16 Dicembre 2012
Il film di McQueen precedente a Shame, il solito film con Fassbender nudo, ti dicono. Ma altroché. Nel senso, sì, ma non in quel senso. Fassbender è Bob, un militante dell’Ira che nel 1981 iniziò uno sciopero della fame per protestare contro la decisione della Tatcher di non riconoscere come prigionieri politici i militanti arrestati dalla polizia inglese. Fino a morire, e insieme a lui altre 9 persone. Lo sciopero era il culmine di una protesta che era cominciata con il rifiuto di vestirsi da prigionieri in carcere e lo sciopero dell’igiene. Teniamoci forte. Lo sguardo della cinepresa parte da lontano, tanto che dopo mezz’ora Fass ancora non si è visto. Wtf? Si segue prima nella sua quotidianità un poliziotto, di quelli incaricati di reprimere le proteste nel carcere. E così si vede in cosa consistono queste proteste, e la repressione. E poi l’arrivo di un nuovo prigioniero. I prigionieri riversano la loro urina nel corridoio a un segnale prestabilito, e con le loro feci sporcano o dipingono i muri a figure concentriche. La parola non è certo al centro dell’azione, in quanto sono le immagini a dominare, i volti da Cristi condannati dei carcerati nudi che vengono sorvegliati, picchiati e puniti, i secondini che passano il tempo a ripulire, gli incontri nel parlatoio. Qui c’è l’unico pezzo in cui il dialogo assume importanza, una lunga sequenza a camera fissa con l’incontro tra Bob e un sacerdote che cerca di dissuaderlo dal suo sciopero. In esso Bob esprime le motivazioni e l’impossibilità di fare altro. La parte finale mostra il corpo di Fass sempre più scarno ed emaciato, che si riduce progressivamente fino a diventare carta velina, le piaghe ovunque e poi la morte. Visivamente un pugno nello stomaco, che con mezzi puramente cinematografici riporta alla luce un pezzo di travagliata storia dell’Inghilterra anni ’80
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