4 Aprile 2013
Michael Haneke rifà se stesso, riadattando il suo Funny Games tedesco in un contesto americano e con attori americani (Watts, Roth e Pitt).
Non ho visto l’originale, e forse è stato un bene, perchè mi ha permesso di godermi la versione U.S. senza fare paragoni o chiedermi il motivo di un remake shot-for-shot. Per di più il film mi è molto piaciuto. C’è il giusto grado di orrore e raccapriccio, di tortura esplicita ma perlopiù implicita e le atmosfere che Haneke crea sono perfette per il clima ansiogeno della vicenda, dove prima di tutto lo spettatore empatizza con la famigliola bella e felice, caduta in un vortice di violenze nonsense, ma subito dopo diviene oggetto dell’ammiccamento in camera di uno degli aguzzini, un bravissimo Michael Pitt, che dichiara di agire per amore di “spettacolo”, amore che in realtà è anche e sopratutto dell’audience.
A tutto ciò si aggiunge un uso moderato ma efficacissimo della musica, un’attenzione certosina al dettaglio e alla costruzione della messa in scena e attori eccellenti. Film crudo e riuscito.

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