Recensione su I 5 volti dell'assassino

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24 Marzo 2015

John Huston è forse uno dei massimi vertici del cinema americano, personalmente è uno dei registi che preferisco e farei carte false per riuscire a vedere tutti i suoi film. Il cinema di Huston non si discute, si ama in tutte le sue forme anche e soprattutto quando si diverte ad imitare quell’altro pazzo di John Sturges (e comunque la rovesciata di Pelè vale tutto il film). In quest’opera chiamata The List of Adrian Messenger-I cinque volti dell’assassino c’è tutto John Huston, forse è questo quello che conta perché nella sua modestia, se poi così possiamo definirla, il regista dà il suo meglio. Nel film non c’è solo Huston ma tutto il cinema Statunitense, dall’ombra/ricordo della seconda guerra mondiale alla presa in giro dei cugini aristocratici d’oltreoceano.
La maestria del regista viene affiancata ad un cast di tutto punto, un cast in cui spicca l’incredibile George C. Scott, l’inidmenticabile Kirk Douglas e poi altri, molti, attori neanche troppo secondari che caratterizzano l’opera. Si passa da Dana Wynter a
Clive Brook fino ad arrivare a John Huston stesso nella parte di un cavaliere o Burt Lancaster che veste i panni di una vecchia o Frank Sinatra che si atteggia a zingaro.
La trama ruota attorno a una serie di omicidi. Adrian Messanger, ricco scrittore anglosassone, sembra essere l’unico a ritenere collegate fra loro le morti considerate accidentali dai più e scrive sulla lista i nomi delle vittime. Adrian è sicuro, dietro agli omicidi c’è un uomo o una donna che ambisce a qualcosa. Adrian è convinto delle sue posizioni a tal punto da raggiungere l’ex agente del MI5 Anthony Gethryn (G. Scott), pronto a dargli una mano ma mentre Messenger è in viaggio per raccogliere le prove a conferma della sua tesi, l’aereo su cui si trova esplode. Non muore sul colpo, precipitato in mare riesce a pronunciare alcune frasi criptate ascoltate da un suo compagno di viaggio sopravvissuto all’ “INCIDENTE”.
Il passeggero sopravvissuto altri non è che Raoul Le Borg, un uomo che ha militato nella Resistenza Francese durante la seconda guerra mondiale. Essendo un vecchio amico dell’ ex agente MI5, i due decidono di continuare insieme le indagini. La trama prosegue e il duo scopre che le persone indicate nella lista furono a suo tempo prigionieri in un campo di prigionia in Birmania, e una di loro aveva tradito i compagni svelando i piani di un loro tentativo di fuga. Chi si cela dietro i mille volti dell’omicida ? A cosa ambisce ? Quanto può costargli a livello sociale la diffusione della notizia relativa al tradimento in tempo di guerra ?
È innegabile, la seconda parte gira un pochino su sé stessa ma serve a descrivere, a dipingere al meglio l’aristocrazia inglese indaffarata nella caccia alla volpe e alla sua opulenza. I comportamenti e lo snobismo dell’aristocrazia inglese sono caricaturali, John Huston solo in alcuni punti sembra strizzargli l’occhio assecondando la routine di questi poveri ricchi che discutono in modo sterile a tavola. Il film vola nel finale, l’ultima esecuzione (è un tentativo ndr) dell’assassino e l’ultimo travestimento di lui sono la ciliegina sulla torta.

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