Coluii che insonne lotta per ascendere noi lo possiam redimere / 22 Gennaio 2012 in Faust
Un pò come “inland Empire”, un pò come “The Tree of Life”, questa è un’opera filosofica che avrebbe bisogno di più di uno sguardo. Non basta una sola volta per capirla a fondo (o forse io avrei bisogno di rivederlo ancora…), tanto è densa di significati e fuggevole.
Innanzitutto da un punto di vista stilistico è sensazionale: la fotografia sgranata, il continuo contrasto tra luce ed ombra, le tinte fosche ed il pastello che Sokourov usa rimandano alla tradizione artistica nord-europea. Mi ha fatto pensare ad alcune opere olandesi, in cui dall’oscuirtà emergono profili più o meno definiti, tratteggiati da colori stinti. La scelta è fantastica e va a braccetto con le origini letterarie dell’opera. Quello che il regista aggiunge è una distorsione continua dell’immagine, in rima con le distorta umanità che va a descrivere e che è protagonista. Scene da medioevo, personaggi brutti, repellenti, come il demonio, descritto in maniera singolare come un essere scevro del fascino della seduzione maligna e carico di un senso di ilarità cinica e di depravazione comica.
L’aspirazione del Faust è il perno di un racconto che è prima di tutto negazionista, nichilista e distruttivo fino a che non arriva a fondere la felicità con la tensione al superamento di sè.
E’ innegabile che la degna conclusione della quadrilogia di Sokourov sia un’opera in cui si concentra la visione letteraria e la filosofia di un regista erudito ed elegante.

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