19 Dicembre 2012 in Illégal

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Film agghiacciante, e ci credo, è franco-belga, sull’immigrazione. Tania, immigrata clandestina dalla Russia con il figlioletto Ivan, vive ormai da 8 anni in Belgio, col terrore di essere catturata. Succede, madre e figlio vengono separati, lui resta fuori e lei viene sbattuta in uno dei cosiddetti “centri d’accoglienza”, che abbiamo anche noi in Italia (da noi sono “centri di permanenza temporanea”, i CPT, bei posti, qua a Torino succedon sempre dei casini, al CPT.
Anyway, qui si trova a contatto e conoscenza con un mondo parallelo, dove, a pochi isolati dal tranquillo scorrere della vita quotidiana, dietro le mura del centro, gli immigrati sono trattati normalmente ma possono anche essere sottoposti a terribili pressioni, sia psicologiche che fisiche, per convincerli ad andarsene. Da parte di carcerieri che accettano e si sentono parte di un sistema crudele (la guardia amica di Tania alla fine infatti abbandona il lavoro). Costretta con la forza a salire su di un aereo, Tania riesce a richiamare l’attenzione degli altri passeggeri, che chiamano il capitano. Grande il capitano che scaccia i poliziotti, e Tania con loro, rispondendo al pulotto che gli fa “Osereste forse opporvi alla legge?” con un sonoro e sempre efficace “Signore, qua la legge sono io”. Per sfogarsi i poliziotti la pestano a sangue e lei vince, si capisce che potrà restare. Però scappa lo stesso dall’ospedale e, non si capisce bene come, due minuti dopo ha già trovato il figlio.

L’esperienza di Tania, e dello spettatore che segue il suo punto di vista, è doppiamente straziante, da un lato per il figlio rimasto fuori che sembra stia per finire da un momento all’altro nelle fila della simpatica mafia russa, e dall’altro per il panorama umano a cui Tania si trova di fronte, qualcosa di inimmaginabile per le persone che vivono “al di fuori” del centro, e di cui si trova a far parte.
Pianti lacrime abbracci e labbra tumefatte. Venite in Europa che vi trattiamo bene.

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