Recensione su Non guardare in cantina

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La Noia. / 27 Settembre 2017 in Non guardare in cantina

Non so perché ho deciso di vedermi questo film, per curiosità forse, o forse perché non avevo proprio un ca**o da fare. Ho visto il titolo e ho pensato “cantina, horror…magari un serial killer che uccide chiunque si avventuri nello scantinato?” No. No avevo proprio sbagliato. Il film è ambientato in una clinica psichiatrica privata, dove i pazienti sono liberi di scorrazzare dove e quando vogliono, dando anche una mano nelle faccende domestiche.
Alla clinica si presenta così la giovane infermiera Charlotte Beale, asserendo di essere stata assunta dal Dr. Stephens. A colloquio con la dottoressa Master viene a sapere della morte del dottore, ma nonostante tutto viene assunto dalla dottoressa, anche se inizialmente molto riluttante ad accettarla.
Charlotte prende così servizio, ma il suo lavoro inizia ben presto ad essere intralciato dagli strani comportamenti dei pazienti, e da alcuni strani episodi.
In quella che dovrebbe essere un’escalation di tensione, si assisterà ben presto al degenerare della situazione, e al verificarsi di sempre più strani comportamenti da parte dei pazienti.
La situazione diventerà insostenibile per Charlotte quando scoprirà che la dottoressa Masters non è a capo della clinica, ma bensì è essa stessa una paziente del Dr. Stephens.
Per come l’ho vissuto io questo film è di una noia mortale. Ho faticato seriamente a reggere la prima ora (il film dura un’ora e mezza) Il film non fa paura, neanche lontanamente proprio, non genera ansia nello spettatore, che sarebbe quello che mi sarei aspettato da una trama e una ambientazione del genere. Le scene gore sono praticamente assenti…se si esclude la scena finale che non starò a descrivere. La prima ora di film è spesa quasi interamente in dialoghi, soprattutto trai pazienti malati di mente. Ma sono dialoghi che non portano a nulla e molte volte mi sembrano fini a se stessi. Alla fine come dicevo c’è pure stata una scena di follia collettiva in cui è schizzato sangue, ma a quel punto non vedevo l’ora che il film finisse. La noia aveva vinto.
I pazienti poi sono lo stereotipo dei classici malati di mente: c’è il classico reduce di guerra traumatizzato, la ninfomane in cerca “d’amore”, la ragazza chiusa in se stessa, la vecchia pazza, un giudice che sa ripete ossessivamente il proprio nome e la propria professione (e credevo che fosse lui il più inquietante..) , e infine un omone di colore che in seguito ad una lobotomia andata male, è rimasto col cervello di un bambino.
La recitazione è comunque nella media e la regia tutto sommato si salva, ma a mio modestissimo parere (sono un nessuno in materia) non basta per farmi piacere un film molto lento, troppo lento.

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