Gone Baby Gone

10 anni fa un attore a mio parere non esattamente fantastico, ovvero Ben Affleck, confeziona un film (il primo dei tanti) veramente fantastico, tratto dal romanzo di Dennis Lehane. Siamo a Boston. In un quartiere malfamato viene rapita la piccola Amanda McCready. Il protagonista della storia è Patrick Kenzie (il fratello di Ben, Casey Affleck), un investigatore privato che lavora con la sua fidanzata, Angie Gennaro (Michelle Monaghan) e viene contattato dagli zii della piccola. Inizialmente dubbiosi, i due alla fine accettano, rendendosi subito conto della difficoltà della situazione: la madre della bambina, Helene (Amy Ryan) è chiaramente strafatta e sembra nutrire ben poco dispiacere per la sparizione della figlia. Presto verranno fuori dei giri loschi nei quali è coinvolta, e i due si troveranno a collaborare con due detective della polizia, O’Malley ma soprattutto Bressant (Ed Harris), con il capo della polizia (Morgan Freeman) che guarda dubbioso al lavoro dei due. Il resto della storia è bene scoprirlo personalmente, con Affleck che è stato capace di creare qualcosa di veramente straordinario, rendendo al massimo l’ambientazione della Boston malfamata, riuscendo a creare tensione, proponendo personaggi ben pensati e rendendo il tutto estremamente credibile. Il film oltretutto, così come il libro, ha il pregio di non limitarsi a raccontare una storia, ma anche a porsi delle domande su quanto avviene. Davvero ottimo, non c’è altro da aggiungere, un debutto formidabile.

Dennis Lehane è il mio scrittore preferito, ma lui non lo sa.
Oddio, a pensarci bene, nemmeno io. Ho letto solo Shutter Island, da cui hanno poi tratto il film con Di Caprio. Ma è anche l’autore di Mystic River e, appunto, di Gone Baby Gone (ovviamente parlo dei libri che hanno ispirato i film).
In una Boston che mi è sembrata familiare (nelle inquadrature dall’alto sembrava potesse uscire Sean Penn da un momento all’altro) il fratello di Ben Affleck prova ad investigare sulla sparizione di una bimba di 3 anni che all’improvviso diventano 4.
Bel film, leggermente lungo e lento, ma ben realizzato (anche se prevedibile).

L’unico reclamo che mi sento di fare è a Casey Affleck, che in due ore di film non sfiora nemmeno Michelle Monaghan. Ma si può?!

Di fronte ad un bivio scegliere di fare la cosa giusta spesso ti fa deragliare e spesso la giustizia non paga.
Patrick Kenzie è un giovane investigatore con tante conoscenze del passato e tramite queste cerca di aiutare la Polizia nella ricerca di una bimba di 4 anni scomparsa. La richiesta viene da parte degli zii della piccola e da qui iniziano a uscire e venir fuori storie incredibili fino alla fine dove sarà costretto ad una scelta che lo metterà seriamente alla prova.
Intenso e ben fatto, direi sicuramente riuscito nell’intento di sconvolgere lo spettatore fino al fatidico The End.
Ma avrà fatto la scelta giusta?
E’ una domanda che purtroppo mette di fronte la coscienza, la giustizia, la moralità, la responsabilità… Tante situazione che logorano e ti fanno perdere la testa.
Sarebbe un 7,5 ma 8 direi che è troppo.
Comunque mi è piaciuto.
Ad maiora!

Credo che Affleck, qui alla sola regia, apprezzi il cinema di Clint Eastwood (e credo siano pochi quelli che non lo fanno 😀 ).

Questo suo lavoro, per esempio, ricorda molto i temi di Mystic River (il personaggio di Casey Affleck è fortemente inserito nel tessuto sociale in cui deve operare, come quello di Kevin Bacon) e la struttura narrativa di Changeling (la storia si articola intorno ad un evento, poi lo accantona, ritornandovi sopra in seguito ad un fatto correlato e, guarda caso, si tratta sempre di vicende che hanno per protagonisti dei bambini).
Ok, ok, ok: Changeling è posteriore a questa pellicola, tant’è non sono riuscita ad evitare di pensarvi e di dirvelo 😀

Miei sproloqui a parte, la storia mi è piaciuta fino ad un certo punto: il finale eccessivamente lungo ed il comportamento ultimo del protagonista mi hanno tolto tutto il piacere della visione.
Nei giorni scorsi, ho visto Piovono pietre di Ken Loach: entrambe le pellicole parlano, in ultima istanza, di coscienza, senso della giustizia, rapporto con il peccato e della famosa “cosa giusta da fare”. Mentre nel film di Loach il senso della realtà ha (per fortuna) il sopravvento, qui la rettitudine estrema fa grossi danni e lascia un pessimo sapore in bocca.

Bravo Ed Harris, è difficile che mi deluda (finora, c’è riuscito solo in The Hours), sempre così roccioso e limpido.

Un piacevole sorpresa, soprattutto se pensiamo che a dirigerlo è quel pessimo attore di Ben Affleck, che evidentemente come regista è più dotato.
Film sicuramente imperfetto, non del tutto riuscito, ma che emoziona e coinvolge, crudo e vero, tanto da essere un vero pugno nello stomaco per tematiche e ambientazione.
Forse la seconda parte un po’ troppo inverosimile e lunga, ma nel complesso il film merita la visione, anche per l’ottima interpretazione di Casey Affleck e la buona performance di Amy Ryan.