Non ci siamo / 13 Aprile 2020 in House of the Dead
L’ impressione generale che si ha guardando questo film é di -poca cura-. Mi spiego meglio. La sceneggiatura non é pessima, perlomeno nella sua essenza. Si parte dalla idea di un prequel, cioè un racconto che si svolge prima degli eventi descritti nel videogioco. Lo spettatore é però in grado di collocare correttamente gli eventi narrati solo alla fine quando il protagonista pronuncia il suo nome: Roy Curien. E questo é un colpo di scena perché Curien, che nel film é un personaggio positivo (l’eroe), nel videogioco poi sarà la mente malata che darà vita agli zombie.
Con questi presupposti, che io dico anche interessanti, si é tuttavia scelto di sviluppare il lato horror della storia e di dare a questo aspetto una grande rilevanza, forse per rimanere fedeli allo spirito splatter del videogame.
Però, voglio dire, avendo a che fare con una cinepresa e non con righe di codice, forse sarebbe stato più appropriato sfruttare la capacità narrativa del grande schermo e dipingere meglio la figura del protagonista, il dottor Curien.
Invece si rincorre continuamente il sangue, la strage di mostri e l’ esplosione, con risultati decisamente scarsi. Faccio salva la scena in cui dal molo e dalla riva il protagonista e i suoi compagni fanno il tiro a segno sugli zombie in acqua, ma le altre scene di azione sono penose: l’assalto alla casa del cimitero vale per tutte. L’ impressione generale é che manchi un coordinatore, un esperto capace di insegnare agli attori un po’ di movimenti armi in mano, un po’ di lotta; é tutto goffo, lento, impacciato. E non mi si venga a dire che nella finzione filmica i protagonisti non erano soldati: anche l’occhio vuole la sua parte. Ugualmente l’ ambientazione del rave manca di studio: più che un rave sembra una festa di natale. E ancora: il marinaio aiutante del capitano Kirk (!!!) si presenta vestito con impermeabile giallo e uncino: pittoresco, ma che c’entra visto che poi muore miseramente?
A proposito del capitano Kirk, ho trovato curioso il fatto che il regista abbia inserito qui e là delle citazioni cinematografiche nei dialoghi : si parla di Romero e addirittura di elephant man! Forse Uwe Boll vuole dirci che conosce il cinema?
Da non dimenticare nemmeno le citazioni videoludiche: i cambi di contesto narrativo sono segnati da immagini prese dal videogame originale e in un dialogo echeggia perfino un “game over, stronzo”
In conclusione penso di aver descritto l’impressione che mi fatto questo film e mi riallaccio al commento iniziale: buona l’idea, ma pessima la realizzazione.