10 Recensioni su

Fury

/ 20146.8283 voti

Un film da vedere e rivedere / 7 Aprile 2019 in Fury

Non capisco perchè abbia un voto così basso. Degustibus, a me è piaciuto molto, una storia che narra le vicende di una squadra di carristi americani alla vigilia della fine della 2 guerra mondiale. I nazisti avevano i carri armati più potenti di quelli americani e per quest’ultimi la vita non era facile. Una storia toccante e davvero ben raccontata che secondo me è sottovalutata da molti critici di cinema.

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Bello bello! 7,5 / 9 Gennaio 2017 in Fury

Non amo particolarmente ifilm di guerra, ma alla fine ce l’ho fatta a vederlo.
E ne sono rimasto colpito! Non vedevoi un bel film di guerra dai tempi del “Soldato Ryan”. Pitt davvero bravo, proprio il suo ruolo.
Alcune scene davvero belle: tra tutte quella del pranzo a casa delle ragazze (avevo una curiosità di vedere cosa sarebbe accaduto…), o verso la fine, col carro armato bloccato sulla strada da dove arrivavano i tedeschi.
Merita davvero, ben fatto: 7.5

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Sorpresa / 25 Aprile 2016 in Fury

Eh si piacevole sorpresa questo “fury”, partito con zero aspettative il film mi è piaciuto non poco, complice i bei personaggi e un grande brad pitt, mi ha intrattenuto fino alla fine in scioltezza. Molto bello il rapporto che i protagonisti hanno con appunto “fury”, il carroa rmato che considerano come una sorta di casa. Consigliato a chi cerca un bel film sulla seconda guerra mondiale.

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Il voto sarebbe un 7.5 / 1 Marzo 2016 in Fury

Bel film sulla seconda guerra mondiale, all’interno di un carro armato americano.
La guerra sta volgendo alla fine, siamo nell’aprile del 1945, e le forze alleate avanzano nella Germania nazista. L’equipaggio di un carro armato a capo del sergente Collier (Brad Pitt) deve accogliere un nuovo membro della squadra, il giovane Ellison (Logan Lerman). Il film affronta la crudeltà della guerra, con i diversi punti di vista dei veterani del carro (ormai quasi indifferenti agli orrori) e il giovane soldato alle prime armi (è appena da due mesi al fronte ma come dattilografo, quindi più nelle retrovie). Immagini a volte crude, drammatiche con pochi momenti di relax per i carristi; con qualche disaccordo e scontro verbale, l’equipaggio del carro Fury (nome di battaglia) rinsalda il rapporto tra di loro.
Nel resto del cast da citare il cristiano Shia LaBeouf (con insoliti baffi), il messicano Michael Pena e il rude Jon Bernthal nell’equipaggio del carro agli ordini di Brad Pitt.

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Bastardi con la gloria / 25 Gennaio 2016 in Fury

Film glorioso! Appeso allo schermo come le centinaia di tedeschi ammazzati nella pellicola, ti solleva e ti fa riflettere su quello che è “il lavoro più bello al mondo”… Pitt è impressionante, un grande bastardo con la gloria fino al midollo. LaBeouf, Lerman, Pena e Bernthal costruiscono un atmosfera intensa e consistente all’interno della storia. Il tutto accompagnato da una colonna sonora incisiva e da una tecnica non alle prime armi. Uno dei migliori film di guerra degli ultimi vent’anni… Brad continua così e Ayer è nella strada giusta…

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Wardaddy… Grande… / 16 Dicembre 2015 in Fury

Gli orrori della guerra, la totale disumanizzazione dell’uomo. Non si può comparare con nessun animale al mondo. Solo l’uomo può un orrore del genere. E in questo film, l’epilogo della Seconda Guerra Mondiale, di orrori se ne vedono diversi in una interpretazione ottima del bel Brad Pitt e della sua truppa.
Ben fatto, certo… parliamo di un film di guerra e deve piacere il genere ma indubbiamente fatto bene.
“Il lavoro più bello del mondo…” … Discutibile…
Ad maiora!

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Fury, la guerra secondo Ayer / 17 Luglio 2015 in Fury

Sulla seconda guerra mondiale e sui suoi orrori è stato detto di tutto e di più in ambito cinematografico (e non solo). Forse anche per questo motivo è molto facile scadere spesso nella banale retorica e nel ricorso ai cliché del genere.
Il racconto di Ayer, dalla doppia prospettiva atipica (sia perchè il regista americano sceglie un periodo poco trattato come quello degli ultimi giorni del conflitto, sia perchè credo sia il primo che ricordi a narrarlo attraverso il punto di vista dei carristi) in questo frangente, si rivela un racconto oltremodo “onesto”. Di certo non è totalmente assente la voglia di sbandierare un certo eroismo filo-americano, ma il regista è bravo nel proporlo nella misura più dosata possibile.
La storia prende quindi il via, e si dipana anche con una certa naturalezza. In tutto ciò, allo spettatore viene ricordato (perchè comunque non guasta mai ricordarlo) che non è tanto il nemico a rappresentare il male assoluto, ma la guerra stessa e tutto ciò che ne comporta.
Fury non sarà probabilmente l’auspicato film di guerra definitivo e forse non sarà accostato ai vari capisaldi del genere negli anni a venire. Di sicuro, è una pellicola che si può definire, come già detto, un “onesto” e ben realizzato racconto di guerra.

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25 Giugno 2015 in Fury

Ayer compone un’opera ambivalente, carica di fumo e di fango, coraggiosa nel tentativo di approfondire la tematica della guerra, eppure troppo indecisa sul da farsi, e che rischia, in ultima istanza, di apparire la solita autocelebrazione americana.
Eppure, trovo il film di Ayer molto più sincero di quel che sembra. Da una parte il patriottismo è viscerale nei protagonisti; quella spavalderia americana ispessita da soprannomi di guerra degni del miglior gioco bellico – apocalittico; la rudezza del “lascia che si ammazzino tra di loro” quando i corpi mostrati sono quelli dei civili tedeschi che si sono rifiutati di andare in guerra. Dall’altra l’orrore (parlo di horror, non di dramma) della guerra, la sua violenza decisamente troppo veloce, ma soprattutto quell’infatuazione sbocciata velocemente tra la giovane tedesca e il neo arruolato Norman; e ancora nell’anziano tedesco che indica la postazione dei cecchini un secondo prima di venir ammutolito da un colpo alla testa partito dai compatrioti nazisti, per esplodere nel (pre)finale in una scena di inequivocabile relativizzazione della presa di posizione, riportando la questione al livello umano, non più (semmai nel film lo sia mai stata), nazionale.
Sembra, infatti, essere passata inosservata quella scena, nelle battute finali, che permetterà di regalare uno dei soldati alla storia, e di come un gesto muto di un ragazzo forse non ancora iniziato alla guerra (come il Norman di inizio film) o intimamente consapevole del valore della vita umana abbia raso al suolo le ideologie patriottiche. Soprattutto in questo e nei sopracitati passaggi trapela un’idea di guerra più profonda e bipartisan, in un certo senso “universalizzante” che condanna un po’ tutti e un po’ nessuno, mantenendo al tempo stesso chiara la memoria storica giustamente mai sbiadita.

D’altro canto la vera storia indagata è quella all’interno del carro armato “Fury”, del gruppo che lo guida e che lo abita e di come le dinamiche intersoggettive risultino contaminate ma allo stesso tempo costruiscano l’ambiente circostante, l’animalità grezza e arcaica di chi si trova ad uccidere schiere di uomini e sia allo stesso tempo costretto a vedere tutto ciò come giusto, sacrosanto, cristianamente accettabile. Interessante in questo senso il personaggio di Shia LaBeouf, nonostante abbia soltanto l’abbozzo di una personalità e interpreti il cliché del “prete di bordo”, senza riuscire ad arricchire gli sviluppi narrativi. Sono proprio i dialoghi che non riescono a rendere conto di ciò che invece è detto in immagini e azioni. Poveri di stimoli nuovi riescono solamente a costruire quel tipo di pensiero militare che oramai conosciamo a memoria, senza far leva su chiavi di lettura altre o ambiguità che potessero tracciare meglio la relazione vita-morte, umanità-nazionalità, America-Germania. Non si sente il bisogno di tutte quelle cose che invece sono presenti e che tendono a tracciare la solita linea tra giusto e sbagliato: i passi della bibbia citati a memoria; il solito “apprendistato alla violenza”, a dirla tutta troppo repentino e, con estrema facilità, accettato; la ripresa dall’alto perpendicolare al campo di battaglia che, allargandosi, ci mostra l’eroicità del morire per ammazzare (o per resistere) scansando con troppa facilità quel rapporto tra umanità e patriottismo che continuo a sottolineare come sviluppo cardine delle migliori sequenze, e che però rischia di contraddirsi spesso in quella che appare come un’indecisione inconsistentemente ambigua.

“Il mestiere migliore del mondo”, ripetuto più volte da più personaggi del plotone, suona come un rito nevrotico ma non abbastanza da porre la domanda psicologica, spostandosi quindi appunto su quel concetto di fierezza espressa da chi è dietro un’arma ma che ancora una volta è mostrato al cinema superficialmente.
Sul finale una battaglia estenuante, un atto di resistenza e martirio degno di Spielberg (se non fosse per quegli effetti in post-produzione che fanno assomigliare i proiettili sparati più a raggi laser, e quindi cercherebbero quasi un paragone con George Lucas piuttosto che con il regista di “Salvate il soldato Ryan”), con una scena, sul finire della battaglia, che non ci si aspetta di vedere, e che è la concreta messa in scena del pensiero più nobile dell’intero film, l’empatia tra due uomini di opposte fazioni che travalica le ideologie per ristabilire un nuovo ordine tra gli schieramenti.

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16 Giugno 2015 in Fury

Diciamo che il Daily Mail, nel definire Fury “il miglior film di guerra degli ultimi trent’anni”, ha chiaramente preso un abbaglio colossale.
Basterebbe dire che negli ultimi trent’anni sono usciti film di guerra come Full metal Jacket, Platoon, Salvate il soldato Ryan, La sottile linea rossa, Il Pianista (solo per citarne alcuni).
La pellicola non è male, sia chiaro. Un buon film di guerra che si concentra su un aspetto spesso poco considerato: quello degli ultimi giorni che precedono la fine di una guerra, quando, nonostante i giochi sembrino già fatti, la battaglia prosegue, cruda e violenta, e i morti continuano a cadere, da una parte e dall’altra.
Scene cruente e dettagli stomachevoli non si risparmiano, in modo molto verosimile.
Non così verosimili, invece, alcuni punti della sceneggiatura, con certe parti (soprattutto il finale) un po’ forzate e che fanno gridare all’americanata.
Sembra che Ayer, proponendo questo soggetto (sua anche la regia e la sceneggiatura), abbia voluto fondere l’eroismo-pulp tarantiniano di Inglourious Basterds alla rappresentazione verosimile della guerra di Spielberg in Saving Private Ryan.
Per il resto, buona l’interpretazione degli attori (tra cui un Brad Pitt che sembra non invecchiare mai) e la cupa fotografia, adeguata al contesto, di Roman Vasyanov.

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15 Giugno 2015 in Fury

FURY

Il carroarmato.
Una tomba intagliata in tonnellate di ferraglia lurida in movimento.
Il carroarmato.
Una casa con la corazza.

Il carroarmato, la casa del sergente della 2^a Divisione Don “Wardaddy” Collier e il suo commando di uomini composto da: il cannoniere “Bibbia”, il pilota messicano “Gordo” , il caricatore “Coon-Ass” e il verginello Macchina, un dattilografo che si trova nel posto sbagliato al momento sbagliato. Il posto sbagliato è la Germania del ’45, il momento sbagliato è la II Guerra mondiale. È la guerra totale e Hitler ha fatto arruolare donne, uomini, vecchi, bambini.
Don Collier sa bene contro chi sta combattendo: Don Collier ha combattuto assieme ai suoi dal deserto africano alla Normandia. Don Collier per i suoi non è solo un superiore, è una specie di guida, un padre, un amico, uno con cui ne hanno passate tante e tante ne passeranno ancora.
Per cairtà, il dattilografo sa che è in corso la guerra ma è un dattilografo. Non so se mi spiego: è un soldato che è stato nelle retrovie e non è portato alla guerra. All’inizio si rifiuta di uccidere un nazista ma Don lo “svezza”. Fury è senza dubbio un film cattivo fino al midollo, in giro di pochi minuti il personaggio interpretato da Brad Pitt, un personaggio imbevuto di cameratismo, costringe una persona che non ha ricevuto l’addestramento adeguato ad uccidere. Ad uccidere, perché è giusto così.

Possiamo interrogarci per ore su quanto moralmente sia giusta o meno l’azione di Don Collier. È esatto parlare di crudeltà? È esatto parlare o affermare che la vita all’interno del microcosmo rappresentato dal “carroarmato Fury” è più crudele del necessario? Vi risponderò così: se di fronte al risorgere di un nuovo nazismo dovrò mai salire su un ca**o di carroarmato, vorrei almeno che ai miei lati ci fossero uomini del calibro di Don, Bibbia e via dicendo. Altrimenti rifiuterei categoricamente di salire sul carroarmato.

Don Collier non è un idiota, fissato e perverso, nel tentativo di educare il ragazzo alla cruda realtà della guerra, si prende cura di lui come se fosse suo figlio e nell’educarlo commette gli stessi errori che commettono i genitori nell’educare i figli.
Paterno come un John Wayne di noialtri, all’inizio Don lo stressa, lo massacra, eppure piano piano il loro rapporto si fortifica, condividendo una serie di brutte esperienze, iniziano a rispettarsi reciprocamente. Il film non sarà sicuramente La Croce di ferro e David Ayer non avrà la stessa comprensione per il nemico che aveva Peckinpah, ma un paio di scene (in particolare il tedesco che viene asfaltato/trinciato dall’ M4 Sherman) ne richiamano i contenuti. E se è vero che non c’è la comprensione per il nemico (il nazista), c’è la comprensione per il complice (il tedesco).
Ma questa signore e signori è solo una piccola parentesi all’interno di Fury, credo che il film rimarrà parecchio nella mia testolina e in parte è dovuto all’atmosfera che si respira. Fury è un film violento, un film sporco, scuro. Lo spettatore si muove in una Germania distrutta dal conflitto, massacrata nell’anima e nel corpo. Sembra di vivere in un incubo e Fury, quando ci si sofferma sui paesaggi, diventa un quadro in cui prevalgono i toni scuri. Durante le battaglie sembra di finire all’inferno, veniamo circondati dal rosso delle fiamme, veniamo circondati dai nazisti che cantano degli inni infernali e non ci resta che fare il tifo per degli anti-eroi che sparano munizioni contate. Ora, la maggior parte di voi criticherà il fatto che gli spari sembrano delle spade laser ma vorrei farvi notare che non abbiamo visto (fortunatamente) una campale con dei cingolati e anche in un film come Va e vedi, le sparatorie eran così rappresentate. Semmai, se una critica va mossa, va mossa in direzione alla capigliatura di Brad Pitt ma questa è un’altra storia. Fury dimostra che gli Stati Uniti sanno ancora fare ottimi film di guerra. Fury è un film autocelebrativo, è un film sulla Guerra, la Seconda, quella con la G maiuscola.
Quindi? Più passa il tempo più divento anti-americano ma ogni tanto gli concedo il lusso di una modesta quanto sacrosanta autocelebrazione, perché in fondo la II guerra mondiale per gli americani fu una vera e propria crociata, uno scontro fra civiltà, una guerra fra due mondi. Da un lato gli Yankees (che non gassavano certo le persone pur avendo dei campi di prigionia in suolo patrio) assieme ai Sovietici, ai Britannici e al Commonwealth, dall’altro i nazi-fascisti e i nipponici che attuarono una vera e propria epurazione.

DonMax

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