Stalingrado, uno dei punti di svolta del Novecento / 20 Novembre 2016 in Il nemico alle porte

Ispirato da una vicenda che non si sa bene se appartenga alla Storia o alla leggenda, la sceneggiatura di Il nemico alle porte è innegabilmente avvincente, tranne quando va a calarsi negli inutili romanticismi che sembra non possano mancare nelle pellicole contemporanee che puntano ai grandi incassi.
Le fasi della fatidica battaglia di Stalingrado, la più decisiva della seconda guerra mondiale, vengono descritte confusamente, in ciò andando molto vicino alla realtà delle cose. Perchè a Stalingrado si combatté effettivamente casa per casa, maceria su maceria, in uno dei momenti più drammatici della storia del Novecento: se Hitler fosse passato, per l’Unione Sovietica probabilmente non ci sarebbe stata speranza. Per questo Stalingrado divenne una battaglia fondamentale, da combattere fino all’ultimo uomo, come da ordini dati prima da Stalin (quando nell’autunno ’42 pensava che la vittoria tedesca fosse vicina), poi da Hitler, per cercare di resistere al contrattacco russo che portò alla resa nazista nel gennaio/febbraio 1943.
Il film di Annaud metaforizza una battaglia campale da oltre un milione di morti con il duello personale tra due tiratori scelti d’eccezione. Per certi versi si svilisce così la portata dell’evento (che invece viene ben rappresentato nelle scene di massa); per altri, invece, si costruisce un modello suggestivo che mischia al film di guerra il thriller e il western.
Nel complesso è comunque un film interessante, macchiato, per l’appunto, dalla solita marchetta sentimentale, ma che è tuttavia caratterizzato da una buona fotografia e da alcune eccellenti interpretazioni, tra cui sicuramente quella del sempre ottimo Ed Harris (meno significative, invece, le prove dei tre giovani Jude Law, Joseph Fiennes e Rachel Weisz).

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