9 Recensioni su

I 400 colpi

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Critica sociale, o rassegnazione? / 23 Gennaio 2022 in I 400 colpi

Molte recensioni parlano di questo film come una critica al sistema educativo francese. Io non sono riuscito a vederci questo, visto che ho trovato il comportamento degli educatori qui (specialmente il maestro e la polizia) corretti e appropriati nel tentare di correggere un bambino che altrimenti avrebbe potuto finire sulla strada e diventare un reietto della societa’.
Il film e’ ben fatto comunque da tutti i punti di vista, con una sceneggiatura che descrive benissimo la situazione nella giusta durata, e ugualmente una recitazione e una fotografia di qualita’.

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Adesso ho capito a cosa si ispira la serie “Il collegio”… / 25 Gennaio 2021 in I 400 colpi

Recupero l’esordio di Truffaut con ritardo micidiale, ma d’altronde per i recuperi aspetto sempre il momento propizio. Che non arriva quasi mai.

Non ho molto da dire se non che ammiro il coraggio (e il gesto artistico) dell’autore di esporsi in prima persona e confrontarsi con la direzione di bambini, arrivando all’apparente paradosso di controllare un bambino che deve interpretare un incontrollabile e confuso te stesso. Un cortocircuito che dà sia al giovane Jean-Pierre Léaud la possibilità di sfidare i propri limiti, sia al maturo François Truffaut di codificare l’ipocrisia borghese in termini semplici, a misura di innocenza, e in linguaggi cinematografici invece nuovi e sofisticati, necessari a esprimere l’incontinenza di questa “scoperta”: il re è nudo e non ci sono più scuse che tengano.

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Jeunesse en jazz / 23 Aprile 2015 in I 400 colpi

Una bellezza oggettiva che non riesce ad entusiasmare, quella dei film di Truffaut. Questo lo dico in premessa, a titolo di parere personale. Il film parte con una ripresa in camera-car rapida e concentrica che cattura facciate di palazzi parigini alternati ad alberi dai rami filiformi oltre i quali si scorge sempre, svettante e metallica, la sommità della torre Eiffel. E’ un film con un centro, il cuore della Francia, nel quale si coglie il difficile percorso di formazione di un adolescente ribelle (per il quale il professore di turno sospira “povera Francia!”), un prosieguo generazionale degli enfants terrible di “Zero in condotta” di Vigo. Un cinema con tratti jazz (la colonna sonora di Constantin, tra cui la pimpante Ecole buissonnière che richiama il tema dello standard Jeepers Creepers, con cui Armstrong domava in Going Places un cavallo indiavolato), dai raccordi veloci, vagamente sociale e vagamente poetico, che un po’ fruga nel baule del neorealismo italiano ma guarda già avanti.

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Grandi emozioni (senza tanti fronzoli) / 7 Luglio 2014 in I 400 colpi

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Se è vera la storia che esistono film con cui lo spettatore riesce a trovare una certa empatia, posso tranquillamente affermare che tale empatia io la trovo con questo capolavoro di Truffaut. Ogni volta che lo vedo mi sento sempre vicino al giovane Antoine e alle disavventure che gli capitano, condivivo la sua sete di libertà e la sua ribellione contro l’autoritarismo scolastico e l’indifferenza dei genitori, così come condivido la sua voglia di evasione attraverso il cinema e la letteratura.
Ma non sono solo la sceneggiatura e gli attori a fare la loro bella figura. Complice è anche la macchina da presa che riprende con uno stile asciutto e senza nessun eccessivo abbellimento, non amputando però la partecipazione emotiva dello spettatore come nella celebre scena finale, dove Antoine corre verso il mare.

Potrei spendere centomila parole su questo stupendo film, ma non saprei quali altri argomenti potrei mettere in gioco per convincervi a vederlo (e rivederlo). Fine.

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Non conoscevo il Cinema Francese, male, molto male. / 26 Marzo 2013 in I 400 colpi

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

I 400 colpi un film sull’adolescenza, i problemi di un ragazzo in transizione,
una famiglia difficile e solo apparentemente serena, il sentirsi stretti nella quotidianità, la voglia di uscire e quella di indipendenza.

Il protagonista della pellicola è un capro espiatorio, un giovane ragazzo chiamato Antoine, di dodici anni che vive in una grande Capitale, Parigi. Siamo sul finire degli anni 50 ed anche se la contestazione giovanile ancora era lontana, il nostro protagonista è in quell’età difficile, dove si contesta (quel che si può e quando si può, ricordiamoci che siamo sempre negli anni ’50) tutto e tutti.
La situazione famigliare non è proprio il massimo.
Avete presente la classica famiglia allegra, simpatica, senza problemi che si mette in gioco e in discussione ? Dimenticatela.
La famiglia di Antoine vive di e per apparenze.
La madre e il padre non sono una coppia felice, la prima fa sempre tardi per motivi di “lavoro” (ammicco ammicco) e il secondo invece è semplicemente più interessato al suo club automobilistico e alla sua rivista Michelin.
Pensate che una volta Antonie stesso ha beccato la madre mentre si intratteneva, baciandosi, con uno sconosciuto. La poca attenzione da parte della famiglia verso il figlio, la mancanza di interesse del protagonista verso la scuola e tutto ciò che la riguarda, per non parlare poi dell’istituzione scolastica e i professori che cercano di punirlo ad ogni costo anche quando non ce ne sarebbe bisogno.
Non voglio far passare il protagonista per un santerello, nella pellicola ne combina di cotte e di crude, per giustificare una sua assenza scolastica dirà che gli è morta la madre, se ne va al luna park. Non è il classico studente modello ma per esempio viene anche accusato di fronte alla classe perché ha imitato lo stile di Balzac in un suo tema.
Il ragazzo ha 12 anni e legge Balzac, personalmente non l’avrei punito.
Questo vi fa capire che non è stupido e in ogni caso trovare un dodicenne che legge Balzac, oggi, è dura.
Sarà lunghissimo il percorso che lo porterà ad uscire da quella quotidianità, quella normalità solo apparente, che si sente stretta. Pieno di pericoli aggiungerei, vi basti pensare a quando Antoine ruba una macchina da scrivere e accorgendosi di non poterla vendere poiché immatricolata, la riporta dove l’ha trovata.
Verrà punito per questo, lo stesso padre vorrà spedirlo in quello che è un riformatorio.
I genitori preferiscono toglierselo dalle scatole, da un lato forse perché hanno visto il loro fallimento ma dall’altro non avendoci neanche provato direi che lo fanno per salvarsi la faccia. Ed è proprio qui che capiamo e scopriamo il conflitto interiore del ragazzo, i giorni passati con la nonna, il disprezzo per la madre.. bello il fermo immagine finale e soprattutto vedere dove arriva Antoine, un posto dove non era mai stato prima.. il mare.

DonMax

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18 Marzo 2013 in I 400 colpi

Ho scoperto che una delle scene che più mi ha emozionata, quella del colloquio di Antoine con la psicologa, pur prevista dalla sceneggiatura, è stata pressoché improvvisata.
Si trattava degli ultimi tre o quattro giorni di riprese: Truffaut sistemò la cinepresa, approntò le luci ed il sonoro, mandò via tutto lo staff e rimase solo nella stanza col giovane Léaud, ponendogli le domande che, nella versione definitiva del film, avremmo sentito pronunciare da una voce femminile.
Sorprendendo lo stesso Truffaut, Léaud rispose a braccio: ormai, il ruolo di Antoine gli aderiva completamente e, mischiando dolorosi ricordi personali alla storia cinematografica che -a quel punto- conosceva perfettamente, riuscì a costruire un retroscena più che plausibile all’intera vicenda.

Struggente e bellissimo, non saprei cos’altro aggiungere.

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12 Settembre 2012 in I 400 colpi

Il film descrive la condizione di un adolescente costretto a crescere in un pessimo clima familiare, e le ripercussioni sul suo carattere.
Primo film di Truffaut e uno dei primi della corrente della Nouvelle Vague.
Buon film, ma tutto sommato non entusiasma, forse anche per l’eccessiva pacatezza del personaggio principale, ossia il ragazzo (a mio avviso siamo lontani anni luce dall’espressivita’ di Bruno, il bambino di Ladri di biciclette).

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9 Febbraio 2012 in I 400 colpi

Bisognerebbe cominciare dalla fine, Antoine che corre verso il mare, si volta, fermo immagine.
E’ il primo di Truffaut, il primo lungometraggio 1959
Con questo film inaugura una politica cinematografica che gira attorno ad ossessioni private per farsi specchio di una società e lo fa in maniera più sottile e durevole di molto cinema “impegnato”. In questo primo film c’è tutto, i bambini (prima le donne e i bambini), vitali, incontrollabili, fantasiosi, feriti, soli, le donne e le loro gambe, tutte le fascinazioni sessuali del maschio (è primaria la fascinazione del corpo materno, infatti edipicamente Antoine la uccide), che non cresce mai emotivamente, le figure maschili così un po’ di risulta e la mancanza della figura paterna, il sistema soffocante degli anni 40/50 e il tentativo di venirne fuori, i libri e la loro magia, la fame di cinema, Parigi e la Moreau, la libertà.
Da non dimenticare: la rappresentazione della scuola, Antoine nel tamburo rotante, il ragazzino che combina pasticci nel tentativo di fare il dettato (una gag straordinaria, piena rappresentazione della sconfitta della volontà), il dialogo unidirezionale con la psicologa, il mondo degli adulti e quello dei bambini, separati ognuno nel proprio universo, incomunicabili fra di loro.
un inizio luminoso

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2 Febbraio 2012 in I 400 colpi

Bel film, un po’ datato ma sicuramente interessante.
Uno spaccato di queli anni molto partolare che oggi difficilmente si riesce a vedere.
Viva la libertà!!!

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