Recensione su Il Primo Re

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Occasione mancata / 24 Febbraio 2022 in Il Primo Re

Ci si aspetterebbe che il punto debole del Primo re sia il fatto che è recitato tutto in proto-latino – una lingua prossima a quella della Fibula prenestina dei nostri ricordi di scuola (“Manios med fhefhaked Numasioi”). E invece no: questo è al contrario il suo punto di forza. Non solo è una trovata originale, ma conferisce anche al film un’aura di arcaicità, come se la cinepresa fosse una macchina del tempo che ci fa tornare davvero al 753 a.C.

Ma il regista spreca fin da subito l’opportunità. Per prima cosa, per qualche misterioso motivo molti dei protagonisti tendono a sussurrare per quasi tutta la durata del film, interrompendosi giusto per qualche urlaccio. Non credo che sia per nascondere il loro cattivo proto-latino, visto che lo spettatore ben difficilmente sarebbe in grado di giudicarne la pronuncia, e visto anche che quasi tutti gli attori sembrano parlarlo con bella disinvoltura. Ma allora perché?

La volontà di ritrarre un’umanità primitiva e ferina, che si esprime spesso a rantoli, ghigni e grugniti, porta poi talvolta a esiti che rasentano la comicità involontaria (anche se le violentissime scene di lotta sono quasi tutte ottime). La natura selvaggia che all’inizio sembra costituire uno dei temi principali resta intanto sullo sfondo, facendo perdere l’occasione di raffigurare un sacro immanente in boschi e fiumi (cosa che invece era riuscita, se non ricordo male, all’Eneide di Franco Rossi). Ma soprattutto è l’evoluzione psicologica di Remo che non convince. Nel passaggio dalla sfida al dio a una sorta di follia qualcosa non tiene, suona forzato – e anche troppo prolungato. Un’occasione mancata, un vero peccato.

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