13 Recensioni su

Il Divo

/ 20087.8536 voti

divo / 29 Gennaio 2020 in Il Divo

grande opera di Sorrentino, che si conferma oramai uno dei migliori cineasti italiani. Cast all’altezza, su tutti un favoloso Servillo

La problematica dei film storici / 8 Luglio 2019 in Il Divo

L’estetica del film non si discute e, nonostante qualche incertezza iniziale, non l’ho assolutamente trovato noioso, ma anzi capace di mantenere una certa suspense. Speravo, in realtà, che Sorrentino volesse insegnare qualcosa, piuttosto che rivolgersi a un pubblico già abbastanza formato, ma questo non fa niente. Quel che mi ha disturbato e non poco è il personaggio di Andreotti stesso, la cui pacatezza è estremizzata a tal punto da farla diventare quasi una forma di autismo, fredda e piatta inespressività e male di vivere. Il parlare costantemente attraverso metafore ed espressioni quasi filosofeggianti, invece, è un artificio che secondo me va benissimo per una pellicola come “La grande bellezza”, ma inizia a stare un po’ stretto in un film storico-biografico. “In medio stat virtus”, bisogna stare molto attenti a non esagerare, soprattutto in questi casi.

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Il declino di Andreotti / 23 Gennaio 2016 in Il Divo

Raccontare il declino di Andreotti, non è semplice.
Sorrentino ci riesce brillantemente (grazie anche alla splendida interpretazione di Servillo), scegliendo uno stile “onirico” e un mix di ferocia e intimità.
Un grande film, con almeno un paio di scene memorabili.
Peccato per qualche manierismo di troppo, qualche sequenza inutile.

/ 18 Marzo 2015 in Il Divo

non mi ha entusiasmato ma per chi è, come me, ventenne, è da vedere per conoscere almeno vagamente un personaggio importante della politica del nostro paese di cui penso si parli oggi poco

6 Marzo 2014 in Il Divo

Il più originale film (sinora) di Paolo Sorrentino è, manco a dirlo, un affresco pop della vecchia Prima Repubblica, con i suoi molti misteri e problemi, e di uno dei suoi principali protagonisti.
L’idea di un film biografico sul Divo Giulio, oggi ampiamente metabolizzata, all’epoca fu parecchio dirompente e scioccante: intanto perché Andreotti era ancora in vita, poi perché si tentava di affrontare un tema squisitamente documentaristico mediante un’opera prettamente artistica.
Ne è uscita questa biografia pop condita di un’originalissima estetica, che non ha potuto sfondare oltre i confini nazionali a causa dell’intrinseco provincialismo (se si fa eccezione per il Premio della Giuria meritatamente ricevuto a Cannes, che però sta a quattro passi dal confine italiano).
Provinciale è, nel contesto dei moderni equilibri internazionali, tutta la storia italiana dal secondo dopoguerra ad oggi, figuriamoci le nostrane vicende politiche, all’estero assolutamente incomprensibili. Sarebbe fin troppo ottimistico trovare 100 statunitensi (su 300 milioni) che sappiano chi fosse Andreotti, e probabilmente se ne troverebbero ancor meno disposti a sorbirsi un resoconto degli antichi intrallazzi machiavellici della politica del Bel Paese.
Diciamo che Sorrentino si è giocato alcune buone, ottime, carte in un contesto da sagra di paese, salvo poi riproporle nelle sue pellicole successive (da ultimo ne La grande bellezza).
Raccontare la vita del Divo Giulio in 110 minuti è impresa impossibile, e quindi Sorrentino si limita ad uno scorcio tumultuoso, mediante una sorta di documentario ipotetico-onirico, che affronta vicende più o meno storicamente chiarite, mischiando certezze e probabilità in un pot-pourri necessariamente frettoloso.
Il regista butta un po’ troppa carne sul fuoco (la mafia, Pecorelli, Dalla Chiesa, Sindona, la P2); argomenti che necessiterebbero, ciascuno di essi, di un ricco approfondimento.
Il film è dunque più che altro un trampolino visivo con cui si lanciano nel calderone del giudizio pubblico un’accozzaglia di atti e fatti (e Andreotti, dopo aver visto il film in anteprima, non apprezzò per nulla la cosa). Eppure accusare di disonestà intellettuale un film di questo genere, che, per quanto ovvio, non nutre pretese degne di una ricostruzione giudiziaria, mi pare eccessivo, stante l’ovvia finalizzazione artistica dell’intento di Sorrentino (a cui va dato il merito di chiarire la cosa nel bellissimo dialogo con Scalfari, in cui si accenna al fatto che le cose sono spesso più complicate di quanto una mera e veloce elencazione possa far apparire).
Parliamo dunque degli aspetti tecnico-stilistici, che costituiscono il vero lato memorabile di questa pellicola. È sufficiente richiamare tre scene, che, da sole, farebbero gridare al capolavoro:
– si parte dall’incipit, che presenta, con uno stile arrembante (degnamente accompagnato dal sonoro), le presunte macchie (di altrui sangue) della carriera andreottiana: scena frenetica e accattivante, nello stile di un videoclip musicale, con l’utilizzo creativo (come anche nel prosieguo) delle scritte in sovrimpressione;
– la presentazione, in stile western, della corrente andreottiana della Democrazia Cristiana: un vero e proprio colpo di genio. La prima volta che vidi questa scena rimasi letteralmente sbalordito, senza parole, e oggi continua ad affascinarmi. Una musica in stile morriconiano accompagna la moderna cavalcata verso la quotidiana sfida all’ok corral della politica italiana;
– infine, lo splendido, magistrale piano sequenza del party, con un Buccirosso fenomenale nel ruolo di un Cirino Pomicino scatenato al ritmo delle melodie tribali.
Dico queste tre, ma ce ne sarebbero altre degne di menzione: dalle trattative per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica, al crudo monologo magistralmente gestito da un ottimo e poliedrico Toni Servillo.
In generale una buonissima colonna sonora, a parte forse qualche singolo pezzo.
L’unica pecca che mi sento di trovare in questo film è l’eccessiva discrepanza di ritmo fra queste scene a dir poco esuberanti e il resto della pellicola, e in generale tra la prima e la seconda metà.
Ciò che è sicuro è che Il Divo ci lascia con una sola, fondamentale certezza: nel firmamento da tempo oscuro del cinema italiano si è accesa una nuova stella. Quella stella è Paolo Sorrentino.

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Moriarty!! / 18 Maggio 2013 in Il Divo

Sherlock Holmes l’avrebbe definito il Napoleone del crimine. Cosa di cui non dubito minimamente.

28 Aprile 2013 in Il Divo

ispirata a fatti realmente accaduti si narrerà la vita di un tipo davvero speciale che ha molto da insegnare e poco da imparare,infatti il suddetto beandosi della propria “bellezza” è riuscito a fottere un fottio di gente che credendo di aver a che fare con un messia lo presero in quel posto senza (quasi) accorgersene tanto da ringraziarlo sovente con una generosa leccata di palle seguita da un sollazzante pompino…

il nostro eroe (che definire popolare sarebbe un eufemismo) ha fatto della circonvenzione d’incapace la sua ragione di vita,infatti attuando questa pratica è riuscito a far dimenticare agli altri (ma non a se stesso) di essere piccolo di animo e di cuore e così riversando le sue insicurezze su poveri esseri inermi acquistava sempre più potere che abbinato ad una naturale arroganza dava vita ad una micidiale combinazione con l’unico scopo di sganciare bombe psicologiche da recapitare al malcapitato di turno.

si sa che il nostro paese è fatto per gente di questa risma , è risaputo da tutti ,ma nessuno è ancora riuscito a cambiare lo stato delle cose e ad invertire la tendenza ,mi chiedo : ci siam forse rassegnati ? siamo forse disillusi ? il cinismo e l’alzata di spalle sono forse diventati un modo d’essere cronicizzato ?

ma torniamo a bomba

… così berciando ragliando e scalciando il “nostro eroe” superava indenne tutte le tempeste ,nessun mare si rivelava troppo burrascoso per il nostro , altro che il Titanic,l’iceberg veniva servito in coppa da cocktail e neanche le navi pirata riuscivano ad affondarlo , era un comandante perfetto , mai avrebbe abbandonato la nave…ah ! le sue crociere transoceaniche , che goduria al solo pensiero (s)vengo , ovviamente parliamo di un successo senza pari… sold out sempre e comunque abbondavano di gentleman e donzelle che scoreggiavano allegramente disquisendo sulle nobili arti e parlando di come il mondo andava a scatafascio per colpa di giovani che non sposandosi e figliando più non ripopolavano la specie con l’aggravante di essere diventati pure gay perché abbandonati dai padri e rimasti senza Dio si lasciavano andare alla sodomia col solo scopo di godere…che infamia ! al rogo era il coro che si levava dai saloni addobbati a festa per feste a tema di ogni tipo con tanto di abbacchio che abbacchiato giaceva inerme accanto al porco col frutto in bocca pronti per essere divorati dagli adepti che facevano festa festando a più non posso per poi lanciarsi in balli sfrenati al ritmo di un tuca tuca con annessa boooooomba a base di bamba con le sempre gradite lambade per gli uomini debosciati a cui piacevano le scosciate di marca russa stile bambole di pezza pezzate umide nel posto giusto perché umidificate ad arte col gel della barba ispida setosa siepe divina che attraeva il merlo svolazzante sul nido dove voleva trovarvi pace al proprio rimorso che rodeva da dentro marcendo lavorando ai fianchi l’individuo che trovava conforto solo nell’atto pagato a caro prezzo mentre le mogli guardavano masturbandosi godendo ma sperando nella grazia che prima o poi avrebbe sicuramente elargito il dovuto sempre che non fosse già troppo tardi perché avvertendo in anticipo sensazioni malsane si prodigavano in consigli che venivano puntualmente ignorati sancendo così la fine di ogni rapporto fisico-orale spegnendo definitivamente l’interruttore auricolare…ma ora che la crociera volge al termine non resta altro che l’eco delle voci e dei suoni e i festoni restano appesi come simbolo di un’era che finisce (in) gloriosamente ma che ( ancora ) non vuole morire perché le ceneri saranno conservate per poi essere usate in una cerimonia che sarà come una rinascita…

CAZZI NOSTRI
p.s. abbiamo la credibilità che ci siamo guadagnati e io per primo ho fatto di tutto per meritarmela…me la sono sudata stando in disparte ad ogni festa a cui partecipavo bevendo cocktails preparati alla cazzo per alcolizzati festaioli che ambivano le luci della ribalta dei penosi varietà delle nostre squallide tv , ho fatto a cazzotti con bellimbusti più alti e più grossi di me col solo scopo di scoparmi la squinzia di turno facendo leva sul machismo più becero…ogni occasione era buona per far rissa , ci sguazzavo ero al top del mio masochismo , riuscivo a ( dis ) farmi di tutto senza cadere mai nel banale ,ero giovane e bello , ero un ganzo fatto e finito che ti rivoltava come un calzino …ero un dio ed ora guardandomi in dietro so che rifarei tutto quello che ho fatto , anzi ho addirittura dei rimpianti , avrei potuto dare di più ma in fondo adesso posso dirlo , sono vivo e non ho più paura .

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Rara sincerità / 7 Febbraio 2013 in Il Divo

Una pellicola estremamente ben fatta. Onesta, sincera e sopratutto attinente a quello che, molto probabilmente, era la vera persona di Andreotti.
Ottimo anche il regista che ha saputo valorizzare l’intimità del protagonista; una intimità che lo ha sicuramente influenzato in un periodo molto molto buio della politica italiana.

Ma è giusto anche ribadire che le battute sull’immortalità di Andreotti, non fanno più ridere dal 1643.

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2 Gennaio 2013 in Il Divo

molto difficile fare un film su andreotti. e sorrentino ha fatto un opera innanzitutto non scontata. e questo è un pregio. in sintesi secondo me un gran film, gli è venuto veramente bene (in quanto si può sorvolare su alcune cose magari discutibili, ad es. moro)

Yawn / 7 Settembre 2012 in Il Divo

Forse un vero critico saprebbe giustificare la noia con altri termini, adducendo ragioni e mettendo in luce difetti da addetti ai lavori.
Io, molto nudamente, mi scuso con i molti estimatori di questa pellicola e dichiaro che questo film mi ha messo addosso una noia assassina.

Bello… / 6 Settembre 2012 in Il Divo

Non voglio dire nulla su quello che il film dice e racconta… sarebbe lungo e complicato… ma una cosa la voglio dire… stilisticamente è assolutamente stupendo… la macchina che cade al rallentatori e in assoluto silenzio prima dello scoppio… o l’arrivo degli andreottiani accompagnati da questo fischiettare… qualcosa di stupendo. Sono rimasta molto molto colpita

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14 Agosto 2012 in Il Divo

I film storici e/o di denuncia sono tra i miei preferiti, mi ricordo “Il muro di gomma” “Il giudice ragazzino” “I cento passi” o anche gli americani “JFK” “Bobby” e “Leoni per Agnelli”. Film che raccontano fatti realmente accaduti, a volte come atto di denuncia, a volte solo per far conoscere la storia altre anche per entrare più profondamente nell’animo del personaggio. Il divo è come avere molte fotografie sparse su un tavolo da raccogliere in un album. E non si sa bene dove metterle… Io ho una mia teoria (che poi immagino non sia solo mia) sul personaggio di Giulio Andreotti e riguardo altri fatti accaduti in Italia. In questo momento non posso dirla perché non sono ancora pronta a staccarmi totalmente dalla mia immagine “pubblica”. Riguardo al film mi è piaciuta tantissimo l’interpretazione di Cirino Pomicino, un personaggio fantastico: mi chiedo uno straniero che guarda questo film che opinione può avere degli italiani. Degli elettori italiani. Ma siamo liberi quando andiamo a votare ? Mah! Bello questo film, complimenti al regista e agli attori e anche la colonna sonora mi è piaciuta tantissimo.

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4 Marzo 2011 in Il Divo

E’ un film straordinario.
Ed è straordinario per qualità filmica: surreale e simbolico, l’inizio è spettacolare, camera che si avvicina ad Andreotti mentre parla, alza il viso ed è una smaccata citazione da Hellraiser, le passeggiate notturne sono al limite del metafisico di de Chirico, sospese nel tempo e nello spazio, le Iene per la corrente (ma dentro c’è anche un porporato)…come rappresentare il non rappresentabile. La macchiana da presa si muove continuamente, ma ogni volta che c’è Andreotti insieme ad altri si intrufola negli spazi, lunghissimi piano sequenza (quello della festa è mirabolante e farà scuola) e con ampie volute gira intorno a Giulio per poi inquadrarlo di fronte, il più delle volte lui in posizione centrale all’inquadratura e alla disposizione di tutti gli altri (c’è anche una perfetta ultima cena con tanto di Evangelisti/san giovanni con il capo piegato).
Grande perchè propone una precisa ricostruzione di un periodo di storia italiana astraendola in una riflessione sul potere in una delle sue declinazione, ossia il potere non ostentato, il potere che si ammanta di una finalità moralmente giustificatoria per autoperpretrarsi.
Non c’è nulla di grottesco, molto di surreale e Servillo è perfetto e l’incedere di andreotti è quasi statico, come se non camminasse, ma apparisse improvvisamente. Ma perfetta anche la Bonaiuto, in questa moglie solidale e tenera che improvvisamente sgrana gli occhi, il dubbio le si palesa, infinito.
Un uomo solo e un uomo fortunato, un uomo potente.
Intorno a lui i momenti più importanti della nostra storia, almeno degli ultimi 40 anni, i morti degli ultimi 40 anni, una infinità di omicidi che hanno legato i destini della finanza del nord con gli interessi della mafia del sud.
Omicidio Lima, guardare come Sorrentino rappresenta il momento in cui lui ne viene a conosceza, riflesso su uno specchio, quasi uno sdoppiarsi che si ripete quando tranquillamente risponde al telefono ad una parente, allucinante.
E la ferita della nostra storia recente che è stato Moro, l’unico morto che lo abbia mai scosso.
Ma il fantasma di Moro lo perseguita, Moro che cammina nella sua prigione, andando verso la macchina da presa e Andreotti che macina metri su metri nel labirinto del corridoio di casa.

Stilisticamte è molto, molto bello.
E’ pur vero che la tensione si perde nel finale, come se la spinta brillante dell’inizio non avesse più verve, ed è un peccato

Ma quello che vorrei sottolineare ora sono le parole di Andreotti alla commissione per le autorizzazioni a procedere, lui che ammonisce di non far governare la magistratura, lui che dice che le accuse rivolte a lui sono fango all’italia, per via del suo ruolo istituzionale:insomma l’origine del berlusconianesimo, stesse parole, stesso sprezzo della magistratura, stessa indignazione di lesa maestà!

E poi l’intervista con Scalfari, immaginaria, uno Scalfari che assurge a ruolo del cittadino, colui che non ha prove, non ha certezze, ma solo dubbi e domande sull’incredibile coincidenza di fatti, di luoghi, tempi, accuse, di amicizie certamente non pulite, di frequentazioni problematiche: è il punto di vista del film, non è una indagine, non ci sono certezze, nulla accusa chiaramente (a parte una certa sentenza), ma solo domande.

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