Io, Daniel Blake

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Io, Daniel Blake

Nella Gran Bretagna della crisi economica, si incrociano le strade di Daniel Blake, carpentiere sessantenne e vedovo affetto da una cardiopatia che non gli permette di lavorare, e Katie, madre single di due bambini. Entrambi sono ridotti praticamente alla fame da un sistema burocratico ed assistenziale complesso e incapace di comprendere le reali difficoltà delle persone.
Stefania ha scritto questa trama

Titolo Originale: I, Daniel Blake
Attori principali: Dave Johns, Hayley Squires, Briana Shann, Dylan McKiernan, Kate Rutter, Sharon Percy, Kema Sikazwe, Magpie Richens, Amanda Payne, Chris McGlade, Shaun Prendergast, Gavin Webster, Sammy T. Dobson, Mickey Hutton, Colin Coombs, David Murray, Stephen Clegg, Andy Kidd, Kay Gilchrist-Ward, Li Dan, Jane Birch, Kimberley Blair Smith, Junior Atilassi, John Sumner, Dave Turner, Jackie Robinson, Kathleen Germain, Christine Wood, Micky McGregor, Neil Stuart Morton, Roy McCartney, Stephen Halliday, Julie Nicholson, Viktoria Kay, Malcolm Shields, Bryn Jones, Helen Dixon, Mick Laffey, Gary Jacques, Patricia Roberts, Yvonne Maher, Susan Robinson, Mike Milligan, Laura Jane Barnes-Martin, Harriet Ghost, Brian Scurr, James Hepworth, Natalie Ann Jamieson, Rob Kirtley, Mostra tutti

Regia: Ken Loach
Sceneggiatura/Autore: Paul Laverty
Colonna sonora: George Fenton
Fotografia: Robbie Ryan
Costumi: Jo Slater
Produttore: Rebecca O'Brien, Carole Baraton, Emmanuelle Castro
Produzione: Gran Bretagna
Genere: Drammatico
Durata: 100 minuti

Dove vedere in streaming Io, Daniel Blake

Ha fatto di meglio / 7 Maggio 2017 in Io, Daniel Blake

Manca un po’ quella tensione di altri film, ma sempre un grande Loach

Tragicamente prevedibile / 9 Novembre 2016 in Io, Daniel Blake

Film ben fatto, anche se tragicamente prevedibile.
Unica incongruenza è quella di mostrare il protagonista come una persona di età molto avanzata per essere un lavoratore attivo.
Sembra un sessantacinquenne, che fa anche un lavoro usurante e che più che cercare lavoro dovrebbe aspettare di andare in pensione, o esserlo già in pensione, ma questo evidentemente fa parte della struttura della “storia triste”.

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Guarda, un’oasi. Ah no / 1 Novembre 2016 in Io, Daniel Blake

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Ay! Accento da sobborghi inglesi (come il nano di Misfits – non è veramente un nano eh, e non guardo serie), tutti dicono “mi” per my ecc. Daniel Blake è sto tipo falegname calvo, ha appena avuto un infarto, i medici gli dicono che non può lavorare ma un call center gli nega l’indennità di malattia. Finisce al centro per l’impiego, dove il consiglio è chiedere il sussidio di disoccupazione, ma per averlo deve cercare lavoro, ma tanto se lo trova non può lavorare perché DLINDLON torna all’inizio senza passare dal via DLINDLON. Intanto cozza contro la burocrazia, e lì dentro conosce Daisy, ragazza madre sradicata e affamata, due figli, di cui la più grande più savia di chiunque nel film. Secondo me bastava dare tutto a lei (avrà sì e no 9 anni). E insomma, lei lo mangia. Ahah, no. Lui l’aiuta, perché Daniel Blake è uno che stands up for your right, e anche quelli degli altri. Ma non c’è pietà, come non c’è posto per Jim Brown, e Daisy va sempre più giù, finendo ovviamente per battere. Proprio quando Daniel sta per vincere il ricorso e ottenere la fuckin’ indennità BAM! Don’t give up the fight. Dunque è Loach l’ultimo dei registi comunisti rimasto? Ha vinto Cannes (but actually I don’t give a shit :/ ), lo sguardo di Loach va sugli ultimi e i povery ed è umano tanto, contrapposti ad uno Stato che ormai di sociale conserva solo la denominazione, ed è alieno in uffici spaziosi e incravattati e luminosi, dove moduli da compilare si alternano alle domande online – e si vede, in Daniel che poggia il mouse sullo schermo quando gli dicono “sposta il cursore”, Loach che sottende che lui di sti computer mica si fida e andrebbero bruciati per scaldarcisi intorno – e la cosa migliore che può capitarti è non dover entrare nel labirinto. Ché se ne entri you’re done, la disperazione si autoalimenta e tutto va sempre peggio, tutta gente che nei Miserabili sarebbe stata benissimo. Non c’è mai soluzione e allora si sbaglia peggio, perché sentimenti di giustizia e identità paiono giusto a chi non ha niente essere rimasti. In effetti, anche è un viaggio nel deserto delle solidarietà, in cui ogni tanto, ma proprio tanto, si trova qualcuno, oasi, pronto a dare una mano. Ma sono quasi sempre altri ultimi, chiamali se vuoi ragazzi persi, il vicino nigga che contrabbanda Nike dalla Cina, una dipendente del centro per l’impiego che viene subito ripresa dai superiori. Non c’è più acqua qua, ed è tutto up to us ^^

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I due lati della scrivania / 31 Ottobre 2016 in Io, Daniel Blake

Loach mette in scena le ingiustizie legate alla statalizzazione dei rapporti sociali: la macchina burocratica rappresentata in questo film, premiato con la Palma d’Oro a Cannes, dimostra quanto la presunta efficienza legislativa e organizzativa degli enti pubblici riesca a mantenersi cieca e distante dalle reali necessità di quella popolazione a cui dovrebbe garantire sussistenza e dignità, creando cortocircuiti organizzativi di raro nonsense.

Pur oggettivamente toccante e frustrante, più della rappresentazione della miseria materiale in cui vengono gettati vecchi, donne e bambini, forse ciò che mi ha colpito è il ritratto degli impiegati statali, succubi anch’essi di un sistema che spersonalizza l’uomo (il cittadino), attribuendogli un ruolo da drammaticissima pantomima in base alla posizione che esso occupa seduto da un lato o dall’altro di una scrivania di un ufficio pubblico: da una parte, c’è il servo della burocrazia, istruito in cambio di uno stipendio a rispettare senza margini di flessibilità un particolare sistema normativo e, in virtù di questo, investito di poteri decisionali che influiscono sulla vita dei suoi pari (tale prassi, in taluni casi, genera/nutre/accresce un immotivato senso di potere, sviluppa un sadico istinto alla prevaricazione); dall’altra parte del tavolo, c’è l’oggetto e la vittima designata della burocrazia, annichilita dall’uso improprio del sistema normativo.
Loach è arrabbiato con i vertici politici che partoriscono leggi che ignorano lo stato delle cose (vedi, la tassa sulle camere sfitte nelle residenze popolari), che mettono gli uni contro gli altri servi e vittime, e insiste con forza nel rendere evidente la distanza esistente tra la necessità di una normazione della società e la sua applicazione: l’insieme di regole preposto a organizzare in maniera civile una comunità non deve e non può annullare la dignità di alcuno dei membri che la compone.

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