Recensione su Everything Everywhere All at Once

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Le bizzarre avventure dei Daniels / 18 Ottobre 2022 in Everything Everywhere All at Once

ATTENZIONE su indicazione dell'autore, la recensione potrebbe contenere anticipazioni della trama

I Daniels mi avevano stupito e divertito con Swiss Army Man. Perciò, quando ho saputo della distribuzione negli Stati Uniti di questo nuovo film, ho subito drizzato le antenne. Dubitavo di un suo arrivo nei cinema italiani: davo praticamente per scontato l’atterraggio del film direttamente su qualche piattaforma, e, invece, seppur con qualche mese di ritardo rispetto all’uscita negli USA, Everything Everywhere All at Once è arrivato anche nelle sale d’Italia e, nell’ambito della programmazione attuale, è un unicum, senza dubbio.

È un film che affronta temi fantascientifici, ma non fa parte di un franchise, non annovera supereroi propriamente detti, non è un remake, prequel o sequel di qualcos’altro, si basa su un soggetto originale, è un film “occidentale” che (al netto dei protagonisti asiatici) ambisce alla follia, al nonsense, al dinamismo e ai sottotesti di certi prodotti cinetelevisivi “orientali”.

Everything Everywhere All at Once è un curioso passatempo audiovisivo che, al proprio interno, affastella idee, visioni, citazioni e riflessioni in modo compulsivo (come la casa dei Wang, somigliante, per densità di oggetti presenti, all’alloggio di un accumulatore seriale).
Escludendo la complessità della materia (le implicazioni connesse all’esistenza di un multiverso), la trama è abbastanza lineare e veicola una morale pratica e confortante (scoprire il lato “buono” della propria vita e apprezzarlo).

Però, nel complesso, l’ho trovato noioso (o, meglio, ripetitivo) e ho sentito pesarmi addosso un po’ troppo le due ore e venti minuti di visione.
Assodato il (buffo) meccanismo del “tappeto elastico”, il film involve e, in più occasioni, reitera, senza avanzare di un passo.

Bizzarro, ok, ma dov’è il vero colpo di teatro?

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