Recensione su Gravity

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14 Ottobre 2013

La cura del dettaglio è cosa rara oggigiorno. Tanto più preziosa è quando l’ambizione del progetto è a livelli alti, altissimi. Così un’idea concretizza portandosi dietro miriadi di problemi risolti, scelte e misure. Gravity è l’ascolto di un mondo alle porte del nostro, silenziato dal vuoto e nel vuoto, un’attenzione assoluta dell’uomo nello spazio. E ancora, non si tratta di un opera usufruibile, ma piuttosto fruibile, e chiama lo spettatore a porsi le stesse domande, ad ascoltare altrettanto intensamente di quanto abbia fatto il regista. E’ un viaggio piuttosto che una meta, una scoperta piuttosto che un’invenzione. La suspense è altissima, il rischio di morire per il minimo errore rende il tutto altamente ansiogeno.
Il reparto tecnico è a livelli insuperati, qualsiasi movimento è celebrato nella sua complessità e reso con stupefacente abilità. Sceneggiatura ricca, densa e colta. Regia che danza quasi nella totalità di lunghi piani sequenza, vaga, come una telecamera fluttuante nello spazio, tra entusiasmanti soggettive e panoramiche mozzafiato.

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