Dickens by Lean / 16 Giugno 2016 in Grandi speranze

Dopo l’esperienza con Noel Coward, conclusasi con il successo (più di critica che di pubblico) di Breve incontro, Lean cambia totalmente registro tuffandosi nelle trasposizioni cinematografiche di un Autore popolarissimo (soprattutto in Inghilterra) come Dickens. In questo ambito, il Grandi speranze del 1946 è considerato uno dei film meglio riusciti di sempre.
Questa volta il produttore (e co-sceneggiatore) è Ronald Neame, che aveva già collaborato con Lean da direttore della fotografia e sceneggiatore e che si apprestava anch’egli a diventare regista.
Una virata decisa, quella di Lean, dal realismo di Breve incontro al cinema letterario classico, che tuttavia riscuote ampi successi, in un filone, quello delle trasposizioni dickensiane, che fino a quel momento non aveva dato grandi risultati.
Il protagonista da adulto (ventenne) è interpretato dal quasi quarantenne John Mills, ma il collegamento tra la scena in cui Pip è adolescente (14 anni) e quella in cui viene mostrato sei anni dopo è gestito benissimo, grazie ad un trucco eccellente.
Grandi speranze rappresenta l’esordio sul grande schermo (dopo una intensa esperienza teatrale) di un mostro sacro della recitazione inglese come Alec Guinness, che inaugurerà una lunga collaborazione con Lean.
Guinness interpreta Herbert, l’amico di Pip (ruolo già ricoperto a teatro), e seguirà il regista già nel successivo Le avventure di Oliver Twist (la seconda trasposizione consecutiva da Dickens, che non ebbe però analogo successo).
Degna di nota è la fotografia in bianco e nero di Guy Green (premiata con l’oscar, insieme alla scenografia), che a tratti sembra quasi voler strafare con le ombre e i chiaroscuri, richiamando suggestioni espressionistiche ma donando piacevoli effetti fiabeschi.
La sequenza finale in cui Pip libera Estella (strappando le tende e spalancando le finestre) da una segregazione che voleva autoimporsi, emulando la sua vecchia padrona – scena già di suo significativa -, è ancor più pregna di significato considerando il momento storico in cui arriva il film: la fine della seconda guerra mondiale che aveva comportato per gli inglesi il terrore dei bombardamenti e la continua fuga nei rifugi antiaerei. Un invito a tornare alla normalità, dunque, non solo per la giovane Estella.

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