9 Recensioni su

Ogni cosa è illuminata

/ 20057.6416 voti

capolavoro / 16 Marzo 2015 in Ogni cosa è illuminata

grandissimo film!consigliato per chi vuole un film che continui nella propria mente anche dopo i titoli di coda.

Per una volta niente requiem / 1 Febbraio 2013 in Ogni cosa è illuminata

In merito a questo film molto pregiato non ho luminose osservazioni addizionali, tranne che non mi ha fatto fabbricare neanche una z. Ma questo non mi ha fastidiato affatto, non lo vedevo certo per fare requiem.
Tale e quale il libro, che non mi ha affaticato il lessico tanto da bussarmi il petto.

29 Gennaio 2013 in Ogni cosa è illuminata

Il film è molto carino, Elijah Wood ha recitato bene e la fotografia è molto evocativa.
Però, onestamente, Foer non lo reggo. Sarà che non è il mio genere e che lo trovo molto lento e noioso.
Nonostante tutto, però, cinematograficamente la storia rende bene.

1 Gennaio 2013 in Ogni cosa è illuminata

Non mi è piaciuto, come non mi è piaciuto il libro.

Ogni cosa è illuminata dalla luce del passato / 4 Dicembre 2012 in Ogni cosa è illuminata

Intenso, emozionante, malinconico, divertente, sentimentale… Tutto quello che un film vorrebbe darti quel lo fa.
Un giovane americano ebreo assetato dal conoscere il passato del nonno di cui non ha che una foto e un ciondolo d’ambra.
Un altro giovane Ucraino (di Odessa anzi…) che sembra paesano banalotto ed invece risulterà anche molto profondo.
Il nonno del giocave Ucraino finto-cieco ma per non vedere e ricordare il suo passato drammatico.
Il loro viaggio li porterà alla conoscenza e ai ricordi che faranno esplodere la verità e liberare le emozioni.
Veramente molto bello.
Ad maiora!

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17 Ottobre 2012 in Ogni cosa è illuminata

Le tematiche sono importanti e difficilmente trattabili, eppure Schreiber è riuscito a radunare tutti gli elementi necessari a NON rendere pesante ed accessibile a pochi -dunque selettiva- questa pellicola.
Partiamo dall’inizio, quello che colpisce sin da subito è la colonna sonora “Inside-out”, che trasporta all’interno della realtà di Jonathan con un andamento malinconico e sostenuto.
Ci sono dettagli davvero particolari a partire dalla collezione ed alla sua sempre attenta ricerca diretta a tutto ciò che possa risvegliare un ricordo.
L’attenzione del protagonista è rivolta a suo nonno (ormai morto), unica persona di cui possiede davvero poco e di cui vorrebbe sapere di più.
Inizia così un viaggio verso l’Ucraina ma soprattutto verso il passato.
Ciò, sarà indispensabile non solo per Jonathan ma anche per il suo accompagnatore che sin dall’inizio sembra nascondere un legame con l’intera vicenda. Un legame velato, raggelato dalla paura stessa di riportare alla memoria e dai sensi di colpa.
Il personaggio che più mi ha colpita è stata l’anziana donna di “Trachimbrod”, il suo modo di catalogare ogni reperto e la sua dimora.
Lei è stata il collante dell’intera storia, il mezzo attraverso cui Jonathan ha scoperto la vita di suo nonno -precedente al trasferimento in America- ed Alexander ha riscoperto il proprio credo, abbandonato per il timore della morte e che lo ha condotto ad una simile via, in maniera serena e finalmente spensierata.

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10 Agosto 2012 in Ogni cosa è illuminata

Pur parlando di temi di grande importanza e, è una pellicola godibile, con aspetti umoristici ed a tratti commoventi che non vanno sottovalutati né passati sotto silenzio. Uno dei film più belli che parlano di Shoah, perché richiedono allo spettatore un coinvolgimento attivo nella “rigida ricerca” di Jonathan, e non una semplice attività di testimonianza, come in Schindler’s list o nel Pianista, film pur sempre di grande rilevanza, nel loro genere, ci tengo a precisarlo. Secondo me, poi, la pellicola potrebbe dividersi in due parti, anche se non è presente una cesura netta. Nella prima parte si vede il contatto tra la sensibilità statunitense di Jonathan e la sensibilità di Alex (il quale ci tiene a precisare che non è etnicamente ucraino, bensì un russo di Odessa!!). Le differenze culturali portano a situazioni ricche di ironia e di umorismo. Poi, mentre il viaggio procede alla ricerca del passato del nonno di Jonathan, si attua uno slittamento così graduale da essere pressocché impercettibile perché i due giovani si addentrano lentamente nel territorio della ricerca storica, fino a giungere ad una verità tanto terribile quanto incancellabile nella sua necessità di essere raccontata. In questo senso il protagonista, interpretato da Elija Wood, non sembra un personaggio ben definito, ma quasi uno strumento della memoria, non dotato di caratteristiche proprie. Parafrasando una frase del film, la verità non è a Trachimbrod per Jonathan, ma Jonathan è a Trachimbrod per la verità, proprio perché essa trascende dalla semplice umana necessità. per quanto alta possa essere. Un particolare a cui bisogna fare attenzione è la dialettica tra luce-oscurità ed il contrasto tra vista e cecità. Quest’ultima in realtà ha a che fare con la facoltà umana di guardare solo esteriormente, perché si tratta piuttosto della capacità di ricordare, di vedere con gli occhi del passato. Per questo il nonno di Alex dice di essere cieco, perché nega consapevolmente a se stesso questa possibilità, sperando di mantenere un avvenimento lacerante in una zona della sua mente in cui questo non sia in grado di nuocergli. Pura utopia. Allo stesso tempo, la mania di Jonathan di conservare gli indizi della sua esistenza con parossistica meticolosità è di per se insufficiente a ricostruire la memoria incompleta, senza una capacità interna di vedere e solo questa consapevolezza potrà permettergli di essere illuminato.

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recensione a modo mio / 8 Febbraio 2012 in Ogni cosa è illuminata

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

“Prima della nostra rigida ricerca ero dell’opinione che gli ebrei avevano la merda in mezzo al cervello, principalmente perchè tutto quello che sapevo degli ebrei era che pagavano mio padre moltissima moneta per andare in vacanza dall’america in ucraina”

“Il passato è passato, e come ogni cosa che non è di ora, dovrebbe rimanere sepolta.”

Parallelo devastante, senza ripercorrere e analizzare il passato l’opinione iniziale non sarebbe mai cambiata, e il giudizio superficiale rimasto nei secoli dei secoli e magari tramandato alle generazioni… amen..

fa riflettere no??

Ho sempre ascoltato con grande attenzione il modo di ragionare, le opinioni, le impressioni di quelle persone che si trovano catapultate fisicamente o mentalmente in un’altra vita, un altro stile di vita, un altro modo di vedere le cose.

Mi ha sempre attratto moltissimo cercare di capire dalle loro frasi e dalla loro vita come appare la mia o quella che si trovano davanti.

Il protagonista del film è questo ragazzo ucraino di Odessa (sembra ci tenga) che con il suo modo “semplice” di vedere la vita mi ha aperto la mente a mille pensieri… noi che siamo popolo evoluto, teoricamente colto, in ogni caso “avanzato” (capire quali siano i parametri per definirci cosi non fa per me) abbiamo un modo di osservare e di prendere le cose, le situazioni che, paradossalmente, ieri mi ha fatto riflettere perché in realtà molte cose sono molto più semplici di quello che le facciamo passare.

Ogni battuta, ogni dialogo del film mi spiazzava, il cogliere il punto usando 4 parole e non 100 e lo sputare in faccia i nostri artifici mentali mettendoli in discussione tutti in un istante è una cosa che mi fa pensare e molto.

Il film ruota attorno a tre personaggi tutti molto diversi tra loro, quattro aggiungendo anche il fedele cagnolino…

Il primo è il nonno del protagonista, figura particolare per lunghi tratti severa, cattiva e fredda ma molto concreta che poi si scoprirà come spesso accade nella vita che quella figura in realtà era solamente una controfigura, una maschera, di protezione mossa dal dolore, dai ricordi e dai rimorsi.

Il protagonista appunto dovrebbe rivestire i panni del classico ragazzo povero e non troppo intelligente (se l’intelligenza viene misurata con i canoni tipici della civiltà europea) che viene poco considerato dal padre (classico padre e padrone) ma che nella sua stupi-banalità risulta essere molto più saggio e profondo di un filosofo e che, con la sua spontaneità, mi ha disarmato..

Poi c’è il ragazzo ebreo venuto dagli stati uniti per provare a ricostruire, ripercorrere, trovare qualche traccia o ricordo (essendo un collezionista) dei suoi antenati (nonni). E’ il classico ragazzo di buona famiglia, timido, colto e rigorosissimo nei modi e nell’abbigliamento. Il classico ragazzo che rispetta i canoni della cultura e delle abitudini del suo paese ma che catapultato in un’altra realtà sembra una persona di un altro mondo (com’è, in effetti) ma alla luce di chi quel mondo non lo conosce, risulta essere lui lo strano.

E infine il cane schizzofrenico che è però pazzo nei piccoli gesti ma fedele, fedelissimo nel corso della vita, indomabile nella libertà di espressione ma domabile e lucidissimo per sua volontà e rispeto per gli affetti…

Questo parallelismo mi ha fatto pensare molto a come la nostra vita per come siamo abituati a viverla sia solo un piccolo angolo della vita dell’essere umano, quanto quello che facciamo per abitudine o per storia e tradizione e che reputiamo giusto e normale sia invece soltanto un imposizione del passato e spesso sia un vero e proprio limite. Un limite alla creazione del futuro e un limite alla visione del presente e dello stesso futuro.

In realtà, credo, che nessuno dei due o tre opposti protagonisti sia considerabile come “strano” sono solo degli abitanti della vita che hanno vissuto e quello che sembra strano agli ucraini del ebreo statunitense è normale per gli ebrei statunitensi, quello che sembra assurdo all’ebreo statunitense degli ucraini è normalissimo per gli ucraini stessi. Quindi chi è che può elevarsi a decidere che uno dei due “è stravagante” rispetto all’altro… però noi tutti lo facciamo sempre… ci eleviamo a giudizio anche senza rendercene conto.

Quando qualcuno fa qualcosa che ci sembra anormale lo definiamo “fuori di testa” quando infondo spesso si tratta di semplici abitudini… legate al passato e al luogo dove siamo nati e alla vita che ci si è posta difronte.. ci fermiamo mai a pensare che se fossimo nati in ucraina probabilmente ci comporteremmo come si comporta quell’ucraino che oggi definiamo “ fuori di testa” ?

Oppure al peso diverso che diamo alle parole, le stesse parole.. una parola in se è neutra, noi grazie alla nostra cultura e al nostro passato e alla sua storia gli associamo un significato, un valore positivo o negativo.. ma quando parliamo con qualcuno che non ha la stessa nostra storia pensiamo mai che la sua interpretazione della parola potrebbe essere diversa dalla nostra?? O abitudinariamente abbiamo la presunzione di credere che tutti interpretino quella parola in quel modo o peggio ancora che quello sia l’unico o il modo giusto?? Definire una persona di colore “negro” è uno spregiativo oppure è spregiativo il senso che gli diamo noi?? Io propendo, onestamente per la seconda ipotesi.

Ecco che da queste riflessioni metto in dubbio anche il concetto di passato… è davvero giusto osservare il passato per costruire il futuro?? Osservarlo si, ma con molta attenzione perché questi ragionamenti mi fanno dubitare del fatto che osservare troppo il passato ci impedisce di vedere oltre a quello che quel passato ha permesso, e creare il futuro sui limiti del passato potrebbe essere poco produttivo.

Ad oggi ritengo che creare il futuro, immaginare il futuro, sognare il futuro proprio o non unicamente personale partendo dal presente sia forse più indicato, perché il presente contiene già il passato e non rinchiude (almeno credo) in maniera così robusta quello che potrebbe essere l’espansione del futuro stesso.

Ah le stupende colonne sonore delle musiche balcaniche le trovate come omaggio al film in alcuni filmati su youtube…

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3 Gennaio 2012 in Ogni cosa è illuminata

il filo della memoria si addipana e attraverso l’oceano raggiunge un paese lontano dove la gente parla un linguaggio sconosciuto e guarda con assoluto stupore la diversità dello straniero che si comporta in modo astruso. ma come si sa gli estremi finiscono per attrarsi e trovare un punto di incontro. ricordare è una dovere e anche se lo si fa per conto di altri aiuta a vivere meglio il presente.

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