15 Recensioni su

Il Settimo Sigillo

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Come scrive Bergman ce n’è pochi / 8 Maggio 2020 in Il Settimo Sigillo

Pellicola senza tempo del maestro Ingmar Bergman che porta sul grande schermo il dramma teatrale, scritto dallo stesso Bergman, “Pittura su legno”, creando un’opera straordinaria e più attuale che mai.
Caratterizza da un’incredibile fotografia in B/N che fa del gioco di luci e ombre una delle sue caratteristiche più evidenti. Ineccepibile la sceneggiatura che critica aspramente la meschinità dell’uomo e descrive brillantemente la sua paura più recondita, quella della morte. La ricerca continua di un capro espiatorio per giustificare l’ingiustificabile, di “gettarsi nelle braccia dei preti” ogni qual volta la paura della fine si avvicina e dell’ipocrisia della guerra sono alcune delle critiche mosse all’umanità, raccontate con un’eleganza d’espressione e un’eloquenza che solo pochi altri cineasti ne hanno avuto la capacità nel corso della storia del cinema. Le ottime interpretazioni attoriali sono la ciliegina sulla torta di un’opera imprescindibile per chiunque si definisca un cinefilo.

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Intenso e suggestivo / 12 Novembre 2018 in Il Settimo Sigillo

Visto al cinema (è bello che alcuni cinema ancora trasmettano, ogni tanto, dei classici), non mi aspettavo fosse così bello.
E’ molto intenso, riflessivo nei dialoghi e suggestivo nelle immagini.
Non credo che fosse possibile trattare un tema così difficile, in maniera migliore. Pur nella sua, inevitabile, cupezza, non è privo di umorismo e non è per nulla pesante.
L’unica cosa che non mi è piaciuta, o per meglio dire, ho trovato un po’ incongruente con il memento mori che permea il film, è la famigliola che ricorda vagamente la famiglia di Gesù. Ma è solo una piccola impressione negativa personale.
Il film è meraviglioso e da vedere, ed anche rivedere.

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Il Settimo Sigillo è un’opera d’Arte / 9 Marzo 2016 in Il Settimo Sigillo

E’ difficile muovere una qualsiasi critica per questo film, un capolavoro indimenticabile, intramontabile, tra i più bei dipinti della “Settima Arte”.
L’uomo è al centro di quasi tutte le opere del “Magno” Bergman e lo è anche qui. L’uomo con i suoi dubbi, con la sua interiorità sconvolta da problemi di natura religiosa, sociale, sempre alla ricerca di quei valori che si nascondono proprio nell’ esistenza stessa, fatta di amore, solidarietà e fratellanza. Bergman analizza e muove critiche precise contro la borghesia o la Chiesa e le istituzioni ecclesiastiche. Antonius Block è il cavaliere che diventa metafora dell’uomo di Bergman: davanti al nulla interiore e intraprendendo una partita a scacchi con la Morte, prende tempo per capire qual è la vera essenza del suo viaggio nella terra, per capire e risolvere molti dubbi prima che la Morte lo possa strappare via da quella Vita. E ci riesce incontrando una famiglia di attori di teatro, nei quali letizia e fiducia nell’avvenire sopravvivono a ogni umiliazione, ogni tristezza. Ed egli accetterà volentieri di perdere la partita a scacchi, pago d’esser riuscito a distrarre la Morte consentendo così alla famigliola di sfuggire; pago di aver ritrovato un rapporto di solidarietà coi propri simili: “Lo ricorderò, questo momento: il silenzio del crepuscolo, il profumo delle fragole, la ciotola del latte, i vostri visi colti su cui discende la sera, Michael che dorme sul carro, Jof e la sua lira… cercherò di ricordarmi quello che abbiamo detto e porterò con me questo ricordo delicatamente, come se fosse una coppa di latte appena munto che non si può versare, E sarà per me un conforto, qualcosa in cui credere.”
Ne deriva un accurato e ben orchestrato rapporto tra tutti i personaggi, tra Antonius e la famigliola, e la Morte, e il suo “servo”, e tra tutti questi a loro volta. Figura importante questa del servo, al quale Bergman affida il compito di regalarci perle di saggezza, su vari temi, tra tutti l’amore, inteso come amore in senso lato, ma anche come amore tra uomo e donna: “Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l’amore è invece perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione”…, o addirittura inteso molto terra terra: “Addio fanciulla, avrei potuto violentarti ma è un genere d’amore che non mi va, troppo faticoso tutto sommato.”
E’ un film onirico e contemplativo. Davanti a Il Settimo Sigillo Bergman ci fa rimanere sbalorditi come si rimane guardando un bellissimo quadro. Bergman diventa il pittore. Il film con tinte chiare e scure, il paesaggio che fa da sfondo in modo stupendo diventa un elemento portante di tutta l’opera, tra la spiaggia dell’inizio e la montagna nel finale, dove si stagliano le figure, scena diventata famosissima: una perfetta collocazione dei personaggi in una ambientazione paesaggistica, ma non solo, anche storica: il Medio evo del Settimo Sigillo è rappresentato in maniera perfetta, in tutti i suoi elementi più importanti, tra la peste che sconvolge tutti gli equilibri naturali e dell’uomo, le rappresentazioni teatrali, la Chiesa corrotta e priva di valori, le crociate, o lo stesso gioco degli scacchi. Bergman ha saputo amalgamare tutti questi elementi creando un film completo sotto tutti i punti di vista: nel suo “quadro” ogni particolare acquista un pieno risalto plastico; e con la macchina da presa sempre al posto giusto e al momento giusto, e una fotografia in b/n che modella tutto si può solo creare scene capolavoro che si susseguono di continuo sullo schermo, e che rimangono bene impresse nella memoria: la processione dei flagellanti, ad esempio, e la prima presentazione della giovane strega, rantolante, incatenata alla gogna, o ancora la perfetta scena della taverna…
Rimane un grande capolavoro, esempio di cinema altissimo. Rimane soprattutto un film che ci dà la testimonianza vera e la consapevolezza di non sbagliare nel considerare il cinema come un’ Arte, nel vero senso della parola. Perchè Il Settimo Sigillo è un opera d’Arte.

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Vince l’attore o la trama? / 16 Febbraio 2016 in Il Settimo Sigillo

Film d’altri tempi, purtroppo oggi una pellicola del genere non esisterebbe e quindi nostro doveroso obbligo tentare durante l’intera ora e 1/2 di viaggiare e predisporci alla fine degli anni 50, riuscirci penso sia impossibile per la maggiorparte di noi e quindi andiamo a trattare e commentare cio’ che spicca:
Lo scopo dell’idea, dopo la morte, cosa avverrà?
Il terrore riesce a non farci distogliere lo sguarda da una paura antica e immortale, quindi “il faro sulle cose della vita” riesce a ben porsi su quest’idea, che pero’ tutti affrontiamo a nostro modo, quindi cosa ci espone a farci piacere l’opera di Bergman?
Il protagonista e la morte, una partita a scacchi che significa piu’ di quanto vorremmo.
Posso dire con certezza che se il film intero si fosse basato sui discorsi dei due veri protagonisti della storia, sarei rimasto impalato allo schermo apprezzandolo anche di piu’, certe vicende, seppur d’atmosfera, distolgono lo sguardo dalla purezza del messaggio, macchiandolo di un’epoca storica che già eccheggia nell’aria sin dai primi minuti di film.

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Bibibibibibibi / 18 Agosto 2015 in Il Settimo Sigillo

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Su una spiaggia riversi si trovano un cavaliere e lo scudiero. Il cavaliere, name’s Antonius Block – Max von Sydow che da addormentato è talmente statuario da sembrare un busto funebre romano appoggiato per terra, si sveglia, e trova un tipo vestito da suora (no, just kidding) che è Lamorte, ed è venuto a prenderlo. Antonius propone invece di giocarsela a scacchi e Lamorte, di scacchi ghiotto, non sa resistere. La partita prosegue nel corso del film. Intanto i due si risvegliano e percorrono la costa di una non precisata Scandinavia, tra un fiordo, una chiesa e un villaggio anzichenò, del ‘300. Sono appena tornati dalle Crociate (aka li avevano fregati) e in quel periodo la peste fa faville. La popolazione sconvolta rivolge gli occhi al cielo, tra preghiere e processioni di flagellanti, oppure si abbandona ai peggio istinti umani, nell’attesa della fine del mondo imminente. Sconvolgente una scena di flagellazione con tanto di clero millenarista che urla penitenziagite e memento mori vari. Questo bianconero, come la scacchiera e i suoi pezzi, paesaggio della disperazione attraversano i due, e simile percorso segue una coppia di saltimbanchi, che con i primi due incroceranno i destini: lui visionario e simpa (e infatti è l’unico altro che potrà vedere Lamorte) e lei gnocca (e infatti proprio in quel periodo, non per essere volgari, ma se la bombava Bergman, Bibi Andersson u_u) e gentile. Hanno un piccoletto di essere umano e vivono in armonia con tutto, unici a sembrare felici e appagati dell’amore reciproco.
Bergman ha raccolto una serie di ricordi della sua infanzia al seguito del padre, che come i protagonisti vagava per le campagne, ma da una chiesa all’altra, a predicare. L’iconografia degli affreschi delle chiese, con demoni, Lamorte, crociati e Beate Vergini, si è sedimentata e ha fornito al regista il materiale per dare corpo alla sua vicenda; quello di superficie, perché tutto è poi legato nella ricerca di un senso, a cui la morte, Lamorte, non vuole e non sa rispondere, come un impiegato deresponsabilizzato e intento a svolgere secondo procedura il compitino. Il contesto storico, le tante scene strazianti a cui i protagonisti si trovano a dover assistere, amplificano le domande che si pone Antonius, il quale non è meschino e spaventato come gli abitanti dei villaggi che percorre ma lo è al livello più profondo, quello dell’anima e della fede che ora teme di vedere tradita. Cerca il diavolo negli occhi delle streghe che stanno per essere messe al rogo, affinché almeno lui possa testimoniargli l’esistenza di Dio, e non lo trova. Accanto a lui, lo scudiero incarna il pragmatismo. Accanto a loro, la famigliola è l’unica ad avere la prospettiva per il futuro, e si salva infine dalla selva (dantesco!), mentre Antonius trova (maybe) il senso nel sacrificio per permettere loro di sfuggire la falce (oh, comunque non per dire ma c’è anche un fabbro, quindi il martello).
D’altronde gli scacchi è un gioco di sacrificio, e vorrei vedere la morte contro Deep Blue.

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Viaggio picaresco fino all’ultima notte / 8 Aprile 2015 in Il Settimo Sigillo

La bellezza segreta di scoprire la storia dentro questo film, del quale tutti – ma proprio tutti – conoscono un solo dettaglio; la partita a scacchi tra il cavaliere e la morte. Immagine innegabilmente fascinosa, ma che certo non esaurisce la portata di questo poliedrico memento mori su pellicola, in quanto si tratta soltanto dello strumento che serve a tenere i fili della trama. Bergman, nordico eretico insofferente allo spiritually correct, dipinge coi bianchi abbacinanti e i bei neri carichi della fotografia di Gunnar Fischer un viaggio picaresco attraverso le lande danesi medievali battute dalla peste e dalla superstizione, in cui emerge la diafana figura di uno splendido e ieratico Max Von Sydow circondato da personaggi caricaturali. Un castello di “destini incrociati” è il silenzioso alveo dell’ultima notte; il primo piano stringe sullo sguardo magnetico di Gunnel Lindblom, le sue labbra si stringono e si allargano prima di pronunciare il definitivo “L’ora è venuta!”.

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22 Marzo 2015 in Il Settimo Sigillo

(C’è poco da fare, Bergman mi piace proprio, mi piacerebbe anche se avesse girato il filmino di una prima comunione, quindi sono di partissima.)
Un cavaliere sfida a scacchi la morte per rinviare la sua dipartita dal nostro mondo: è l’espediente narrativo che permette a Bergman di accennare una riflessione tra l’uomo e il mistero, sia esso Dio, la morte o l’amore. Nella grezza e cupa ambientazione medievale gli attori si stagliano spigolosi, ruvidi, archetipici come arcaiche sculture lignee, e mettono in scena la fragilità e la limitatezza dell’essere umano di fronte alla Vita.

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12 Giugno 2013 in Il Settimo Sigillo

Si apre così una riflessione tra l’uomo e il suo tempo, o meglio tra lo spettatore e l’espressione della contemporaneità che lo circonda. E’ questo per me un tema molto caro, forse l’elemento di base e filo conduttore del mio tentativo di recensire. Estremamente cosciente del fatto che le chiavi di lettura sono molteplici e talvolta non univoche nemmeno nello stesso film, cerco di intravedere il film con gli occhi di oggi, non con quelli di ieri, sarebbe uno sforzo inutile e non giusto. L’impianto della regia e della sceneggiatura è a dir poco teatrale, la telecamera si muove raramente e le scene sono spesso impostate e statiche, così da riuscire a mostrarci la poetica teatrale in un tema che si presta molto a romanticismi: il medioevo e la morte. E’ così che ci ritroviamo in scena una piece di stampo classico, ma non per questo poco affascinante. Sotto questo timbro stilistico si dispiega un protagonista che nei suoi ultimi giorni di vita intraprende l’ultimo viaggio per comprendere meglio il suo essere, e riscoprire una speranza che vacillava dinanzi al nero mietitore, grazie alla semplicità di una coppia di saltimbanchi. Il film è bello, ma risulta circoscritto se rivisto oggi, tempi in cui la fede è per pochi, e i percorsi già battuti non sembrano dare le risposte sperate. La scena in cui il fabbro discute con la moglie e l’amante-saltimbanco davanti alla carrozza è veramente esilarante e di spessore.

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5 Aprile 2013 in Il Settimo Sigillo

Riconosco l’imponenza di questa pellicola, davvero, Bergman tvb, ma questo film non fa per me, scusascusascusascusascusascusascusascusascusascusascusascusascusascusascusa

Tormento della morte / 27 Marzo 2013 in Il Settimo Sigillo

Di non facile comprensione al giorno d’oggi, ci si deve calare in una realtà molto diversa, con ritmi diversi e con una semplicità molto più pura.
Oggi un film del genere non sarebbe mai prodotto perché non riuscirebbe ad avere un publico numeroso anche se Bergman ha girato il tutto in poco più di un mese. Ma è il dilemma umano che scandisce tutto il film:
dopo la morte cosa c’è?
Esiste un Dio?
Si può vincere contro il proprio destino?
Tutte domande senza risposte che ovviamente neanche il film può dare. Entri quindi in un incubo in cui la peste sta devastando la popolazione, e in questo ambiente un Cavaliere delle Crociate incontra la Morte e la sfida ad una partita a scacchi (quegli scacchi sono la fine del mondo… Bellissimi…) sperando di poterla battere o comunque per prendere tempo e cercare delle risposte.
Sicuramente molto mistico e con silenzi decisamente parlanti con le espressioni.
Ma non è che mi abbia fatto impazzire. Tutto questo misticismo, tutte queste richieste di avere un segnale da Dio, tutte queste ansie di fronte al dilemma dell’aldilà francamente non mi colpiscono. Dovrei tornare nel 1957 e forse con una visione della vita diversa apprezzerei meglio questo film.
Ad maiora!
P.S.: il funnambolo che gioca con sole DUE PALLE proprio non si può vedere!!!
Tutt

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Un giusto preludio alla fine / 20 Gennaio 2013 in Il Settimo Sigillo

Protestante fino alle radici stesse del film. Le inquadrature, i tagli, le riprese, i colori e le parole convergono permanentemente alla condizione di nullità dell’uomo e alla sua “sfortuna”/condizione di essere già predestinato. La morte è macchietta, un richiamo al cavaliere nel tentativo di ricordargli la sua limitatezza. Grande regista con grandi attori. Grandi ambientazioni condite di pochi colori.
Veramente pochi dialoghi ma colmi e tesi di una coscienza che descrive la loro condizione umana. Neppure l’ombra di un sentimentalismo, anche se accennato brevemente. Consigliato ad un pubblico che cerca un altro punto di vista alla seconda più vecchia domanda dell’uomo: Ma io cosa ci faccio qui?

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19 Dicembre 2012 in Il Settimo Sigillo

Un cavaliere e il suo scudiero, una compagnia di attori itineranti, un fabbro e la moglie fedifraga. Tanti destini si incrociano in un viaggio verso la speranza, in fuga dalla peste che uccide senza sosta. La Morte arriva inesorabile ad annunciarsi. Il cavaliere la sfida in una partita a scacchi, per tentare di salvarsi, o quanto meno per rimandare il proprio momento.
Un film mistico e profondo, sulla morte e sul suo significato, sulla ricerca di una spiegazione per la morte e per la vita.
Tante scene simbolicamente bellissime, tante strazianti (come la compagnia di frati e uomini che si flagellano interrompendo uno spettacolo comico con la loro lucubre litania, come il rogo della posseduta).

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L’ora è venuta / 25 Giugno 2012 in Il Settimo Sigillo

Riflessi scuri su una cinepresa che gira nitida in uno scintillante b/n,mentre una figura oscura gioca a scacchi con un cavaliere,un crociato. Sarebbe enormemente riduttivo,ma determinante sintetizzare Il settimo sigillo,capolavoro epico di Ingmar Bergman,in cui la bellezza delle immagini si fonde alla meraviglia filosofica dell’autore ricreandosi e rinascendo,come fenice,dalle ceneri del cinema,del “vero” cinema. Partendo dall’immaginario metafisico di Bergman,la (ri)costruzione dello spazio,eternamente sospeso in un limbo medievale che sembra non avere fine,chiuso in un’isola che farà,a mio avviso,da modello per il Kitano di Sonatine,in cui il tempo non esiste e la vicenda si propaga nella lunghissima linea della composizione celestiale dell’impossibilità dell’azione,contro l’immediatezza della reazione. Il coro angelico,disilluso e postumo,figlio delle tendenze principalmente espressionistiche a là Metropolis,senza idee tendenzialmente e parzialmente filopolitiche,diventa per Bergman un parto impossibile,in un turbinio di idee che si conclude con l’idea di partenza. La storia di un gruppo di artisti di strada,con come cornice la partita tra un crociato e la Morte,in abito nero,stupefacentemente agonizzata e reclamizzata,in un abito scuro e cupo,che fa tanto paure da vecchio secolo,in cui tutti si giocano il proprio destino,diventa un’attenta,attentissima analisi interiore,giocata tutta sull’instrospezione dei personaggi e sulla nitidezza,quasi pittorica e caravaggesca del luogo,in una visione eternamente persa nelle forme,che si concentra sull’abilità di cercatore di follia del suo stesso autore. Come vedremo successivamente in altri capolavori del regista(soprattutto in Fanny e Alexander e Persona),Bergman parte dall’idea di un Dio malvagio ma eternamente saggio,perverso ma autentico e folle. Si conferma autore geniale e subdolo,Bergman,unico vero genio del cinema europeo degli anni 50-60,perchè nel suo inserire una figura di rilievo,in mezzo ad un’infinita scorribande di diavolerie filosofiche e di fondamenti incessantemente poetici. Come potrebbe mai finire questa geniale ed assoluta e cinica e poetica e folle e audace,lirica bergmaniana? Non finisce,o meglio non proprio. Perchè all’orrore non v’è fine. Per concludere,Il settimo sigillo non è solo il miglior film di Bergman,ma è anche una delle migliori opere metafisiche della storia del cinema. E pensare che viene ricordata soltanto per una scena: La Morta che gioca a scacchi con un crociato. Come se fosse,incessante routine. Come se fosse vero. Come se fosse. Ma non è. O meglio non dovrebbe essere. E così,un’opera meravigliosa e deliziosa diventa anche una lucida analisi sulla modernità. Fatta di urla e silenzi incessanti,è una poesia d’autore chiusa da un dialogo eccezionale:

– Quando l’agnello aperse il settimo sigillo, nel cielo si fe’ un silenzio di circa mezz’ora e vidi i sette angeli che stavano dinanzi a Dio e furono date loro sette trombe. Poi un altro angelo si fermò davanti all’altare con un turibolo e gli fu data gran quantità d’incenso. –

– E allora il primo angelo die’ fiato alla tromba e ne venne grandine e fuoco misto a sangue, e così furono gettati sovra la terra, e la terza parte della terra fu arsa, e la terza parte degli alberi fu arsa, e fu arsa l’erba verdeggiante. E quindi il secondo angelo die’ fiato alla tromba e una specie di grande montagna di fuoco ardente fu gettata in fondo al mare e la terza parte del mare diventò sale.-

– C’era qualcuno?-

– No, signore. Nessuno.-

– E anche il terzo angelo die’ fiato alla sua tromba, e dall’alto del cielo cadde una stella grande, ardente come fiaccola. La stella si chiamava… si chiamava Assenzio.-

– Buongiorno, nobile signore.-

– Io sono Karin, la moglie del cavaliere e vi do il benvenuto nella mia casa.-

– Il mio mestiere è quello del fabbro e devo dire che mi arrangio bene nel mio lavoro. Questa è mia moglie Lisa. Saluta il nobile signore, avanti. Qualche volta non è facile andarci d’accordo e abbiamo avuto i nostri litigi, ma non peggio di quanto capita a tutte le coppie.-

– Dall’oscurità che tutti ci attornia, mi rivolgo a Te, o Signore Iddio, abbi misericordia, ché siamo inetti e sgomenti e ignari.-

– Nell’oscurità in cui dite che siamo avvolti, e probabilmente è proprio così, non c’è nessuno che ascolti i vostri lamenti o lenisca le vostre sofferenze. Asciugatevi le lacrime e specchiatevi nella vostra indifferenza.-

– Dio, Tu che in qualche luogo esisti, che devi certamente esistere, abbi misericordia di noi.-

– Forse avrei potuto liberarmi da quest’angoscia dell’eternità, che vi tormenta, ma ormai è troppo tardi per insegnarvi la gioia smisurata di una mano che si muove o di un cuore che pulsa.-

– Silenzio… Silenzio…-

– Sì, farò silenzio, ma mi ribello.-

– L’ora è venuta.-

Ed è venuta anche la fine di un sogno fatto incubo.

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13 Giugno 2012 in Il Settimo Sigillo

CAPOLAVORO… e non c’è altro da dire

24 Luglio 2011 in Il Settimo Sigillo

IL film della vita.

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