M / 8 Marzo 2021 in Il tempo si è fermato

Nell’epoca in cui i Fellini, gli Antonioni, i Visconti, i Rosi, i Monicelli, i Risi e i Germi cambiavano per sempre, ognuno alla propria maniera, il volto del cinema italiano, Ermanno Olmi esordisce al lungometraggio con un film ostinatamente indifferente alle mode, sin dal titolo: il tempo si è fermato anche nel cinema, ed ecco allora che il cineasta bergamasco cerca, a tratti, di rifarsi addirittura al cinema muto, soprattuto francese.
Ma le influenze principali sembrano arrivare più che altro dal primo cinema sonoro, sempre soprattutto francese: Carné, Ophüls, Renoir, sono tutti ben presenti, ma è soprattutto a Bresson che Olmi guarda, al suo minimalismo, alla sua rigorosa ammirazione per quello strano animale che è l’essere umano. Ed è forse l’unica maniera per raccontare questa storia di generazioni a confronto, di vita solitaria, di rapporto con la natura più impervia. I risultati sono altalenanti, certo, già però interessanti.
È chiaro che i film migliori del regista erano ancora di là da venire, ma a ben guardare tutto il cinema di Olmi è sempre stato orgogliosamente inattuale. E con quei risultati, ben venga l’inattualità.

Leggi tutto