fotografia 10 e lode / 25 Agosto 2015 in Ida
Mi aspettavo questo film un pò più profondo.. Ma la fotografia è da 10 e lode. Penso uno dei film più belli mai visti da quel punto di vista.

Polonia, 1962. La giovane Anna è sola al mondo e vive da anni in un convento: sta per prendere i voti, quando scopre di avere ancora una parente, una zia di nome Wanda. Le due donne si incontrano e Anna scopre di essere ebrea e di chiamarsi Ida.
Stefania ha scritto questa trama
Titolo Originale: Ida
Attori principali: Agata Kulesza, Agata Trzebuchowska, Dawid Ogrodnik, Jerzy Trela, Adam Szyszkowski, Halina Skoczyńska, Joanna Kulig, Dorota Kuduk, Natalia Łągiewczyk, Afrodyta Weselak, Mariusz Jakus, Izabela Dąbrowska, Artur Janusiak, Anna Grzeszczak, Jan Wojciech Poradowski, Konstanty Szwemberg, Paweł Burczyk, Artur Majewski, Krzysztof Brzezinski, Piotr Sadul, Lukasz Jerzykowski, Artur Mostowy, Marek Kasprzyk, Marek Wyrwicz, Mostra tutti
Regia: Paweł Pawlikowski
Sceneggiatura/Autore: Paweł Pawlikowski, Rebecca Lenkiewicz
Colonna sonora: Kristian Eidnes Andersen
Fotografia: Ryszard Lenczewski, Łukasz Żal
Costumi: Ola Staszko
Produttore: Eric Abraham, Piotr Dzięcioł, Ewa Puszczynska
Produzione: Danimarca, Polonia
Genere: Drammatico
Durata: 82 minuti
Mi aspettavo questo film un pò più profondo.. Ma la fotografia è da 10 e lode. Penso uno dei film più belli mai visti da quel punto di vista.
Ida è un atipico percorso di formazione, con alcuni elementi che ricordano un po’ la struttura del road movie, dove la (ri)scoperta di sè stessi passa attraverso la parentesi di un viaggio in macchina. Si tratta di un film elegante nella sua resa finale, dove le inquadrature di Pawlikowski, spesso decentrate e povere di primi piani, sembrano volersi distaccare dalle azioni dei personaggi. A ciò si aggiunge anche una bella fotografia in bianco e nero, di rilevante impatto.
Ida è la silente diapositiva di un passato, le cui meste trasparenze ne mimano il ricordo. Un passato figlio di nessun futuro, perché arido di speranze e voluttà. Le stesse che la giovane protagonista, in virtù delle sue religiose vesti, reprime, e che invece come placidi destini incontra, segnando quel labile confine fra dovere e desiderio.
Fra scatti di funerea bellezza, ed inquadrature quasi sempre rivolte veso l’alto, quasi a spezzare l’equilibrio tra volontà e natura delle cose, Ida entra prepotentemente in una Polonia comunista dei primi anni 60′, dove l’antisemitismo sembra aver lasciato profondi strascichi.
Pawlikowski cerca di indagare la coscienza femminile di due donne, legate dal sangue e da un triste passato, che ha delinenato le loro figure, mutandone forse le identità. E in questa recondita esplorazione del proprio io, la donna si fa carne, e allo stesso tempo anima, tornando però a seguire le orme di un futuro, che forse non l’è mai appartenuto.
Ida in realtà si chiama Anna, fa la novizia con contenta mestizia, in questa Polonia in bianco e nero che rassomiglia un po’ alla vita. Anna in realtà si chiama Ida, e prima dei voti la madre superiora la manda a Varsavia a conoscere la zia Wanda (un pesce?), unica parente rimasta. IdAnna ha gli occhi come fessure di petrolio, e lei e la zia, magistrata e fumatrice e fornicatrice e ciucatona, partono on the road alla ricerca delle radici. Che sono nella terra, c’est-à-dir dove sono seppelliti i suoi genitori, uccisi dai nazi, e fu così che la novizia si scoprì ebrea. Una Polonia contadina e semplice, quella del dopoguerra, che attraversano conoscendosi le due protagoniste. Le quali non potrebbero ovviamente più differenti essere, e il gioco di opposti permette di conoscere il diverso e insieme il familiare, e di tessere il legame, per Ida inesistente, tra di loro e verso il passato. Un pozzo, non di petrolio ma di dolore inespresso, è la zia Wanda, e non basta affogarlo nei vizi, tanto che conclude sulle note di un grammofono e uno hop dalla finestra. Ida prende il posto della zia, nel suo appartamento che puzza di fumo. Niente più suora, mi sa. Le radici ti cambiano.
Non so se sia indicativo, ma la persona che l’ha visto con me ha dormito quasi tutto il tempo :/
IDA
Un film di Pawel Pawlikowski
Ida è un film intelligente, un viaggio alla scoperta della Polonia del passato e dei suoi scheletri nell’armadio. Ida è il conflitto interiore di una persona che deve scegliere fra la religione che l’ha salvata durante l’occupazione nazista e la sua identità. Fede ed identità si fondono in una pellicola ambientata nella Polonia del 1962.
La protagonista indiscussa del film è Anna un’orfana cresciuta in un convento interpretata da Agata Trzebuchowska. Si sta per fare suora e, poco prima di prendere i voti, fa la conoscenza di Wanda, sua zia. Wanda è l’unico legame con il suo passato, un passato poco chiaro. E’ in occasione dell’incontro fra le due che Anna scopre di chiamarsi Ida, scopre di essere ebrea. La sua non è solo una ricerca spirituale, la sua è una ricerca delle origini. Le risposte che troverà saranno determinanti per il suo avvenire.
La trama è d’effetto: la protagonista, aspirante suora, riscopre sé stessa grazie ad una zia che ha uno stile di vita completamente diverso dal suo. Anna vuole diventare quella che possiamo considerare una istituzione religiosa e spirituale. Wanda invece è un’istituzione laica e civile. Una donna matura la quale in passato ha contribuito alla nascita della Polonia Socialista e che è sfiduciata dall’evolversi della situazione. In più occasioni si chiederà a cosa sia servito il suo lavoro e non troverà una risposta… per questo chiede ad Anna/Ida di riflettere sulle sue convinzioni o sul suo percorso spirituale affinché non si penti negli anni a venire. D’altro canto Anna conosce una cosa soltanto, ha trascorso tutta la sua vita in un convento e la fede è l’unica cosa che le importa. Avverrà si una trasformazione momentanea, nella quale è Ida a prevalere ed avverrà la scoperta della femminilità o di quegli atteggiamenti tipici presi in prestito dalla zia, questa però sarà solo una parentesi rosa che durerà molto poco. Assaporando il mondo reale Anna/Ida troverà conferma delle decisioni prese fino a quel momento.
La pellicola in questione purtroppo ha una serie di contro evitabili. A partire dalle scelte stilistiche del regista, delle inquadrature uscite male (in molte delle quali vengono tagliate le espressioni dei soggetti preferendo dare importanza al contorno dell’ambiente), i campi lunghi e i primi piani in molte occasioni potevano essere corretti, passando per una fine troppo frettolosa (in particolare a proposito del modo in cui viene “licenziato” il personaggio di Wanda) il tutto aggravato dalla durata, ahimè non copiosa, del film ed arrivando ad un particolare neanche troppo secondario della storia: la solita idea che la donna debba essere o casta o “libertina”, Ida fa la puritana e poi riscopertasi femmina (non donna)…
Una nota positiva va alla fotografia pulita di Łukasz Żal e al Cinema Eden in Roma che ha tentato di diffondere una pellicola di questo tipo. Un film che in parte funziona molto e che lascia soddisfatti ma che ci riesce solo a metà ed avrebbe potuto fare di più.
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