2 Gennaio 2013
Non di sola Yakuza vive Kitano. Dopo Brothers e Outrage questo suo Dolls mi ha sconvolto. Positivamente intendo. Ero preparato a qualcosa di diverso ma sono rimasto sopreso dalla delicatezza con cui Takeshi Kitano ha presentato alcuni scorci del suo paese, o meglio, della tradizione del suo popolo, rispetto alla cruda brutalità con cui lo avevo visto mozzare dita e spalmare cervella sulle pareti.
Kitano concentra la sua attenzione sul tema dell’uomo vittima del destino e della donna vittima dell’uomo e porta sullo schermo questa tematica attraverso il racconto di tre storie, diverse ma legate tra loro, proprio come gli amanti protagonisti della prima storia e che fanno da motivo conduttore di tutto il film.
Il filo rosso che li unisce è il filo che Kitano segue e la metafora delle marionette si incastra benissimo con la storia.
Inoltre più che di una fotorgrafia di rara bellezza è corretto parlare di una poetica decisamente intensa e di una scelta dell’immagine squisitamente adatta al contenuto.
Sono innumerevoli i particolari colorati che lo spettatore segue attraverso le 3 storie e che trovano significato in ognuna di esse.
Kitano tocca un livello molto alto in un film che va guardato con grande attenzione.

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