Recensione su Hunger

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15 Ottobre 2012

Hunger è un film claustrofobico, il secondo (in realtà il primo in ordine cronologico) pugno che Steve McQueen assesta al mio stomaco.
Un inizio fatto di particolari, gesti quotidiani, piccole azioni di un secondino qualunque, queste sequenze sono poi ripresentate, al contrario, attraverso le azioni dei detenuti dell’IRA. McQueen racconta le vicende realmente accadute per immagini crude, colori forti, rumori assordanti in contrasto con il silenzio e presenta il personaggio di Bobby Sands ricollegandolo al secondino, in una scena di violenza perpetrata nuovamente dalle guardie carcerarie. La vicenda storica viene raccontata dalla vera voce della Thatcher fuori campo, dalle azioni dei secondini e dei carcerati e dal dialogo sulla moralità dello sciopero della fame tra Sands e il prete. Un piano-sequenza di più di un quarto d’ora che ci consente di capire le ragioni dell’uomo, della visione di Sands sulla vita e sulla libertà; il dialogo è magistrale ed è la parte più dialogata di tutto il film che lascerà spazio al silenzio dello sciopero e del lento declino fisico di Sands. Le interpretazioni di Fassbender e Cunningham sono misurate, vere e sentite; la regia e la fotografia anche questa volta mi hanno stupito.
Steve McQueen è stata davvero una sorpresa piacevole e dolorosa, visto la durezza e realtà estrema dei suoi film.

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