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The End? - L'inferno fuori

/ 20175.650 voti

THE ASCENSOR / 23 Gennaio 2020 in The End? - L'inferno fuori

L’idea alla base è discreta. Far coincidere l’inizio delll’ennesima apocalisse zombi proprio quando si è rimasti bloccati in ascensore è una bella pensata che ti permette d’immaginare ciò che accade all’esterno senza intaccare il già risicato budget a disposizione. Onestamente era inutile mostrarci per l’ennesima volta scene d’isteria di massa e bassa macelleria stradale, quindi se vogliamo questo film potrebbe svolgersi parallelamente al vostro zombi movie preferito. “28 giorni dopo” su tutti.

Il regista Daniele Misischia si ritrova ben presto a fare i conti con una coperta decisamente corta. L’escamotage dell’ascensore gli si ritorce contro quasi subito castrandogli soluzioni visive e narrative. Ad essere sincero tecnicamente ho avvertito un po’ troppo la sua mano. Dentro l’ascensore era troppo spesso palpabile la presenza di un operatore di macchina. Si percepiva il “balletto” con l’attore.

Ad Alessandro Roja l’arduo compito di reggere l’ottantacinque per cento del film.
Il suo protagonista non genera alcuna empatia, nemmeno quando resta intrappolato nell’ascensore, perché ci viene proposto come uno squalo della finanza, molestatore e traditore. Perché dovrei fare il tifo per lui? Scelta curiosa.
Oltretutto è assolutamente incapace di sopravvivere e paradossalmente l’essere chiuso in ascensore rappresenta la sua salvezza e non la sua condanna. Quindi abbiamo un protagonista incapace in una situazione di comfort. Addio tensione.

Le parole “Cazzo” e “porca puttana” viaggiano su “modalità smodata” nel tentativo di sporcare dialoghi così così e anche per sostituire la punteggiatura.

Gli infetti sono nella norma. Non spaventano più di tanto e rispettano tutte le norme Hccp.
Il sonoro è veramente mal fatto. Suoni presi da qualche libreria preconfezionata, che in un film con audio in presa diretta escono puliti puliti generando un effetto amatoriale. Forse la cosa peggiore del film.

Apprezzo il tentativo ma non l’esecuzione. E smettiamo di usare questi titoli in inglese per infondere internazionalità a progetti così piccoli. The end, the nest, ma che è?

Voto: 4 a voler essere cattivi, 5 a voler essere buoni.

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Bene, ma non benissimo / 9 Dicembre 2019 in The End? - L'inferno fuori

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Survival horror “de no’artri” , con eccellente Alessandro Roja , molto Freddo(contiene battuta) nella sua interpretazione : regge il film praticamente da solo , coadiuvato da una buonissima regia.
Bello il sangue, molto realistico. Come molto realistiche alcune scene, ad esempio come quando lo SWAT passa la pistola a qualcuno che mai ne aveva impugnata una e la prende in mano come fosse un pesce marcio , cosa che molto probabilmente accadrebbe.

Peccato che il film non “esca” mai dall’ascensore…sarebbe stato molto avvincente uno sviluppo all’interno del palazzo.
Comunque un buon film , mi ha tenuto li fino alla fine

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Discreto! / 1 Dicembre 2018 in The End? - L'inferno fuori

Una sorta di Resident Evil all’italiana e il risultato non è niente male…
Sufficiente.

Zombie a Roma… / 6 Settembre 2018 in The End? - L'inferno fuori

La prima volta compaiono a Roma gli Zombie.
L’idea interessante ma purtroppo è lo sviluppo della stessa che fa crollare il film.
Un pessimo Alessandro Roja, totalmente inespressivo. Nella drammaticità della situazione, nel terrore di quei momenti trapela solo una totale inadeguatezza nel ruolo. Disperato e terrorizzato con neanche una sola lacrima.
Anche nel ruolo dell’arrogante è incapace.
Peccato perché chissà se rivedremo degli zombie a Roma.
Bocciato.
Ad maiora!

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Un’altra grande sconfitta firmata Manetti Bros. / 24 Agosto 2018 in The End? - L'inferno fuori

Purtroppo la freschezza sperata non c’è: l’autore prende un’idea stimolante (la location claustrofobica) ma poi la rinnega in ogni modo, vittima di tentazioni convenzionali con cui si trova piú a suo agio (le capriole, gli zoom a schiaffo, gli establishment shot per far vedere che è passato il tempo). Invece che usare le potenzialità della location limitata, la usa solo come sponda all’approccio tradizionale. Ma questo significa aggirare l’ostacolo, invece di crearsi l’ostacolo per sfidare i propri limiti.

Anche narrativamente è pavido: ha l’occasione di giocare con la sospensione dell’incredulità (l’apocalisse come punto di partenza per derive ancora più folli) e invece pretende di essere realista (l’apocalisse come eccesso, e il tentativo di ripristinare lo status quo. A quel punto il patetico finale consolatorio è inevitabile)

A me sembra immaturo come il bimbo che fa i danni e poi scappa. Non c’è una “teoria” (urgenza espressiva/artistica) dietro quei “danni”, ma la perversione di farsi notare per poi nascondersi o pretendere l’assoluzione.

Il film magari è ancora godibile se stai alla flebilissima sospensione dell’incredulità (e io non ci sono stato), ma di ardito e/o nuovo non ha davvero niente.

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