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Ave, Cesare!

/ 20166.4275 voti

Il voto sarebbe un 6.5 / 3 Gennaio 2019 in Ave, Cesare!

Discreto ritratto del mondo hollywoodiano ma dai Coen mi aspettavo qualcosa in più.
Il film si concentra su Eddie Mannix (Josh Brolin), una sorta di Mr. Wolf (il risolvi problemi di Pulp Fiction) del mondo Hollywoodiano degli anni ’50.
La star, Baird Whitlock (George Clooney), di un colossal ambientato nell’Antica Roma viene rapita da un gruppo di sceneggiatori comunisti. Due giornaliste scandalistiche (Tilda Swinton interpreta le due gemelle) tormentano Mannix alla ricerca di qualche gossip; inoltre Eddie è anche tentato da un’offerta di un altro posto di lavoro.
Nel film troviamo anche Hobie Doyle (Alden Ehrenreich), star del film western, che spostato in un film impegnato diretto da Laurence Laurentz (Ralph Fiennes) mostra le sue dubbie qualità recitative.
Inoltre una nota attrice di spettacoli acquatici (penso ispirata a Esther Williams), DeeAnna Moran (Scarlett Johansson) è incinta e nubile; Mannix deve quindi trovarle un marito per zittire il possibile scandalo.
Tante vicende parallele, in cui Mannix la fa da padrone; alcune interessanti e divertenti (vedi i problemi di recitazione di Hobie Doyle), alcuni più noiosi (il rapimento dei comunisti). Alcuni personaggi hanno poco spazio, come ad esempio il ballerino Burt Gurney interpretato da Channing Tatum.
Grande cast, cito anche Christopher Lambert, Dolph Lundgren ma soprattutto Jonah Hill (il jolly degli studios per coprire gli scandali). Ovviamente c’è anche Frances McDormand che avevo appena visto in “Tre manifesti…” ed ho fatto fatica a riconoscere nei panni dell’addetta alla pellicola. Inoltre Alison Pill è la moglie di Mannix.

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Non male / 7 Dicembre 2017 in Ave, Cesare!

Per fortuna non è stato troppo orribile.

Grande regia al servizio di un film scialbo / 16 Settembre 2017 in Ave, Cesare!

“Ave, Cesare!” è una commedia che omaggia il cinema, pur allo stesso tempo ridendone. E con un sottotesto “cristologico” a rendere più saporito il tutto.
Una commedia gradevole, che non fa ridere a crepapelle, ma sorridere per tutto il film sì; e girata con grandissima maestria dai Coen.

Sì, però è anche un film scialbissimo. Onestamente, mi sembra uno spreco di messa in scena. Tutte le storyline si risolvono in maniera banale e sciatta, alcune scene sembrano davvero fini a sè stesse, giusto per fare minutaggio, ed in generale mi sembra che ci sia stata tanta pigrizia nello scrivere la storia.
E’ un peccato, perché si poteva davvero tirare fuori un grandissimo film.

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24 Febbraio 2017 in Ave, Cesare!

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Divertente e divertito omaggio dei fratelli Coen alla Hollywood degli anni cinquanta.
Girato con la loro solita bravura e conoscenza degli stili dei vari generi cinematografici con cui si cimentano.
Da ricordare: la riunione del protagonista con un pastore, un prete cattolico, uno ortodosso e un rabbino per assicurarsi che il film su Cristo non offenda nessuna confessione; la comparsa di un sommergibile sovietico al largo della California; il summit di sceneggiatori comunisti, parodia, più che rappresentazione, di come li immaginavano i seguaci del senatore McCarthy al tempo della caccia alle streghe.
Non la loro opera migliore, ma ce ne fossero di “film minori” così…

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Grandi Coen come sempre / 10 Novembre 2016 in Ave, Cesare!

Nei primi anni ’50, in una major di Hollywood, c’è Eddie Mannix (Josh Brolin) che di mestiere fa il “fixer”: deve in pratica risolvere i problemi provocati o che capitano alle star. Viviamo un giorno e poco più nella sua vita: il grosso guaio capita quando Baird Whitlock (George Clooney), protagonista del kolossal chiamato appunto “Ave, Cesare”, viene rapito da un gruppo di comunisti. Inoltre deve cercare di convincere una star (Scarlett Johansson) a sposarsi per la convenienza della sua immagine, e deve trasferire un’attore decisamente popolare nei film western ma incapace di recitare (Alden Ehrenreich) sul set di un film di tutt’altra caratura, diretto da un regista importante (Ralph Fiennes) che presto perderà la pazienza. Il bello di questo film è come le storie si intreccino tra di loro e portino verso la vicenda principale. Come sempre i Coen hanno fatto un ottimo lavoro, magari non sarà favoloso come il Grande Lebowski, ma anche questo titolo ha eccome il suo perché, sia in fatto di commedia, che per il tributo che i Coen vogliono pagare all’ultimo periodo d’oro di Hollywood. Anche il cast ricco di personaggi importanti (oltre a quelli nominati ci sono Tilda Swinton, Channing Tatum, Dolph Lundgren, Jonah Hill, Frances McDormand) è un altro bel punto a favore. Assolutamente consigliato.

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La frutta sul cervello / 9 Agosto 2016 in Ave, Cesare!

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

C’è a Hollywood negli anni ‘50 questo tipo che di mestiere fa il Wolf, risolve i problemi causati dalle star nel nome del system. E non dorme mai e ha un sacco da fare, perché gli attori son scemi/pessimi/viziati, e si ficcano sempre nei casini. Per cui Eddie Mannix veleggia, di set in set, districando fili e storie. Un periodo in cui gli studios avevano codificato procedure produttive rigide, dove tutto, sia quel che finisce al cinema sia le vite di chi del mondo del cinema è parte, rientra in piani disegnati a tavolino. Un attore protagonista, Clooney vestito da centurione romano in un film sulla passione di JC, sparisce, ed è la trama principale tra altre tante. Stralunati e surreali si muovono i personaggi, ed è un’esagerazione ma forse neanche troppo, di cui Eddie tira e tiene le fila, tra una confessione e un colloquio di lavoro con chi vorrebbe fargli fare un altro lavoro ma sticazzi, abbandonare il dorato verofinto mondo del cinema?
Molto simpatica una mia amica, che l’ha spoilerato dicendo: “Ah ma questo non è spoiler, però Clooney rapito dai comunisti mi ha fatto ridere un casino”. Ma bloody hell. L’UNICA-STRACAZZO-DI-COSA-CHE-SUCCCEDA! Vabbè, ho rinunciato a farglielo notare. Conato di amore verso il cinema dei Coen, che già avevano metacinemato con Barton Fink (piaciuto solo a me, o almeno conservo questa impressione) e qui godono, letteralmente, a fare la rassegna di generi di quegli anni lì, il western, la commedia sofisticata, un musical bellissimo coi marinai semigai, i colossal con le legioni romane and so on. Insieme gode il pubblico, poi certo, se hai un’idea del perché ci fossero delle tizie che facevano coreografie in acqua (o di chi fosse Esther Williams), o del perché quell’altra tizia avesse della frutta sul cappello, godi molto di più. Scomoderei il termine delizioso, ecco.

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si salva solo il cast / 21 Luglio 2016 in Ave, Cesare!

da premettere che non sono un fan dei coen,ma questo film è una gran delusione.Noioso e con una trama scadente fin dal primo minuto..dopo un oretta ci ho rinunciato..si salva solo il cast..del resto invece è uno dei film più noiosi che abbia mai visto,sconsigliatissimo

Meh… / 14 Luglio 2016 in Ave, Cesare!

Nella Hollywood degli anni 50 gli studios la fanno da padrona, creando un nuovo immaginario per gli Americani e per gli abitanti di tutto il mondo. Partiamo da questa ambientazione nota e vista fin troppo spesso, per arrivare ad un intreccio alla Coen, dove alcuni Comunisti, riunitisi, rapiscono l’attore più famoso e pagato di Hollywood, sebbene costruito a tavolino come tutti gli altri, dalla A alla Z, dal nome, ai vestiti, ai matrimoni, ai figli, e chiedono agli Studios un grosso riscatto per finanziare una sorta di rivoluzione.
Più che per la rivoluzione il riscatto sarà una sorta di pagamento poiché, prima che comunisti, questi rapitori erano scrittori di importanti opere hollywoodiane per le quali non hanno mai visto un soldo. E si vede così come l’ideale di combattere il capitalismo non sia altro che una sorta di scusa morale ed etica per guadagnarci ciò che avevano perduto ingiustamente.
Al di là della trama il film è lento, succedono molte cose che non sono riuscito a collocare bene, non si ride alle battute (sempre che ve ne fossero) e non si rimane particolarmente coinvolti nelle vicende, forse troppo spezzettate visto che oltre a quella del rapimento, vi sono anche altre storie, più brevi, inserite da intermezzo che parlano di altri attori/attrici di Hollywood che hanno a che fare con problemi certo meno seri che non quello di un rapimento.
Perché “Ave, Cesare!”, perché George Clooney, che sarebbe l’attore rapito, stava girando sul set un film storico su Gesù dal punto di vista dei Romani, proprio con questo titolo.
Purtroppo ci ho visto poco i Coen in quest’opera, e conoscendoli mi aspettavo di più, è forse solo questo il problema.

Consigliato a: Per completismo e per rispetto, va comunque visto. Non è un film da buttare, è solo che quando ci sono certi nomi uno si aspetta di più. Un film da vedere quando si vuole e con chi si vuole, non richiede nessun impegno particolare, basta che non vi addormentiate sul divano.

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Tanto rumore per nulla / 25 Maggio 2016 in Ave, Cesare!

Questa volta i fratelli Coen hanno toppato.
Ambientato negli anni ’50, Eddie Mannix è un agente che salva le reputazioni dei personaggi famosi…
Avvengono delle cose curiose ma poi neanche tanto azzeccate.
Mi aspettavo decisamente di più da questo ultimo lavoro dai fratelli. Hanno in passato espresso molto più che questo “Ave, Cesare!” che alla fine non lascia molto… anzi… NIENTE!
Direi che si può senza problemi farne a meno.
Ad maiora!

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Un Piccolo Inno al Cinema / 13 Maggio 2016 in Ave, Cesare!

Leggero divertissement girato con la mano sinistra, ma da chi se lo può permettere, cinema nel cinema con gusto e maniera che intrattiene senza troppi problemi un certo tipo di pubblico.

Ave, Fratelli Coen! / 24 Marzo 2016 in Ave, Cesare!

Ave al cast spumeggiante che vive in questa ennesima riuscita opera di quest’anno! I Fratelli Coen li apprezzano in tanti e si fanno apprezzare da molti ancora, le star vogliono prendere parte al loro cinema, essendo le figure di spicco meno conformiste e alquanto bizzarre nello sfondo di una Los Angeles che è cambiata poco: Gli attori ubriaconi, i registi avidi, i produttori rompip***e, le star ignoranti e quelle che pensano soltanto a loro stessi. La loro tecnica risale alle altre opere ineguagliabili, non viste tutte da me, ma curioso di scoprire ancora di più questi due soggetti di stesso sangue e stesse idee… Clooney riconferma esagerata, Tatum si avvicina all’albo di Hollywood e Brolin protagonista di spessore. Non il migliore dell’anno, non ti tiene del tutto incollato allo schermo di una sala, ma ti fa salire la passione, per gli appassionati, delle mejor del mondo statunitense!

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I Coen che deludono?! / 17 Marzo 2016 in Ave, Cesare!

L’ultima fatica dei Coen è un film confusionario: ricco di star, che però appaiono per pochi minuti nella scena, per poi scomparire (quasi come fossero semplici camei), come Jonah Hill o Francis McDormand.
La storia l’ho trovata inconcludente, dispersiva. I personaggi si muovono, agiscono ma non si sa bene dove vogliono andare a parare. In generale, non ho capito a pieno il senso generale di questo Ave, Cesare! Sicuramente è uno dei film più politici dei Coen, anche se pure questo aspetto nel film viene trattato in maniera caotica.
Comunque rimane un film girato e interpretato in maniera eccellente. I registi hanno voluto, soprattutto, omaggiare un certo tipo di cinema, quello degli anni cinquanta, a cui loro sono sempre rimasti attaccati.
Tra le scene memorabili ricordiamo quella tra il produttore Mannix e i vari religiosi nella stanza e il dialogo tra il regista interpretato da un ottimo Ralph Fiennes e l’attore interpretato da Alden Ehrenreich, fantastici.
Un film che mi ha deluso, forse perché lo attendevo da tanto tempo e non mi aspettavo un prodotto del genere da registi che amo così tanto (e che continuerò ad amare).

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Atto di Fede / 16 Marzo 2016 in Ave, Cesare!

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Questo film dei Coen è la rappresentazione di un Atto di Fede (e, per estensione, di fedeltà) nei confronti dello strumento cinematografico: vuoi tu credere, vivere e morire per il Cinema, accettandone compromessi, follie, ipocrisie, divertimenti, sfide, senza mettere in discussione alcuna delle sue assurde peculiarità? Dì, lo voglio, o esci da questa sala.

I Coen chiedono questo sia a Mannix che allo spettatore: è emblematico che il personaggio (ben) interpretato da Brolin sovrapponga alla Fede religiosa quella per la Settima Arte, ispirato, nel confessionale, dalla frase del prete: “Dio vuole che tu faccia la cosa giusta”.
Altrettanto significativo è il fatto che sia la parola “fede” a sfuggire al consumato attore interpretato da Clooney: egli, sbarellato da richiami tentatori, sta per smarrire il ricordo della tacita promessa fatta quando è assurto al ruolo di star che nasce e vive grazie alla fagocitante macchina dell’esposizione cinematografica. Due schiaffoni ben assestati lo puniscono fisicamente, ma la prova del fuoco è quella sul set: l’attore ha smarrito la Fede, non la trova più nella sua anima, è distratto, non può ricordare quel termine preciso, perché non gli appartiene più e chissà se mai lo farà ancora suo.

Chiaramente, Ave, Cesare! è un omaggio dei Coen ad un mondo che gli appartiene e a cui appartengono, un atto d’amore per la macchina dei sogni con cui sono cresciuti e che, negli ultimi 30 anni, è cresciuta anche grazie a loro: della Hollywood delle grandi produzioni di metà Novecento, i due mettono in scena con dovizia di divertiti particolari la magnificenza e le bassezze, la grande professionalità e l’improvvisazione mediocre.
Purtroppo, l’operazione complessiva incide meno di quel che potrebbe e confesso che, a distanza di diversi giorni dalla visione del film, non mi è ancora del tutto chiaro il perché.
C’è qualcosa di poco convincente, in fondo. C’è la sensazione, forse, che si tratti di un’operazione cinematografica troppo fine a se stessa, una messinscena che svela segreti di Pulcinella con un’ironia a tratti troppo artificiosa (vedi, il congresso domestico tra filocomunisti e la partenza di Channing Tatum).

Se, effettivamente, con questo lavoro si chiede allo spettatore di dimostrare la propria affezione spassionata, la cieca obbedienza al mezzo, riconosco -ahimé- di essere un’infedele, incapace di scendere completamente a patti con un lavoro tecnicamente ineccepibile, ma paradossalmente povero di quell’emozione che nasce a cospetto di quel che si dice “un bel film”.

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Scegliere il Cinema / 11 Marzo 2016 in Ave, Cesare!

La sensazione, dopo aver ammirato l’ultima sfuggente inquadratura di Ave, Cesare!, è che si abbia assistito ad uno dei film più leggeri, o intenzionalmente leggiadri, dei fratelli Coen. Senza quella cattiveria ficcante di certi dialoghi, quelle smodate riflessioni filosofiche, quelle irriverenti analisi sull’essere umano, sulla sua mestizia ed inettitudine, o quelle sempre percepibili eversioni e fraintendimenti della realtà, della loro filmografia. Ci lascia interdetti, quindi, ma non di meno di quanto faccia quel mondo cinematografico della Hollywood anni ’50 che il film racconta, in modo tanto completo ed estremamente esauriente. E non di meno, soprattutto, di quanto il film voglia, solo apparentemente, celare.
Si potrebbe vederlo, quindi, quasi come un documentario Ave, Cesare!, se pensiamo a quanto riesca ad entrare e sviscerare sottigliezze, gerarchie, costrutti mentali, logiche di mercato, e di denaro, di quell’industria del cinema; se pensiamo al pragmatismo che i Coen mettono nelle loro tesi, all’apparente materialismo di fondo basato principalmente su istanze e sistemi di profitto.
Abbandonano il gusto della forte narrazione lineare che contraddistingue le loro sceneggiature, e questo personale discorso meta cinematografico si fa slegato, composito, e per lo spettatore a tratti slegante: ma il pregio sta, appunto, nel riuscire a presentare le tante teste di finzione del mostro Cinema, dal western imbellettato, al possente film storico e di costume, passando per il musical alla Gene Kelly, per la commedia dai toni scanzonati e melodrammatici, arrivando anche alle fantasie acquatiche alla Ester Williams; di mostrarci quindi i bei volti, le star, i loro capricci, ma di più: di mostrarci la cartapesta che si cela dietro la finzione, che crea, anzi, la finzione, così come le scenografie, le esigenze di registi macchiettisti, e ancora, i fondali, i costumi, e i soldi che fanno girare tutto il meccanismo generale. All’interno di questo mondo, identificato nella Capitol (major fittizia) erra tra i vari studi, uffici, e camerini, il protagonista principale della vicenda, Eddie Mannix, il factotum, il fil rouge e collante narrativo del mix imbastito dai Coen, ma anche il collante che tiene in piedi tutta la “baracca” di questo cinema-impresa.
Così il gioco dei Coen pare chiaro, manifestare ciò che si cela dietro la maschera cinema: c’è un cinema che prende a schiaffi le derive idealiste, per tornare con i piedi per terra, nelle sue logiche meschine, ma necessarie, dell’impiego di denaro, quindi del profitto, degli incassi, a discapito di discorsi filosofici o di congetture politiche. Un cinema che non si interroga sulla sua natura, divina o umana, onirica o reale, ma che gli interessa come appare, se è credibile, se regge, se sta in piedi. Che dentro i suoi confini non è importante saper recitare, ma piacere al pubblico, essere desiderati; non conta il personaggio che porti in scena, ma se questo personaggio è coerente con la tua immagine di vita privata. Si spegne così facilmente anche il contenuto di un monologo spiazzante, che lancia un messaggio di novità assoluta, di una filosofia congenita e totalizzante, di una profondità così vasta da coprire ogni vuoto esistenziale, quando manca l’ultima parola, “Fede”, e tutto si rivela, ancora una volta, finzione.
Il quadro appare spietato, nichilista, e anche quella che dovrebbe essere la vera funzione del cinema, viene spesso palesata in toni sarcastici dalla voce fuori campo del film: di quel “macchina dei sogni” quindi il film dei Coen ci porta, inesorabilmente, a porre l’attenzione su “macchina” quanto invece su “sogni”.
Ma, attenzione, queste non sono sentenze. Sono costatazioni, realistiche, e anche verosimili, perché no, del cinema di oggi, che per tanti aspetti sembra rimasto impantanato a più di 60 anni fa, e che ha divorato (il mostro, appunto) la speranza del proprio futuro. Ma servono a suscitare il contrario di tali tesi, a cercarlo, a desiderarlo, a credere che ci sia, e a testimoniarlo; servono, infine, a stimolare un altro punto di vista, e a porre l’attenzione sulla vera essenza del Cinema. Al centro di Ave, Cesare! non ci sono solo balletti o vuoti dialoghi, scoop giornalistici, o verità nascoste sotto il tappeto, ma c’è una scelta da fare: Mannix (un perfetto Josh Brolin nel ruolo) è tentato dall’offerta di lavoro faraonica della Lockheed, una corporation che effettua test nucleari: e rappresenta il puro, essenziale, ed esclusivo, business. Ecco, allora, che il Cinema viene messo a confronto con la logica del denaro nuda e cruda; viene posto in una delle due diramazioni che seguono un incrocio. Viene messo nella condizione di essere scelto. Il film si apre e si chiude con l’inquadratura di un crocifisso, simbolo cristiano della via più difficile, più faticosa, e dolorosa. Mannix ci fa intendere che la sua vita è più complicata rispetto a quella che potrebbe prospettarglisi. Ma, afflitto dai dubbi, infine la sceglie di nuovo. Sceglie il cinema, poco importa che dietro la maschera si celi tutto quel pragmatico, se non necessario, mondo materialistico. Meglio la bellezza di un fotogramma di un film, che la foto di un fungo di un’esplosione di una bomba all’idrogeno. E scegliere, si sa, significa amare. I Coen amano il cinema, ci chiedono di fare lo stesso, dopo avercelo mostrato essenzialmente umano, e non divino. Non è la via più facile. Ma è la via della salvezza.

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