Ashes of time / 4 Luglio 2013 in Dung che sai duk

Visto nella versione redux del 2008, un director’s cut voluto dallo stesso Wong Kar-Wai dopo l’inspiegabile declino di questa raffinata poesia marziale datata 1994.
Ashes of time è un wuxiapian che non si ferma certo all’azione; è anzitutto un capolavoro dell’immagine, un trionfo di colori ipersaturi per scenari mozzafiato dove peraltro i personaggi “danzano” in perfetta armonia. E’ questo, in definitiva, il valore aggiunto della fotografia incantatrice, quando non è solo muto scenario ma si fonde tattilmente, sensualmente con i suoi protagonisti; è vedere un guerriero fendere l’acqua con la sciabola, far esplodere il lago come un passaggio nel Mar Rosso, o vedere una donna dalle fruscianti vesti far scivolare delicatamente le mani su una parete umida rocciosa di una grotta, o anche semplicemente due visi in primo piano intrattenere il loro dialogo serrato attorno ad una gabbia per uccelli in bambù. La raffinatezza dell’immagine non è fine a sè stessa; poesia orientale allo stato puro.
Il contesto è fiabesco; in una storia a scansione stagionale, seguendo l’Almanacco e i suoi oroscopi,assistiamo agli incontri del solitudinario Feng, reclutatore di bounty-killer, e parallelamente ripercorriamo a ritroso la sua triste storia d’amore nello struggersi di un ricordo che non riesce ad assopirsi neanche con il vino magico. Tasselli scomposti, rifrazioni di mille specchi dove le identità si confondono, un coro di tormenti interiori spezzato da brutali combattimenti dove la fermissima cinepresa di Kar-Wai si concede fughe impazzite, sfilacciando il languore di immagini sofisticate, facendo esplodere l’inedia malinconica in fiotti di sangue e lampi di luce delle lame.
Bellissimo.

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