Didascalia di una visione sbagliata / 29 Settembre 2017 in French Cancan

Approfitto di questo gran film di Renoir per una piccola nota personale che magari potrà tornar utile a qualcuno. Dunque l’ho noleggiato due sere fa su Chili ed ero talmente stanco che le palpebre mi cascavano, saltavo pezzi di dialoghi finchè a metà l’ho interrotto; l’impressione che mi si era insinuata nel cervello era di un gran tourbillon zeppo di balletti e sketch logori, per cui l’avrei tendenzialmente archiviato così. Rischiavo un grossolano errore; per fortuna ieri sera che ero più sveglio me lo son riguardato tutto e me lo sono goduto pienamente. Ora direte: esticazzi? Sì avete ragione, tuttavia quante volte si rischia di arrivare scarichi davanti a un film, per un gesto di abitudine (della serie: una sera senza film? Giammai!), incappando in un rischio ancor peggiore che è quello di scivolare progressivamente nella “notte del cinefilo” (mi stufa tutto, non trovo niente). E chi ne fa le spese? Il cinema classico. Che un horroretto magari mi teneva sveglio e passava per un gran film.
Vabbè fuori da sto excursus sui rischi dell’ipotalamo, il film di Renoir è un trionfo del colore (che Technicolor! Andrebbe restaurato) e della coreografia, ma ha pure all’interno degli scambi verbali geniali tra i personaggi e un tasso di erotismo mica da ridere considerato l’anno (1946); María Félix, ragazzi che chica de fuego, e quanto era teneramente sensuale Françoise Arnoul. Bellissimi i caratteristi, tra i quali spicca il fantastico Philippe Clay calembourista chançonnier, e una magistrale interpretazione di un invecchiato Jean Gabin. Scenografie e costumi da far impallidire il miglior musical di Hollywood; e io rischiavo di buttare nel dimenticatoio tutto questo per un cuscino troppo mordibo. Bah!

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