Recensione su Il Marchese del Grillo

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23 Giugno 2013

C’era una volta un Re cche ddar palazzo
mannò ffora a li popoli st’editto:
– Io so’ io, e vvoi nun zete un ca**o,
sori vassalli bbuggiaroni, e zitto.
Io fo ddritto lo storto e storto er dritto:
pozzo vénneve a ttutti a un tant’er mazzo:
Io, si vve fo impiccà, nun ve strapazzo,
ché la vita e la robba Io ve l’affitto.
Chi abbita a sto monno senza er titolo
o dde Papa, o dde Re, o dd’Imperatore,
quello nun pò avé mmai vosce in capitolo -.
Co st’editto annò er boja pe ccuriero,
interroganno tutti in zur tenore;
e, arisposero tutti: “E’ vvero, è vvero”.

Questa citazione de “Li soprani der monno vecchio” (i soprani del mondo vecchio), noto sonetto in dialetto romanesco di Belli mi è sembrato fin da subito appropriato come prologo di questa recensione e di questo film, giacché oltre a rappresentare una critica feroce contro i potenti dello stato, contiene anche, nella prima quartina, una delle frasi più celebri del film e che molti, sicuramente ricordano più che bene.
Diretto dal grande maestro Monicelli, il film ripercorre la vita di uno dei personaggi storiche più importanti e amate dal popolo romano, il marchese del Grillo, la cui leggendaria vita si tramanda ormai da generazione in generazione.
Monicelli ha preso questa figura storica e l’ha adattata perfettamente alla bonarietà e simpatia del mitico e compianto Alberto Sordi, il suo marchese è un aristocratico che vive a cavallo tra il XVIII e il XIX secolo, duca della splendida cittadina di Bracciano, guardia nobile del Papa Pio VII, annoiato dalla propria vita fatta solo di ricchezza e si stra-vizi alla quale cerca di sfuggire divertendosi a giocare brutti scherzi a danni dei nobili e della povera gente, conscio del fatto che nessuno mai potrà punirlo.
Il film si dipana così tra battute sarcastiche, burle ingegnose, situazioni al limite dell’assurdità, raggiungendo il suo culmine in una delle scene più divertenti e memorabili di tutto il film, ossia quando il marchese si fa sostituire a corte da un povero carbonaio, suo sosia, dedito all’alcool e oppresso da una moglie che non fa altro che ricordargli la sua pochezza come uomo, come padre e come marito.
E’ un Sordi ispiratissimo quello che vediamo in questo film, perfetto nel doppio ruolo del Marchese e del povero carbonaio, dimostrando ancora una volta la sua innata capacità di saper coniugare talento e tecnica recitativa, anche se la figura del nobiluomo non ne esce perfettamente pulita, il marchese di Sordi è un uomo cinico, egoista, ignorante, indifferente a tutto e a tutti…in parole povere, il perfetto ritratto dell’italiano medio.
La realtà in cui vive poi viene descritta da Monicelli in modo dissacrante e, purtroppo, spaventosamente attuale(corruzione e soprusi sono all’ordine del giorno, come accade oggi nella nostra società).
Oltre ad Alberto Sordi, il cast si compone anche di altri grandi attori del calibro di Paolo Stoppa(magistrale nei panni di Papa Pio VII), Flavio Bucci(magnifico nel ruolo di Don Bastiano) e Riccardo Billi(l’ebanista ebreo Aronne Piperno, vittima della crudeltà del Marchese…il dialogo tra il nobile e il povero ebanista è tra i più divertenti del film).
Un’ultima menzione per le musiche del sempiterno Nicola Piovani, assolutamente perfette.
Una pellicola d’altri tempi, un cinema d’altri tempi, una comicità d’altri tempi, recitata da attori d’altri tempi…purtroppo di film così è davvero raro vederne al giorno d’oggi, un cinema che ormai è morto e sepolto, da tanto, troppo tempo.
Lo consiglio vivamente, così vedrete la differenza tra la sana comicità di un tempo e la volgare e becera comicità di oggi che ci propinano i vari “cine panettoni” et similia.
Un film da riscoprire, in toto.

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