Recensione su Educazione siberiana

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C’era una volta in Russia / 17 Maggio 2013 in Educazione siberiana

Difficile non pensare a C’era una volta in America, guardando l’ultimo film di Salvatores. Come l’illustre predecessore, Educazione Siberiana narra le vicende di due amici che, pur cresciuti nello stesso ambiente criminale e secondo lo stesso codice d’onore, imboccheranno strade differenti.

E se da una parte c’è il riservato Kolima e dall’altra lo sfrontato Gagarin, in mezzo c’è tutto il mondo del clan dei Siberiani, tra lame che scattano come le fauci di un lupo, madonne che impugnano pistole e storie di amore e violenza incise sulla pelle (il tatuatore Ink è interpretato da Peter Stormrare).

A guidare i due giovani è nonno Kuzya, un John Malkovich completamente a suo agio nei panni di inflessibile mentore, custode di rigide regole che affondano le loro radici negli equilibri imposti da un mondo gelido e ostile, dove il lupo può essere tale solo se parte di un branco e capace di accontentarsi di ciò che il mondo gli ha riservato.

Ispirato dall’omonimo libro di Nicolai Lilin e sceneggiato dalla coppia Rulli e Petraglia, Educazione Siberiana non sempre riesce a trovare un equilibrio tra le sue diverse anime, a volte quasi rischiando di smarrirsi nella sua matrice di bildungsroman.

Ma a Salvatores, aiutato dalla fotografia di Italo Petriccione, va riconosciuto il merito di non cedere agli sterili minimalismi espressivi cui il cinema italiano medio ci ha abituato.

E anche se i binari narrativi non regalano grossi colpi di scena, Educazione Siberiana, grazie anche alla suggestiva rappresentazione di un folklore che emana un innegabile e oscuro fascino, offre allo spettatore uno spettacolo che vale sicuramente la pena vedere.

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