Il tempio di Iblard / 28 Aprile 2014 in Iblard Jikan

Lo studio Ghibli si lancia nella produzione di un OAV che cavalca l’onda del ritrovato interesse per il genere documentario animato, non risparmandosi però di ricercare l’innovazione all’interno della categoria stessa.
L’arte di Nahoisa Inoue incontra l’animazione, stavolta non in funzione ad essa complementare, ma assecondando dinamiche sovversive dei comuni schemi diventa essa stessa l’incontrastata protagonista del video.
Difettando completamente di un tracciato narrativo, unica congiuntura alle varie sequenze diviene il paesaggio fantastico, presentatoci dall’artista nelle sue espressioni più miti; un insieme di suoni, fruscii ed atmosfere bucoliche che fanno di ciascuna immagine un vero e proprio idillio sensoriale. L’unico azzardo concesso sta in guizzi di colore sparsi fra la vegetazione che sembrano voler rievocare memorie di passioni ormai sopite.
La presenza umana in queste lande è un elemento del tutto marginale, il pigro incedere di fantasmi sbiaditi, pronti ad essere spazzati via alla prima folata di vento.
Così anche la tecnologia, che benchè perfettamente integrata nel contesto naturale, non valica mai i ristretti spazi visivi ad essa affidati. Essendo infatti per lo più funzionali a risaltare la grandiosità dello scenario che le ospita, le macchine scorrono con indolenza attraverso lo schermo senza mai catalizzare l’attenzione su di sé per più di qualche istante e con risultati estetici non sempre piacevoli.
Ciascuna delle otto parti in cui il video si suddivide prevede l’accompagnamento di un brano musicale che contribuisce a completarne l’atmosfera con ritmi generalmente lenti e rilassati, talvolta sincopati.
Una chicca che ogni sedicente fan delle opere dello Studio Ghibli non può lasciarsi assolutamente scappare, se non altro in considerazione dell’ apprezzabile sforzo sperimentativo .

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