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Mezzogiorno di Fuoco

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La rivisitazione del classico, nel classico / 24 Aprile 2017 in Mezzogiorno di Fuoco

Mezzogiorno di fuoco è un western inusuale.
Vengono infatti abbandonate le valli polverose con gli immensi cieli cerulei che soprastanno alle distese di terra.
Il film è interamente girato in una piccola e modesta cittadina, aprendosi col matrimonio dello sceriffo (Gary Cooper) e la sua sposa quacchera (Grace Kelly); tale unione porterà a deporre il distintivo, per una vita tranquilla e serena con la sua compagna. I piani però cambiano, nel momento in cui figurano dei loschi individui in città che preannunciano l’arrivo di Frank Miller, bandito arrestato dallo sceriffo, rilasciato dalla legge ed in cerca di vendetta.
In questa sua interpretazione, Gary Cooper impersona un uomo che ha a cuore la causa, e decide di sbrigare quest’ultima faccenda con coraggio e dignità, laddove poteva anche lavarsene le mani.
Come dicevano, è un western inusuale, non solo per lo scenario ma anche per l’impostazione. Mezzogiorno di fuoco è un crescendo di pathos e tensione, in una lotta contro il tempo scandita da un orologio che fa correre le lancette, in una ripresa che è praticamente in tempo reale.
Lo sceriffo chiederà aiuto nella cittadina ma tutti gli volteranno le spalle, rivelando la natura rancorosa e intrisa di retorica degli abitanti che, pur trattandosi della loro comunità, tirano in ballo questioni politiche, burocratiche, favoreggiamenti, simpatie e timori.
Anche la moglie, poco dopo il giuramento di eterno amore, sembra abbandonare il marito in quella che potrebbe essere la sua ultima battaglia. Fortunatamente però, Grace si riprende nel finale.
Gli unici a fornire il proprio aiuto sono un ubriacone ed un ragazzino in cerca di gloria, dimostrando, a chiunque si è fatto scudo con le parole, chi realmente sostiene i valori e ha a cuore la causa, indipendentemente dall’età, l’esperienza e il proprio status.
Anche la durata del film è inusuale: appena 80 minuti, in cui l’azione, attesa con ansia, si consuma in una sparatoria tra le vie abbandonate della cittadina in cui lo sceriffo combatte la sua guerra da solo.
Alla fine, il gesto simbolico di gettare in terra la stella da sceriffo, stizzito, per una città che lo ha lasciato solo, dopo anni di onorato servizio nel difenderla, anche in quest’ultima regolazione dei conti che non gli era dovuta, è un messaggio davvero forte, per un’epica conclusione.
Una pellicola che smonta il perbenismo della comunità mostrata negli altri western di John Ford, in cui le piccole città di frontiera crescevano e si sostenevano; qui invece, ognuno pensa a sé e ai propri interessi, ignorando la richiesta di un uomo pronto a difenderli.
Un epico Gary Cooper, col volto costantemente in tensione, esprimendo disappunto e sconforto d’innanzi la riluttanza di chi ha protetto fino ad allora; ma mai si abbatte o si da per sconfitto, dimostrandosi risoluto, tramite le emozioni di un uomo abbandonato nel momento del bisogno.

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Verrà il giorno, divampante come una fornace / 17 Ottobre 2014 in Mezzogiorno di Fuoco

Il vero protagonista è il tempo, scandito da un orologio a pendolo, che inesorabilmente ci conduce verso il “mezzogiorno di fuoco” in un crescendo di tensione.
Il bianco e nero di Floyd Crosby è luminoso, accende i contrasti quasi a sottolineare lo zenit solare.
E poi c’è l’espressione tesa di Gary Cooper, con la sua mitica riga in parte, gli occhi inquieti e profondi, i solchi lungo le guance e il labbro inferiore leggermente sporgente; quel viso è una vera icona del cinema sulla quale giustamente si sofferma la cinepresa di Zinnemann, una scultura michelangiolesca.
Tutti gli altri – vili, indifferenti o impotenti al dramma dello sceriffo – sfigurano davanti al personaggio gigantesco e umano di Cooper; dal “giovincello col distintivo” Lloyd Bridges alla sensuale Jurado, fino alla principesca Grace Kelly che pur si rivaluta nel finale, sono tutti piccoli satelliti attorno alla grande stella.
Immortale la colonna sonora, con quelle percussioni stantuffanti e quel riff cantabile.

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