Recensione su Il giovane favoloso

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Si fa quel che si può / 1 Luglio 2015 in Il giovane favoloso

Chi va con lo zoppo impara a zoppicare. No, non ce l’ho col povero grande Leopardi, ma con l’universo “Rai fiction” et similia che ammorba indegnamente il recitativo degli attori italiani. Elio Germano ce la mette tutta per uscire dai canoni di repertorio, talvolta ci riesce ma i residui sono durissimi a morire; la recitazione sempre tesa, lo scialo di sguardi stralunati, quel fastidiosissimo respiro nervoso che intercala la dizione, il dondolio del mezzobusto per schematizzare grossolanamente una qualsiasi problematicità (dall’epilessia alla schizofrenia, dalla gobba al mal di denti, tutto è uguale: sembra obbligatorio far partire il “cavallino a dondolo”).
Non è che manchi la scuola, è che se non fai il raoulbovino alla tivvù per le casalinghe italiane, mica sbarchi il lunario. Del resto, se sono operaio metalmeccanico e lavora solo un’officina dove è obbligatoria la tuta fucsia, cos’altro potrei fare se non indossare la tuta fucsia?
Ci prova l’esteta Mario Martone, sceneggiatore davvero originale e regista pieno di idee, ma un bel calesse senza cavalli di razza fa quel che può. Onore al merito, comunque, di chi sta riportando il cinema italiano a buoni livelli, facendo pian pianino spurgare l’ odiosissima parlantina caciaronisterica dell’attore italiano.

2 commenti

  1. Stefania / 16 Gennaio 2017

    A Germano rimprovero sovente una recitazione eccessiva: spesso, è “troppo”. Troppo laido (Melissa P.), troppo “empatico” (La nostra vita), troppo caricaturale senza essere “caratterizzante” (Tutta la vita davanti, Come Dio comanda), troppo anonimo (Diaz, Suburra)… Però, talvolta, imbrocca la misura, come con l’azzeccato personaggio di Accio in Mio fratello è figlio unico o di Elia in Padroni di casa. Secondo me, questa di Leopardi è una sua buona interpretazione, non perfetta, ma decisamente meno difettosa di altre. A lui, come più o meno al resto del cast, riconosco di aver saputo vestire i panni di personaggi del XIX secolo senza renderli troppo affettati (anche se Popolizio, nel ruolo del padre Monaldo, pare provarci, e Riondino è quasi imbarazzante), né anacronisticamente troppo “moderni”.

  2. Unospettatorequalunque / 17 Gennaio 2017

    Mi permetto di dire la mia su questo film dato che, essendo uno studente di lettere, lo sento molto vicino alla mia sensibilità. Partendo dal presupposto che non è di sicuro un film che si segue con facilità e a tratti ampolloso, devo dire che non mi è dispiaciuto. Di sicuro ci viene offerta un’immagine diversa del Leopardi, frettolosamente tacciato da certi insegnanti del liceo di essere un “pessimista” e senza neanche approfondire i lati di questo suo pessimismo e contribuendo a formare nella mente dei giovani l’immagine di un poeta depresso e brutto come la fame, umana nella sua malattia e potente nel proprio atto poetico. L’interpretazione di Elio Germano mi è piaciuta molto, mentre concordo con il ruolo del padre Monaldo affidato al Popolizio: pomposo e a tratti ridicolo nel suo tentare di dare un’aria autoritaria al personaggio.

    Molto belle anche le ambientazioni e il tentativo di ricostruire fedelmente la Recanati, la Roma e la Napoli del XIX secolo (ed essendo io napoletano, e forse “di parte”, proprio la rappresentazione della mia città non poteva non incontrare il mio favore 😀 ). Forse mi ha lasciato un po’ interdetto la scelta di usare qualche brano di musica contemporanea per sottolineare alcuni momenti della narrazione, ma a qualcuno può anche piacere. Per il resto, è un bel film :).

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