Recensione su Gli uomini d'oro

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Incerto, ma si lascia guardare / 2 Luglio 2020 in Gli uomini d'oro

Gli uomini d’oro, seconda regia di un lungometraggio per Vincenzo Alfieri, dopo I peggiori (2017), si ispira a un fatto di cronaca realmente avvenuto a Torino, nel 1996.
Alfieri e gli altri co-sceneggiatori hanno mantenuto intatta la location, il capoluogo piemontese, e lo schema principale: due impiegati delle Poste e un baby pensionato dello stesso ente, aiutati da un barista, decidono di fare il colpaccio, sottraendo furbescamente l’ingente quantità di denaro raccolta da varie filiali cittadine nel corso di una giornata lavorativa.

Quello di Alfieri, quindi, è un racconto criminale con qualche sprazzo di black comedy legato soprattutto ai personaggi di Luigi (Giampaolo Morelli) e Luciano (Giuseppe Ragone), colmo di citazioni cinematografiche.
Sfruttando una narrazione “a più punti di vista”, sulla scia (anche di genere) di Kubrick (Rapina a mano armata, 1956) e Tarantino (con tanto di contenitore con tesoro luminoso ri-mutuato da Un bacio e una pistola di Robert Aldrich, 1956), Alfieri gioca la carta del noir all’italiana con qualche virtuosismo tecnico (soprattutto, riprese dall’alto, oltre a qualche effetto digitale di ispirazione grafica, come l’auto che, inoltrandosi in una zona boscosa, finisce tra i capelli della fidanzata del Lupo).
Il risultato è incerto, ma non del tutto esecrabile.
Mi permetto di sottolineare alcune cose che non mi sono proprio piaciute:
– il personaggio di Zago (Fabio De Luigi) è pieno di vacue esagerazioni e De Luigi non mi è sembrato del tutto in parte, desideroso di interpretare, per una volta, un ruolo lontano dai suoi soliti;
– gran parte dei dialoghi di Morelli, pronunciati con forte accento napoletano, non sono comprensibili;
– il sarto strozzino interpretato da Gianmarco Tognazzi è un villain narrativamente impalpabile.

Prima del film di Alfieri, il fattaccio criminale in questione è stato raccontato in un altro film, Qui non è il paradiso (2000) di Gianluca Maria Tavarelli, in un libro (“Il colpo degli uomini d’oro. Il furto del secolo alle Poste di Torino” di Bruno Gambarotta, 2018) e in una puntata del 1998 di “Mistero in blu” di Carlo Lucarelli.

2 commenti

  1. Alicia / 25 Agosto 2020

    Appena ho visto il film ho pensato che questo regista, tra l’altro molto giovane, è da tenere d’occhio perché ha del talento. Il film soffre un po’ il basso budget secondo me, sarei curiosa di vederlo all’opera senza restrizioni di questo tipo. Anche io ho trovato il personaggio di Tognazzi è un po’ forzato, fortunatamente lui è uno degli attori più bravi nel panorama italiano ed è riuscito a interpretarlo alla grande come suo solito. Comunque ottima recensione.

    • Stefania / 31 Agosto 2020

      @alicia: nel complesso, credo di non aver apprezzato il casting. Tolto Morelli (che è un po’ il protagonista della linea comica, diciamo), Tognazzi e, soprattutto, De Luigi mi sono sembrati fuori parte. Comunque, sì, aspettiamo altri lavori di Alfieri (per la cronaca, per ora, non risulta che stia lavorando a un nuovo film).

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