ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama
Subito dopo la WWI, in un paesello della Germania piccino picciò, c’è sta tizia, Anna, che piange il fida morto al fronte, da cui il titolo, e vive con di lui gli anziani genitori. Genitori di lui, dico. Sulla tomba compare un tizio uguale ad Adrien Brody da giovane (ma ovviamente con meno naso), e infatti si chiama Adrien (wtf?), un amico di Frantz quando andava a Parigi. Insieme, tutti, rielaborano il lutto, ricordano, alleviano. Lentamente prende Adrien il posto di Frantz in Anna. Ma no, non letteralmente! :/ Però si vede che lui è fragilino, sviene in continuazione, poi boh, è primavera ma fa un bagno nel fiume, fino a un attimo prima stavano in giaccone, paxxo. Comunque, lui tira la bomba e se ne va senza salutare – io mi aspettavo che le dicesse che si ficcava Frantz, ma no. Anche perché sarebbe stato Tom à la ferme. Lo perdonerà Anna? Sì (tra l’altro trova il primo prete ragionevole di tanta filmografia), e va a cercarlo a Parigi. Quel che è incongruo è che entrambi sappiano francese e tedesco, Frantz suonava il violino, Adrien pure, e pure Anna il pianoforte, cheschifoipoveri proprio. Lo ritrova nel suo castello (ecco), lo perdona e controbomba, lui è già fida con una tizia, non me ne si voglia, orribile e anonimissima. Di quelle con il faccino da toporagno. La quale però ovviamente è cantante lirica. Oh ma un ca**o di operatore ecologico, un muratore, qualcosa, un’ultima ruota del carro mai? Come che sia, è un film di ricerca e assenza e sostanzialmente menzogna, e cultura europea. Prima Adrien verso Anna & family, poi viceversa, e a un certo punto persino l’inscalfibile Frantz, la cui immagine negli occhi di chi guarda muta di continuo a seconda dei ricordi affiorati, si scopre che quando andava a Parigi alloggiava in uno splendido hotel di gaudenti bagasse. E poi c’è lo sfondo, tedesco di campagna e cittadino francese, costellato di odio post-bellico – Anna ha un pretendente che si capisce sarà un ottimo nazionalsocialista. Il film è ripreso da un Lubitsch d’antan, il bianco e nero e la virata ai colori è ripreso ormai da tanti, alcuni che ne hanno fatto un uso forse meno banale – Ozon ha ben visto Heimat? Cela dit, sono del parere si debbano sempre dare due spicci ai film di Ozon. Ogni volta è tutto diverso, passa dalle mignotte, ai ragazzini psico a qualsiasi cosa con una semplicità e un impegno, quasi ritenesse riprorevole replicare più volte la stessa cosa.
Comunque alla fine Anna resta in Francia e al Louvre si trova, davanti a un Manet e manco fosse Raffaella, un altro più bello, ma con ancor meno naso, che probabilmente problemi non ha.
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