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Via dalla pazza folla

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Una grande storia / 4 Settembre 2020 in Via dalla pazza folla

La regia impone all’inizio un ritmo accelerato alla storia: il primo atto si sviluppa in buona parte mentre ancora scorrono i titoli d’apertura, e per i primi 20-30 minuti si prova la sgradevole sensazione di un affastellamento di vicende; poi fortunatamente la velocità decresce. Il cast da parte sua tende a marcare un po’ troppo i rispettivi personaggi: Michael Sheen – comunque bravo – ricorre al suo repertorio rinomato di sguardi disperati o da folle, mentre da uno con la faccia di Tom Sturridge / Frank Troy anche una donna molto più avventata di Bathsheba Everdene si terrebbe scrupolosamente alla larga; Matthias Schoenaerts al contrario interpreta l’affidabilità di Gabriel Oak astenendosi da qualsiasi guizzo d’espressione. Ma la prova di Carey Mulligan riscatta qualsiasi deficienza dei suoi colleghi, e unita a una bella ricostruzione d’epoca e una grande storia (qui al quarto adattamento cinematografico) rende il film ampiamente godibile.

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Di Hardy nemmeno l’ombra. / 22 Settembre 2015 in Via dalla pazza folla

Un tentativo di romantica illustrazione del sentimento, della sua fatalità e degli eventi che incorrono nel renderlo inevitabile, che in verità si rivela un quadretto rosa di stampo Harmony: “Via dalla pazza folla”, terzo e poco riuscito adattamento per il grande schermo del primo successo letterario di Thomas Hardy, potrebbe essere riassunto così. E quasi non si riconosce quella regia di polso di Thomas Vinterberg, che tutti ricorderemo grazie alla nomination all’Oscar nel 2012 per “Il sospetto” che, pur essendo un film di genere molto differente, aveva rivelato un certo gusto nella costruzione dell’immagine. Una prova che viene qui smembrata, probabilmente con la complice presenza in sede di adattamento di David Nicholls: un buon romanziere, autore di “Un giorno”, che però come sceneggiatore sembra dimenticarsi delle basilari strutture narrative, nonché di una sostanziale complessità nella creazione dei personaggi, imprescindibile a una costruzione degli eventi degna di essere chiamata tale. E in questo caso le debolezze sullo schermo sono tante e non tardano a farsi notare e sentire.

Lontana, lontanissima è l’intuizione ironica con la quale Hardy aveva concepito quel piccolo mondo disordinato nell’immaginaria campagna del Wessex. Un titolo “rubato” al poeta Thomas Gray, attraverso il quale si fa strada la beffa contro la religione, e soprattutto la vita, la sua follia, dalla quale l’uomo tenta di scostarsi per cercare la sua strada, senza successo. La chiave è nel caos, il regolatore supremo che, in un’accezione naturalista, vuole ridimensionare gli impulsi umani, la sua volontà: imprescindibile è la componente genetica nell’uomo, perché il futuro è in realtà il suo passato. Un messaggio potente che, per quanto ben indorato, fa perdere di efficacia al rendimento di una storia sopraffatta dalle sue stesse pedine. Non importa quanto la fotografia dei campi lunghi (curata da Charlotte Bruus Christensen) sia squisitamente pittorica, o quanto sia meticolosa la ricerca di drammaticità nei volti più o meno espressivi degli attori: tutto riconduce ad un pathos forzato all’estremo, nel quale Carey Mulligan, a differenza dei suoi colleghi, gioca un ruolo fondamentale ma in solitudine. E alla resa dei conti, l’effetto domino per imbarazzanti inciampi di stile è praticamente servito.

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Una delusione / 19 Settembre 2015 in Via dalla pazza folla

Di Thomas Hardy apprezzavo Tess, del regista Festen. Ho pensato a una felice combinazione. Invece il film è inconcludente, i personaggi totalmente privi di spessore, gli eventi narrati senza un adeguato contesto appaiono incomprensibili. Il risultato è irritante e stucchevole.

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