23 Settembre 2014 in I Demoni di San Pietroburgo

Da un’idea di Andrei Konchalovsky, una storia che mischia la biografia del grande scrittore russo alle trame di alcune sue opere.
Le vicende relative alle macchinazioni dei terroristi sono chiaramente ispirate a “I Demoni”, uno dei più intriganti e inquietanti romanzi di Dostoevskij, che viene calato nella sua tormentata vita di scrittore indebitato, avvezzo al gioco e con un passato non esattamente cristallino, almeno dal punto di vista dei filo-zaristi (fu in effetti imprigionato per presunta partecipazione ad un’associazione segreta sovversiva e condannato a morte; ottenne la grazia quando era già sul patibolo, pronto per essere giustiziato, con la pena che venne commutata in dieci anni di lavori forzati in Siberia, ridotti a quattro per buona condotta).
Gli appigli biografici sono dunque molteplici ma, vista la commistione con elementi letterari, appaiono, in alcuni casi, un po’ fumosi e dai confini incerti‎.
La storia mette in simbiosi il Dostoevskij scrittore e il Dostoevskij politico, il quale, dopo l’esilio in Siberia, sviluppa idee più moderate tentando di far desistere i giovani rivoluzionari dai loro propositi sanguinolenti.
Purtroppo però l’impostazione psicologica che viene data al personaggio sembra far emergere una certa caratterizzazione ambigua di Dostoevskij, più che il suo personale travaglio interiore della lotta contro i “demoni”.
La regia di Montaldo è buona, con qua e là qualche colpo da maestro.
Ciò che è davvero suggestiva è la splendida fotografia di Arnaldo Catinari, soprattutto nelle riprese notturne con dominante giallo.
La musica di Ennio Morricone è francamente non sempre calzante. Mi spiace dirlo, perché sono un suo fan, ma della sua presenza in questa pellicola ne beneficiano più i titoli di coda che l’accompagnamento musicale. Ma immagino che al Morricone degli ultimi anni non si possa che dare carta bianca.
La scelta di attori “minori”, senza alcuna star da botteghino, ha pagato moltissimo in termini di qualità, togliendo però qualcosa in visibilità (ma del resto è meglio così). Semplicemente monumentali Miki Manojlovic (Dostoevskij) e Roberto Herlitzka (Pavlovic). Di contro, qualcuno dei personaggi minori, soprattutto nella parte iniziale, fatica a entrare nelle grazie dello spettatore.
In ogni caso, trovo che la vera bellezza di questo film sia nella sceneggiatura, e francamente non mi capacito dei tiepidi giudizi che quest’opera ha raccolto dalla critica.
A mio avviso un grande film, una produzione italiana che per una volta rende onore al nostro cinema, ma che purtroppo scivola nell’oblio delle pellicole di nicchia.

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