I due film / 7 Settembre 2022 in I due Papi
I due papi è composto in un certo senso di due film diversi. Il primo è un film ironico e divertente su due personalità inconciliabili a confronto; e basta seguire la portentosa recitazione di Anthony Hopkins, con le insofferenze, le incomprensioni e i motti tranchant che dispiega nella conversazione con l’altro per avere la misura dell’abisso ideologico e umano che separa i due. Il secondo film contiene un lungo flashback sul passato di Bergoglio. Il tono cambia radicalmente, come è ovvio: non si può parlare degli anni ’70 in Argentina in tono ironico. Il problema è che anche la personalità di Bergoglio in questa parte è radicalmente diversa, e il film non spiega in modo convincente come il serissimo prete di Juan Minujín si sia trasformato nell’amabile cardinale di Jonathan Pryce (sospetto che nella realtà la distanza tra le due fasi della vita del papa non sia così abissale: il vero Bergoglio ha talvolta delle durezze che contrastano con la sua immagine più nota di affabile pastore).
Tornando ai giorni nostri il film tenta poi inopinatamente l’impossibile: una conciliazione tra i due uomini. Improvvisamente Ratzinger contraddice se stesso, e si presenta quasi come l’agevolatore del papato del suo antagonista; improvvisamente, ma anche, ahimè, incomprensibilmente, a parte qualche vaga allusione a segni divini e a sensi di colpa (non molto pertinenti). E così quello che nella prima metà era stato un film pieno di umorismo, magistralmente recitato e convincente si annacqua in un irenismo che suona irrimediabilmente falso. La distanza tra i due papi è troppo grande; e il fatto che i cardinali che avevano eletto Benedetto XVI abbiano scelto appena otto anni dopo Francesco come suo successore rimane una delle più grandi sorprese nella storia della Chiesa.