Il futuro è un capretto. / 24 Marzo 2014 in Guernica

Il dipinto Guernica, in realtà, non compare mai nella sua interezza per il tempo che sarebbe sufficiente ad osservarlo: la macchina da presa ne riprende solo alcuni dettagli, drammatici e infernali nella loro singolarità, episodi da incubo di un racconto che, anche nella completezza della tela, scorre per sezioni, in un saliscendi di orrore.
Alcune opere pittoriche e scultoree realizzate da Picasso tra il 1902 e il 1949 costituiscono il corollario alla narrazione in forma di prosa poetica, scritta da Paul Éluard, dei fatti di Guernica, città spagnola bombardata dai nazifascisti nel ’37: i civili (le vittime furono più di duemila) hanno l’aspetto dei circensi e degli arlecchini dipinti all’inizio del Novecento; il dolore e l’insensatezza della guerra sono annunciati dalle tauromachie e dei cavalli isterici tratteggiati qualche tempo più tardi, dagli esperimenti polimaterici protocubisti comuni anche a Braque; il silenzio della morte e, contemporaneamente, il senso della speranza si manifestano attraverso l’argilla e i materiali di recupero usati nelle sculture.
In questo senso, ho trovato curioso che il concetto di rinascita venga affidato ad una statua in bronzo, raffigurante un uomo che reca in braccio un capretto: sul suo viso non sembra albergare alcun sentimento, nessuna emozione, eppure il suo avanzare verso il pubblico, tenendo in mano l’animale vivo, è stato assunto da Resnais a pieno simbolo di vita.

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