Più descrittivo che narrativo / 19 Aprile 2011 in Hai paura del buio

Una giovane operaia rumena viene licenziata dalla fabbrica per cui lavora e decide di partire per l’Italia, destinazione Melfi dove dieci anni prima emigrò sua madre di cui non sa più nulla.
Per il suo film di esordio Massimo Coppola sceglie uno stile di racconto molto asciutto, essenziale, con pochi dialoghi, (zero sorrisi) e molti silenzi squarciati, per brevi “interruzioni” dalla musica dei Joy Division. Molte delle scene sono girate con un montaggio minimo, senza campo e controcampo, spesso la macchina da presa segue il personaggio, indugia nei dettagli in un’unica sequenza di ripresa.
Tutto deve sembrare casuale, perché deve sembrare reale ma nulla è casuale. Molta cura è stata riservata ad ogni aspetto della fotografia, ineccepibile: come i silenzi vengono bruscamente interrotti dalla musica, la camera a mano (credo), i primi piani, i dettagli, improvvisamente sono sostituiti dai panorami di Melfi.
Uno modo di raccontare la storia sicuramente lontano dall’essere retorico (il tema poteva essere “pericoloso”) ma che, per me grave mancanza, preclude allo spettatore la possibilità di coinvolgimento emotivo.

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