Guarda, un’oasi. Ah no / 1 Novembre 2016 in Io, Daniel Blake
Ay! Accento da sobborghi inglesi (come il nano di Misfits – non è veramente un nano eh, e non guardo serie), tutti dicono “mi” per my ecc. Daniel Blake è sto tipo falegname calvo, ha appena avuto un infarto, i medici gli dicono che non può lavorare ma un call center gli nega l’indennità di malattia. Finisce al centro per l’impiego, dove il consiglio è chiedere il sussidio di disoccupazione, ma per averlo deve cercare lavoro, ma tanto se lo trova non può lavorare perché DLINDLON torna all’inizio senza passare dal via DLINDLON. Intanto cozza contro la burocrazia, e lì dentro conosce Daisy, ragazza madre sradicata e affamata, due figli, di cui la più grande più savia di chiunque nel film. Secondo me bastava dare tutto a lei (avrà sì e no 9 anni). E insomma, lei lo mangia. Ahah, no. Lui l’aiuta, perché Daniel Blake è uno che stands up for your right, e anche quelli degli altri. Ma non c’è pietà, come non c’è posto per Jim Brown, e Daisy va sempre più giù, finendo ovviamente per battere. Proprio quando Daniel sta per vincere il ricorso e ottenere la fuckin’ indennità BAM! Don’t give up the fight. Dunque è Loach l’ultimo dei registi comunisti rimasto? Ha vinto Cannes (but actually I don’t give a shit :/ ), lo sguardo di Loach va sugli ultimi e i povery ed è umano tanto, contrapposti ad uno Stato che ormai di sociale conserva solo la denominazione, ed è alieno in uffici spaziosi e incravattati e luminosi, dove moduli da compilare si alternano alle domande online – e si vede, in Daniel che poggia il mouse sullo schermo quando gli dicono “sposta il cursore”, Loach che sottende che lui di sti computer mica si fida e andrebbero bruciati per scaldarcisi intorno – e la cosa migliore che può capitarti è non dover entrare nel labirinto. Ché se ne entri you’re done, la disperazione si autoalimenta e tutto va sempre peggio, tutta gente che nei Miserabili sarebbe stata benissimo. Non c’è mai soluzione e allora si sbaglia peggio, perché sentimenti di giustizia e identità paiono giusto a chi non ha niente essere rimasti. In effetti, anche è un viaggio nel deserto delle solidarietà, in cui ogni tanto, ma proprio tanto, si trova qualcuno, oasi, pronto a dare una mano. Ma sono quasi sempre altri ultimi, chiamali se vuoi ragazzi persi, il vicino nigga che contrabbanda Nike dalla Cina, una dipendente del centro per l’impiego che viene subito ripresa dai superiori. Non c’è più acqua qua, ed è tutto up to us ^^
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