Recensione su Inside Man

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Inside Man
Regia:

Fate attenzione a quello che dico perché scelgo le mie parole con cura e non mi ripeto mai / 15 Agosto 2017 in Inside Man

E’ il 2008, l’inizio della più grande crisi dopo la “Grande Depressione” del 29′. Tutto nasce in America. Tutto nasce lì, lo stesso luogo dove ebbe inizio quel maledetto “venerdì nero”: “the bank”.
Spike Lee colleziona un piccolo gioiello, frutto di un misto fra il suo cinema e i maestri del passato, su tutti Sidney Lumet (si cita sia “Quel pomeriggio di un giorno da cani” sia “Serpico”).
Inside man esordisce con uno splendido monologo di Dalton, un grandissimo Clive Owen, che sancisce l’inizio della “partita a scacchi” contro il Detective Frazier, un monumentale Denzel Washington.
“C’è una bella differenza fra trovarsi chiusi dentro una cella e trovarsi in prigione” dice Dalton. Per Lee, a parità di condizioni, il talento “spariglia” sempre le “carte in tavola”.
L’ambientazione è la più cara al nativo di Atlanta: la cara e amata New York. Una metropoli cosmopolita per definizione, mescolanza di qualsiasi etnia, estremamente cinica ma sopratutto, per Lee, estremamente discriminatoria.
Il film trasuda polemica in ogni suo attimo. Gli ostaggi della banca sono la maggior parte di colore, quasi a significare di essere impotenti nei confronti del loro destino, i rapinatori invece sono tutti bianchi, ivi incluso il terribile Christopher Plummer, il banchiere arricchitosi con l’Olocausto. Non a caso, i due detective, Washington e un sottotono Ejiofor, sono entrambi neri.
Tuttavia i personaggi sono sorprendenti, tutto tranne che somiglianti a ciò che appaiono. Lee, agguerrito come al solito, odia gli stereotipi, si sente vittima degli stereotipi e li combatte in ogni momento.
Dalton è cinico, astuto, magari un criminale, ma non è insensibile, ha un animo buono e si può definire un “Robin Hood” del nuovo millennio. Ruba ai ricchi (nonchè spietati capitalisti con le mani sporche di sangue, “citofonare” Arthur Case”) per dare ai poveri (l’afroamericano detective Frazier, timoroso di non poter sposarsi per il misero stipendio a sua disposizione).
Frazier potrebbe sembrare disposto a tutto per realizzare la sua “nemesi”, ma non rinuncia ad una promozione, pur consapevole di dover scendere a compromessi che “mal digerisce”.
E’ la “catena alimentare” della vita. Il più forte mangia il più debole. Il più grande mangia il più piccolo. I banchieri “mangiano” i politici, i politici i poliziotti, i poliziotti i criminali, i criminali i cittadini, i bianchi i neri, gli ispanici, gli arabi. Soltanto il talento può invertire quest’ordine sociale.
“Il rispetto è la moneta più importante”. Lee ne fa un caposaldo della sua filosofia. La rispettabilità la compri, il rispetto lo conquisti.
Un poliziotto può esser rispettabile, a causa della funzione sociale che assurge, ma può non essere rispettato, magari perchè è un razzista ( esemplare in questo senso il dialogo fra il sergente che scopre la rapina e Frazier). Un criminale può non esser rispettabile, ma può essere rispettato.
L’apparenza inganna, la realtà è diversa.

post scriptum: il dialogo fra la signorina White (Jodie Foster) e Case è svolto sulla stessa banchina della “25 ora”.

1 commento

  1. Stefania / 13 Marzo 2021

    Sono d’accordo praticamente su tutto. Però, il film è del 2006, non del 2008, perciò, mi sfugge un po’ l’incipit della tua recensione 🙂

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