Recensione su Ida

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4 Maggio 2014

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ida in realtà si chiama Anna, fa la novizia con contenta mestizia, in questa Polonia in bianco e nero che rassomiglia un po’ alla vita. Anna in realtà si chiama Ida, e prima dei voti la madre superiora la manda a Varsavia a conoscere la zia Wanda (un pesce?), unica parente rimasta. IdAnna ha gli occhi come fessure di petrolio, e lei e la zia, magistrata e fumatrice e fornicatrice e ciucatona, partono on the road alla ricerca delle radici. Che sono nella terra, c’est-à-dir dove sono seppelliti i suoi genitori, uccisi dai nazi, e fu così che la novizia si scoprì ebrea. Una Polonia contadina e semplice, quella del dopoguerra, che attraversano conoscendosi le due protagoniste. Le quali non potrebbero ovviamente più differenti essere, e il gioco di opposti permette di conoscere il diverso e insieme il familiare, e di tessere il legame, per Ida inesistente, tra di loro e verso il passato. Un pozzo, non di petrolio ma di dolore inespresso, è la zia Wanda, e non basta affogarlo nei vizi, tanto che conclude sulle note di un grammofono e uno hop dalla finestra. Ida prende il posto della zia, nel suo appartamento che puzza di fumo. Niente più suora, mi sa. Le radici ti cambiano.
Non so se sia indicativo, ma la persona che l’ha visto con me ha dormito quasi tutto il tempo :/

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