverso l’uso di due linee narrative, quella reale e quella mentale della protagonista, Riley. Un personaggio semplice, che lentamente sta crescendo e che sta affrontando tutti i cambiamenti che la vita le sta ponendo davanti, il classico esempio del giovane (qui, della giovane) alle prese con i vari riti dell’età preadolescenziale. La Pixar confeziona un prodotto che non solo è una festa a porte aperte dove invita tutti, grandi e piccini (nemmeno questa, dopotutto, è una novità) ma soprattutto sembra essere riuscita a creare un film perfettamente abile nel toccare più corde contemporaneamente. Inside Out diverte, commuove, fa riflettere, crea addirittura nostalgia. Aggiungeteci anche che a livello estetico questo film è un belvedere, grazie ai toni accesi e colmi di colori. A livello sonoro, invece, è in grado quasi di cullare lo spettatore con le variegate composizioni di Michael Gioacchino, qui davvero ispirato e coinvolgente ad ottimi livelli.
Si dice spesso che prodotti d’animazione di questo tipo siano circondati da un’inspiegabile senso di magia, quel qualcosa che ne amplifica notevolmente la loro bellezza e che molto spesso non da spazio a spiegazioni particolarmente razionali. Inside Out ha tanti ingredienti per lasciare una traccia emotiva indelebile nello spettatore e diventare forse il simbolo della Pixar di questo nuova generazione, raccogliendo un ipotetico testimone portato in primis dal Toy Story del 1995, guarda caso dove l’autore Pete Docter aveva già messo mano.
Il tempo sicuramente saprà confermare con certezza la tangibilità di questo passaggio, ma nel frattempo l’augurio, almeno da parte mia, è onestamente d’obbligo.

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Essere Riley / 21 Settembre 2015 in Inside Out

Altro bel film della Pixar che difficilmente sbaglia un colpo; invece mi ha deluso un pò il corto “Lava” un pò troppo “canterino” per i miei gusti e meno divertente rispetto ad altri corti Pixar.
Anche stavolta l’idea è geniale: cosa passa per la testa di una bambina di 11 anni? Ecco allora che entriamo nella testa di Riley per osservare le sue “Emozioni” al lavoro.
Gioia, Tristezza, Disgusto, Rabbia e Paura sono le emozioni che passano per la testa di una bambina, dove il ruolo principale (il “capo”) è Gioia ma il film sottolinea come tutte le emozioni siano importanti, anche Tristezza che nella prima metà è abbastanza bistrattata.
Momenti divertenti, anche se forse le scene più comiche sono nel finale dove vediamo le emozioni anche di altre persone e animali (cani e gatti magnificamenti dominati dai propri istinti), e appassionanti; il film riesce ad appassionare anche gli adulti cercando nei loro ricordi (pensando magari ai loro possibili ricordi base) e nelle loro emozioni (capire quelle che adesso “dominano” la propria personalità).
Le emozioni sono disegnate sui tratti della persona a cui appartengono (ecco quindi che le emozioni del padre hanno tutte i baffi).
Piccola nota finale per una delusione che sconvolgerà la campagna pubblicitaria della Fiat: il termine “mano pesante” usato nei trailer, nel film diventa “Pugno di ferro” perdendo molto della sua “Forza”.

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Riley / 21 Settembre 2015 in Inside Out

Quanto importanti siano i ricordi siamo in grado di capirlo tutti. Ma le emozioni, le emozioni non hanno mai una chiara utilità. Riley è una ragazzina serena, che ha vissuto per undici anni un vita impreziosita da momenti di gioia. E dentro di lei ci sono queste cinque emozioni che nel bene o nel male cercano di proteggerla. E Gioia vuole a tutti costi portare la gioia, anche nei momenti meno opportuni, anche nei momenti in cui non c’è spazio per lei. Perché ci sono dei momenti in cui Riley deve essere arrabbiata, o triste o impaurita, o disgustata. Queste emozioni lavorano in modo da legare i ricordi a loro, e se i ricordi sono felici lei è felice.
Ma la vera realtà è che le emozioni semplici e scarne a Riley non bastano più, Riley sta crescendo emotivamente, Riley deve affrontare il cambiamento del mondo che la circonda.
Per la prima volta un film d’animazione non ci racconta una dolce fiaba, questo è il primo film per bambini che non cerca solo di creare un ricordo d’infanzia, ma un ricordo che sia valido per ogni età o genere. Un ricordo che spinga ad immaginare queste creature se vogliamo fatate, che lavorarono ogni giorno per renderci noi stessi. No, Inside Out fa di più di semplice spettacolo con tanto di morale. Inside Out rende la Rabbia ragione, la Paura prudenza, il Disgusto protezione e la Tristezza necessaria. E la Gioia più profonda se vissuta in un attimo di sconforto.

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La Pixar colpisce ancora! / 20 Settembre 2015 in Inside Out

Un film d’animazione come non se ne vedevano da tempo! Avvincente, divertente, originale e fantasioso. Un applauso alla pixar per essere riusciti a tirar fuori dal cappello l’ennesimo capolavoro dopo un periodo di assenza. Ci siete mancati!!

Emozionante metalinguaggio / 20 Settembre 2015 in Inside Out

Benché non fosse la prima volta che assistevo alla proiezione di un film Pixar in un cinema assediato dalle famiglie in libera uscita, vedere proprio questo film in una sala gremita di bambini mi ha permesso di tastare davvero con mano, forse per la prima volta, il fatto che i lungometraggi Pixar siano realmente “film per tutti”: sentire ridere piccoli e adulti in momenti diversi, per motivi diversi, con intensità diverse ha reso quantomai palpabile la notevole complessità ed i molteplici livelli di lettura di un prodotto di questo genere.
Oltre a parlare di psicologia (non solo infantile), proponendo una sorta di lezione sull’argomento con ricco apparato visivo, Inside Out consente di vedere sul campo le reazioni di differenti fasce di pubblico a specifici stimoli.
Credo si tratti del primo (riuscito) esperimento di questo genere su così larga scala.

Mentre ho sentito sganasciarsi dal ridere i bambini al mio fianco (età: sei-sette anni) per la battuta “San Franschifo”, mi sono accorta che non hanno battuto letteralmente ciglio quando il film ci ha fatto entrare per la prima volta anche nei Quartier Generali di Mamma e Papà, scatenando l’entusiasmo degli spettatori più maturi: è come se i bambini non avessero colto il gioco insito in quel passaggio, il ribaltamento di ruoli e, soprattutto, la posizione (la preponderanza) delle specifiche emozioni al pannello di comando.
Le strizzatine d’occhio alle varie fasce anagrafiche è talmente equilibrato da rendere il film completamente fruibile a chiunque: a livello di pianificazione, Inside Out è un “mostro” estremamente complesso capace di stimolare visivamente ed emotivamente ogni singolo membro della platea. Non credo di aver mai assistito a nulla del genere: ne sono rimasta davvero impressionata.

Senza tema di esagerare, penso che con questo lavoro la Pixar travalichi qualsiasi limite raggiunto finora dalla narrativa cinematografica: si tratta di puro e coinvolgente metalinguaggio, accattivante non solo per via delle forme estremamente gradevoli e dei colori sgargianti capaci di far presa sulla platea a livello istintivo.

Detto questo, il racconto in sé non è affatto originale, poiché ripropone schemi già abusati dalla stessa Pixar: in questa ennesima rilettura del viaggio dell’eroe, Gioia, per esempio, non è altro che una nuova versione di Woody (Toy Story) e Marlin (Nemo). Esattamente come loro apprezza e comprende le doti e la “necessità di esistere” del proprio indesiderato compagno (qui, Tristezza, là Buzz e Dory) comprendendo, quindi, la vera forza del gruppo solo dopo aver dolorosamente ridimensionato il proprio ruolo all’interno del rapporto (suo e degli altri) con il bambino-principe.

Nel complesso, comunque, si tratta di un immane ed eccellente lavoro (basti pensare alla schematizzazione delle funzioni del cervello legate alla memoria: senza alcuna ironia da parte mia, sarebbe interessante vedere qualcosa del genere in un film dedicato all’Alzheimer): a mio parere, in termini di struttura e risoluzioni (con l’eccezione dell’eccellente Toy Story 3), è il miglior lungometraggio Pixar dai tempi di Alla ricerca di Nemo e dubito che potrà essere facilmente eguagliato.
Da non perdere.

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Tu chiamale, se vuoi, emozioni. / 19 Settembre 2015 in Inside Out

Tralasciando l’ovvio fattore intrattenimento e l’industria che economicamente li produce, i film sono fondamentalmente opere di tipo artistico, e in quanto tali la loro essenza risiede nel trasmettere emozioni allo spettatore.

Tali emozioni possono scaturire in maniera più o meno naturale o forzata, e questo in base alla qualità complessiva del film stesso e alle modalità con cui vengono presentate determinate tematiche.

Un horror che tiene incollati alla sedia con gli occhi sbarrati, una commedia che fa indolenzire gli addominali a forza di ridere e un dramma che gonfia il magone nel petto si basano tutti, pur con ovvie distinzioni di genere, sullo stesso principio di base.

E se in un film le emozioni avessero il ruolo di protagoniste?

In tal caso abbiamo “Inside Out”.

Uno dei migliori film d’animazione occidentali degli ultimi quindici anni.

Per la regia e la sceneggiatura di Pete Docter (già director di “Monsters & Co”. e “Up”), il quindicesimo lungometraggio della Pixar è un’opera di una profondità narrativa rara, resa ottimamente sullo schermo da un impianto visivo di notevole fattura che sa rendere al meglio agli occhi ciò che in realtà è chiaro solo alla mente.

Uno dei grandi pregi di questo meraviglioso film è infatti quello di sapere raffigurare componenti fondamentali della personalità umana, ossia appunto le emozioni, i pensieri e la coscienza in generale, attraverso scelte artistiche tanto dirette quanto ragionate e intelligenti.

Inside Out non è il primo caso di animazione utilizzata per mostrare il nostro organismo umanizzandone le componenti; ad esempio possono essere citati il film del 2001 diretto dai fratelli Farrelly “Osmosis Jones” o, andando più indietro nel tempo, la famosa serie animata francese “Esplorando il corpo umano” (titolo originale “Il était une fois… la Vie”).

Ciò che li differenzia da “Inside Out”, e che al contempo aumenta il valore artistico di quest’ultimo, è che nei due esempi citati vengono ad essere antropomorfizzate delle parti costitutive oggettive e biologiche del nostro essere.
Per quanto microscopici essi siano, infatti, i globuli rossi e bianchi, i neuroni, i virus e i batteri sono elementi reali e concreti, che possono essere visti, “toccati” e misurati.

Le emozioni no.

Le emozioni sono concetti astratti.

Non è la stessa cosa.

Tutto ciò che riguarda la psiche umana viene qui reso attraverso un’esplosione ottica di colori e forme, denotante una piacevole e frizzante fantasia che però non si limita a crogiolarsi esclusivamente sulla resa visiva, ma dà anche vita a trasposizioni ingegnose di elementi immateriali quali “pensieri”, “ricordi” e “sogni”, risultando nel complesso bello a vedersi ed intelligente a capirsi.

Se i bambini rimarranno infatti divertiti da gag, personaggi colorati e ritmo narrativo incalzante, i più grandi potranno trovare nella pellicola ben più di uno spunto di riflessione, rendendo “Inside Out” in grado di unire semplicità e profondità attraverso modalità che raramente si vedono in un film.

La pellicola non si riduce infatti a raffigurare solo delle emozioni umanizzate, ma riesce anche a farle scaturire nell’animo dello spettatore, grazie ad una sceneggiatura ricca di spirito introspettivo che nello spazio di una stessa scena può passare in pochi istanti dal divertimento alla commozione, dal sollievo alla malinconia.

Il tema di base è molto importante: si assiste alla piccola ma importante crescita emotiva di una ragazzina, attraverso avvenimenti per lei nuovi che la vedono protagonista, e grazie ai quali ella possa (così come ogni persona al mondo) sviluppare piano piano una propria personalità e intraprendere un percorso di maturità caratteriale.

Tale sviluppo è mostrato attraverso il ruolo che le emozioni giocano nei rapporti che Riley ha col mondo circostante, oltre che ponendo l’accento sul concetto di “memoria” e tematiche correlate, colonna portante della nostra capacità di apprendimento e crescita personale.

Le emozioni che la guidano sono personaggi ben resi sia esteticamente che caratterialmente, ed hanno in particolare il grande merito di risultare interessanti nonostante in apparenza possano sembrare unidimensionali, incarnando appunto solo un determinato aspetto dell’umana personalità.

In particolare è molto intrigante il rapporto tra i due antipodi Gioia e Tristezza, e come il film riesca a sviluppare narrativamente queste due emozioni mostrando il ruolo che esse assumono nell’indole di una persona.

Da questo legame nascono sia una moltitudine di spunti comici, dovuti all’ovvio espediente del contrasto tra due caratteri contrapposti, sia molti importanti elementi di riflessione introspettiva, che come già detto danno ad “Inside Out” una pregevolissima maturità narrativa ed artistica.

Probabilmente ho detto circa la metà di quanto avrei voluto, data la complessità della pellicola e la difficoltà di esprimere a parole emozioni e introspezione; riassumendo, si può dire che nonostante la classica facciata da cartoon colorato (per quanto di ottima fattura) che potrebbe ingannare un occhio superficiale, il film nasconda nel suo guscio una perla da opera impegnata e matura, che riesce a toccare le corde dell’animo facendo emergere ricordi ed emozioni.

Veramente ottimo.

P.S. Onde evitare di essere accusato di “plagio”, questa recensione è presente anche sul mio blog https://serenatecinematografiche.wordpress.com/2015/09/19/inside-out/.

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QUANTE EMOZIONI / 17 Settembre 2015 in Inside Out

Quando un film ti fa’ ridere a crepapelle e ti fa piangere come un bambino ,beh vuol dire che il punto e’ stato colto alla perfezione.
Un cartone animato e’ un qualcosa che dovrebbe a qualsiasi eta’ riportarti indietro e far ricomparire il bimbo che abita dentro ognuno di noi ,bisognerebbe andare al cinema lasciando fuori tutti i problemi ,tutti i casini e dedicare tutte le proprie emozioni al mondo fantastico che si sta per spalancare davanti a noi.
Ne ho visti di cartoni ,gli ho visti quasi tutti a dire il vero ,perche’ anche se ho 26 anni e’ un qualcosa che non ha eta’ ,ieri mi sono appassionato ad ogni sfumatura del mondo di Riley ,mi sono fatto trasportare dalla sua gioia ,dalla sua rabbia ,dalla sua paura ,dal suo disgusto e dalla sua tristezza e ora ogni volta che qualcuno davanti a me provera’ una di queste 5 emozioni ,immaginero’ che al suo interno uno di questi coloratissimi personaggi abbia preso il sopravvento.
Insomma ragazzi non state li a pensarci troppo e a cercare ogni minima sfumatura o ragionamento dietro a quello che dovrebbe essere principalmente un cartone animato ,che pero’ se vi fidate ,vi fara’ emozionare ,a partire dal bellissimo corto iniziare.
BELLISSIMO

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23 Giugno 2015 in Inside Out

[PIRACY ALERT: “Settembre” tua sorella.]

[SPOILER ALERT: citerò pochi momenti del film, comunque non colpi di scena.]

[CONSISTENCY ALERT: sono deluso, ma le stelle sono comunque otto.]

[ALERT ABUSE: chiedo scusa.]

Non sto a ribadire la trama, perché l’abbiamo sentita talmente tante volte nell’attesa dell’uscita di questo film da generare addirittura un elemento di noia durante la visione, e quel poco di svolgimento ulteriore non porta elementi a favore dell’originalità del film.
Ci era stata promessa una storia sconvolgente, oltre limiti che nemmeno la Pixar avesse mai osato raggiungere. E noi giù a pensare a Eternal Sunshine of a Spotless Mind, Viaggio allucinante, Salvador Dalì, David Lynch. Noi, almeno, che pensiamo che gli animatori e gli storyteller in Pixar dai grandi abbiano imparato il mestiere e ai contemporanei come Gondry non abbiano da invidiare niente. Chi ama il cinema d’animazione non può accettare compromessi nel giudicare questi prodotti. La Pixar con Toy Story, Monsters & Co., Alla ricerca di Nemo, Gli Incredibili, Ratatouille e WALL-E ha segnato la storia del cinema, non la storia del cinema per famiglie, né la storia dei blockbuster; si è imposta come pietra di paragone raramente e difficilmente eguagliata. Il calo che ha intrapreso non è fisiologico. La fusione con la Disney ha forzato la mano, imponendo paletti a qualsiasi risvolto drammatico che non sia la singola scena di lutto, modello Bambi, che ogni giornale possa immancabilmente citare per montare il sensazionalismo (dalla cronaca ormai dilaga anche alla cultura).

La locandina e tutto il materiale promozionale di Inside Out ci urla che i protagonisti di questo film sono cinque. In realtà le vere protagoniste sono soltanto due, Gioia e Tristezza. Non è una cattiva notizia in sé, quanto per il fatto che uno dei cavalli di battaglia della Pixar era la coralità. In quest’ottica, questo cast è sprecato; se ci ripenso il mio omino della Rabbia mi spacca la console. Non è l’unico spreco. La struttura narrativa assomiglia tanto a quella che impreziosiva Alla ricerca di Nemo: il gruppo di protagonisti si separa, magicamente il tipico “viaggio dell’eroe” raddoppia, e raddoppia l’entusiasmo. Questa potenzialità invece non si realizza in Inside Out, che lascia a loro stessi tre personaggi deboli (Paura, Disgusto e Rabbia) e preda dello stereotipo che per definizione incarnano, mentre gli altri due (Gioia e Tristezza) affrontano un viaggio che solo a tratti è psicologicamente e narrativamente costruttivo, mentre complessivamente si avvicina a uno sterile disaster movie (e mi domando come accidenti sia potuta succedere una cosa simile). Troviamo, espliciti, anche echi di Toy Story: esserini di fantasia la cui ragione di vita è il benessere di un bambino che lentamente diventa adulto. La promessa di “qualcosa di completamente diverso” era una bugia crudele. Come se la Pixar non ci (mi) avesse già tradito abbastanza negli ultimi sette anni.

Mi è impossibile tacere tanta amarezza. Di nuovo. Non lo nascondo, di usare per la Pixar (e la Disney, e tutti gli altri autori che amo) un metro di giudizio molto più severo rispetto a quello che applico a altri film, i cui difetti strutturali posso spesso e volentieri relegare in secondo piano a favore di momenti di sorpresa e maestria anche isolati ma che bastano a onorare quei film.

Per fortuna tanti altri aspetti del film lo rendono più che onorevole. Quella fra Gioia e Tristezza è una guerra, e entrambe sono potenze distruttive. Nell’ingenuità che comunque mai abbandonano i due personaggi che incarnano questi due devastanti sentimenti, affiora la minaccia che le due costituiscono per l’integrità psichica di Riley: Gioia monopolizza la sua mente a scapito delle altre emozioni; Tristezza rischia di portare Riley sull’orlo della depressione. La soluzione sta nel mezzo, o meglio nel riequilibrare l’influenza delle due (e poi cinque) emozioni sulla vita di Riley, ma sulla natura di questo equilibrio non mi addentro, perché chissà che studi psicologici sono necessari per capirla pienamente. Non per niente il film racconta il passaggio dall’infanzia all’adolescenza, cercando di illustrare il noto trauma che questo passaggio comporta. E qui il film serve da terapia psicanalitica anche per lo spettatore, che probabilmente rivaluterà i momenti di gioia e tristezza alla luce di quello che accade nella sua mente, magari proprio quei momenti generati dalla visione di questo film.
Le cinque emozioni hanno le voci di cinque ottimi comici, il che è garanzia di tempismo e di sicuro umorismo. Non mancano le citazioni né gli omaggi al cinema: i sogni sono paragonati a produzioni cinematografiche, e ho amato molto la scena in cui la Paura se li guarda (e li giudica/critica!) mentre Riley dorme.
L’unico vero momento di meraviglia per me è stato l’inizio, dove Michael Giacchino introduce il tema del film, una semplice melodia al pianoforte che traduce perfettamente la tensione (Tristezza) nascosta fra le corde della la spensieratezza (Gioia), e dove vediamo letteralmente nascere le emozioni di Riley appena venuta al mondo, in una genesi che sembra risolvere il mistero della mente umana, e quindi della vita. Questa suggestione iniziale apre così tante potenzialità: a qualcuno, come a Riley, sarà nata prima la gioia, a qualcun altro prima il disgusto, a altri ancora prima la paura. E aumentano esponenzialmente le potenzialità se pensiamo alle diverse combinazioni di queste cinque emozioni lungo il corso della vita, e a come questo sistema assomigli alle combinazioni del DNA. Il DNA è responsabile di definire il corpo; le cinque emozioni primarie sono definiscono la psiche, e la nostra unicità come persone, oltre che come esseri viventi. Il resto del film non riprende questa suggestione, se non durante le simpatiche scene extra nei titoli di coda. Ma sono, appunto, non più che simpatiche se relegate fuori dalla storia.

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