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In un mondo migliore

/ 20107.373 voti

22 Dicembre 2012 in In un mondo migliore

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

Un film danese (I mean, credo) che ha vinto l’Oscar per il miglior film straniero. Il binario seguito è doppio, da un lato la storia di un medico tipo Medici senza frontiere, che passa il tempo a rattoppare corpi straziati dalla guerra e dalla violenza in Sudan. E dall’altra la ricca Danimarca, con lo stesso medico tornato a casa, dove la storia della famiglia sua e di un’altra sono legate dall’amicizia tra i figli. Elias è sfigato e coll’apparecchio. Christian è appena arrivato in città, gli è morta la madre ed è capace di spaccare la testa a manganellate a chiunque gli si metta davanti. Ha una frangia simpatica e uno sguardo spietato e freddo da killer. I due ovviamente diventano superamici, Christian è il capo e guida l’altro che è un pezzo di pane. La riflessione, direi che qua siam tutti d’accordo, è che la violenza germoglia e cresce dappertutto, nel Darfur dove un capoclan guercio squarcia le donne incinte dopo aver scommesso se è maschio o femmina, così, tanto per vedere chi aveva ragione (e lo stesso dottore pacifista lo curerà ma finirà per abbandonarlo alla rabbia dei suoi nemici), così come nella progredita e ricca Danimarca, dove due bambini di 14 anni si mettono in testa di costruire una bomba per farla pagare a un tizio stupido e cattivo. E inutile è l’affetto dei genitori. Va da sé che il povero Elias quasi ci lascia le penne. Ah, i film danesi! Sembra sempre che violenza e tragedia siano lì lì per affiorare dall’acqua, che qualcuno stia per cadere su di un coltello affilato, o giù da un grattacielo, è una tensione continua nel mentre ci si preparara a precipitare.
L’unico difetto, e mi spiace non andare controcorrente ma anche qua siam tutti d’accordo, è il finale. Dove tutto si aggiusta in una maniera schifosamente perfetta, tutto! Ma come, stavano per esplodere l’ira funesta e il sangue fino a un secondo fa!? E adesso? Perché? Secondo me gliel’hanno imposto, all’ottima Susanne Bier, che in realtà sarebbe anche una delle ereditarie del Dogma di Lars Von Trier ecc (non la faccio lunga XD), non si spiega sennò :/

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19 Luglio 2011 in In un mondo migliore

Un film toccante e coinvolgente, un po’ buonista, veicolo di ottimi messaggi.
Benché possa suonare paradossale, senza implicazioni religiose (benché si tratti di un racconto che ricorda molto le parabole di tradizione cristiana), permette di sperare nella possibilità di un ordine migliore delle cose col semplice (mica tanto…) uso del buonsenso e della coerenza personale.
Ci sono figliol prodighi, altre guance porte, piccole resurrezioni, la carità, l’espiazione.
Su tutto, però, troneggiano l’Uomo, il libero arbitrio e la Natura, intesa -questa- sia come insieme di elementi atmosferici (il vento è preponderante) e mondi organici ed inorganici (insetti e minerali, legno e polvere pirica), sia come insieme di passioni umane: ad un certo punto, quando il medico scaccia Big Man dal campo, la razionalità nulla può contro lo schifo e l’odio.

Nota: il piccolo psicopatico ricorda molto Anthony Perkins in Psycho. Il che non è molto rassicurante.

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forza e fragilità / 22 Marzo 2011 in In un mondo migliore

Intenso e coinvolgente fin dalla prima inquadratura, l’ultimo film di Susanne Biers (“Non desiderare la donna d’altri” e “Prima del Matrimonio”) racconta la storia di un padre vedovo con figlio alquanto freddo e introverso (forse è meglio psicotico, ma l’attore-ragazzino è davvero inquietante) che incontra un altro ragazzino vittima di bullismo da parte dei grandi della scuola e con una situazione familiare disperata (il padre è un medico missionario in Africa ed i rapporti con la madre sono parecchio difficili). Ognuno dei due si porta dentro una forte dose di problemi e di incomunicabilità (forse un pò caratteristica dei nordici). C’è un padre accusato di debolezza di fronte alla moglie morente e un padre accusato di vigliaccheria di fronte ad un idiota prepotente. Ma la vera forza si nasconde dove sembra più improbabile trovarla. E’ questo che devono imparare i due ragazzi (soprattutto Christian, che sembra più grande, feroce e determinato, am che in realtà è più fragile e ferito).
Il film si svolge lentamente ma in maniera potente, avvinghiandoci e trasportandoci nell’animo dei personaggi. La fotografia, soprattutto dei paesaggi africani, è bellissima.
E’ un film che fa riflettere e lascia pensare.

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